giovedì 2 giugno 2011

Chesterton recensì don Icilio Felici

Di sicuro alcuni dei nostri lettori sapranno che Chesterton condusse una trasmissione radiofonica alla BBC, molto seguita ed in cui estese il suo già amplissimo successo e la sua straordinaria notorietà.

Alcune trasmissioni furono dedicate alla recensione di volumi scelti solitamente in base alla comunanza di argomento tra di loro, o ad un filo rosso che nella sua mente li univa.

Una volta ebbe anche l'occasione di recensire il volume "Tra i lupi" di don Icilio Felici, la storia di un francescano italiano alla ricerca della purezza dell'ideale francescano.

Ma chi era don Icilio Felici? Ecco cosa ne dicono i suoi concittadini, che gli hanno intitolato una scuola e una via:

Nasce nel 1891 a Buti (PI). Tenente dei Bersaglieri, fu sacerdote caro al Cardinale Maffi, insegnante nel Collegio di S. Caterina, giornalista battagliero in tempi difficilissimi, parroco di campagna a Pugnano e a S. Casciano, letterato agiografo, facile nella battuta spiritosa, ottimo parlatore e conferenziere.
Notissimo scrittore, pubblicò il suo primo libro di racconti nel 1928 "Cénci", un'opera che la critica definì degna delle migliori tradizioni letterarie toscane, accostando il nome di Felici a quello di Renato Fucini.
Tra i suoi innumerevoli capolavori possiamo citare "Il Nobiluomo mio Padre", "Strapaese", "Rosolacci e fiordalisi", "Campane in festa", "Tra i lupi", "L'Amico", "Scampanellate".
Il 15 Settembre 1965 moriva serenamente a Pisa, nella sua casa di Piazza de' Cavalieri accanto alla Chiesa Nazionale di S. Stefano, della quale era Rettore da circa dieci anni.

Ascoltiamo cosa ne dice Paolo Di Stefano, firma del Corriere della Sera:

"Chi era costui? Uno scrittore che scriveva semplice, chiaro.
Inosservato dalla critica letteraria del tempo; ebbe comunque un buon successo di lettori.
Felici scriveva la parola buona, trasparente, piena, intatta, epifanica, adeguata, nel senso della parola che si adegua all'intelletto, non lo inganna: (adaequatio verbi ad intellectum). La parola oggi ha significati inflazionati, è cangiante, psichelica. Ma si sa, vulgus vult decipi e gli scrittori che lo sanno hanno gioco facile".

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