«Il bambino, che è tanto più insicuro dell'adulto, ha bisogno di essere rassicurato che la sua necessità di abbandonarsi alla fantasia, o la sua capacità di cessare di farlo, non costituisce un difetto. Raccontando fiabe al suo figlioletto, un genitore gli dà un'importante dimostrazione del fatto che considera le esperienze interiori del bambino, così come sono espresse nelle fiabe, degne, legittime, sotto qualche aspetto addirittura "reali". Ciò dà al bambino la sensazione che, dato che le sue esperienze interiori sono state accettate dal genitore come reali e importanti, anche lui - implicitamente - è reale e importante. Questo bambino si sentirà da grande come Chesterton, che scrisse: "La mia prima e ultima filosofia, quella a cui credo con incrollabile certezza, l'ho imparata nella mia stanzetta di bambino... Le cose a cui credevo di più allora, e a cui credo di più oggi, sono quelle che vengono chiamate fiabe". La filosofia che Chesterton e qualsiasi bambino possono ricavare dalle fiabe è "che la vita non è soltanto un piacere ma anche una sorta di bizzarro privilegio". E' una visione della vita molto diversa da quella comunicata dai racconti che s'ispirano alla realtà, ma più in grado d'incoraggiare e rincuorare l'individuo che si trova a dover affrontare le difficoltà della vita».
Chi ha detto queste cose?
Altro quiz, altro titolo di Grande Detective Chestertoniano in palio (guardate che sinora solo tre persone in Italia se ne possono fregiare...).
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1 commento:
Bruno Bettelheim!
Tommaso M.Minardi
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