martedì 5 aprile 2016

Perché manca la luce? - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Non c'è nulla che rechi il fallimento come il successo"


zzzzertcgkcIn un'epoca, come la nostra, dove si insegue in tutti gli ambiti la consacrazione di se stessi e il plauso del pubblico, questo paradosso chestertoniano ci riporta al segreto umile e misterioso della ricerca paziente della verità. Con un profondo e sano senso dell'umorismo, lo scrittore londinese ci mostrava quanto l'osannata celebrazione mondana portasse al fallimento, all'oscuramento della vera luce e ci esortava a tornare alle questioni fondamentali.

In uno straordinario apologo riportato nel saggio: "Eretici" del 1905, Chesterton auspicava che si tornasse ai metodi dottrinali del tredicesimo secolo, epoca in cui era preservata, come egli sottolineava, la ragione e la luce conseguente. Ecco perché era venuta meno la luce e perché viviamo in un'epoca di pregiudizi e di suggestioni: "Supponiamo che, nella strada, insorga un vasto tumulto, diciamo, per un lampione a gas che diverse persone influenti desiderano abbattere. Interpellato sull'argomento, un monaco, che è lo spirito del Medioevo, incomincia a dire: "Consideriamo prima, fratelli miei, il valore della Luce. Se la Luce in sé sia un bene…". A questo punto, non senza qualche giustificazione, lo rovesciano a terra. Tutta la gente si precipita verso il lampione e il lampione è al suolo, e tutti quanti vanno in giro congratulandosi per la loro praticità anti-medievale. Ma col prosieguo del tempo, le cose non vanno così lisce. Alcuni hanno abbattuto il lampione perché volevano la luce elettrica; altri perché volevano il ferro di una volta; altri ancora perché volevano il buio, dato che le loro azioni erano malvagie. Alcuni ritenevano che quello non fosse a sufficienza un lampione; altri ritenevano che lo fosse in misura eccessiva. E, nella notte, sopravviene la guerra, dove nessuno sa chi colpisce. Così, a poco a poco, inevitabilmente, quel giorno o all'indomani, o il giorno dopo ancora, ritorna la convinzione che il monaco, dopo tutto, avesse ragione, e che tutto dipenda da quale sia la filosofia della Luce. Salvo che ciò che avremmo dovuto discutere sotto il lampione a gas, ora dobbiamo discuterlo al buio". 

Chesterton intendeva farci capire quanto le false illusioni attribuite alle facili vittorie fossero ultimamente fallimentari. L'idea generale di quel poderoso saggio del 1905 era quella di considerare importanti le argomentazioni dottrinali e razionali a sostegno di una  filosofia della Luce cristiana. Non a caso l'apologo del monaco (e della filosofia della luce) era posto a conclusione del primo capitolo, che recitava testualmente: "Osservazioni preliminari sull'importanza dell'ortodossia". Per il saggista di Beaconsfield non c'era nessun ideale, nella pratica, così balzano e fuorviante come l'ideale della praticità. Nell'età moderna, dove si sono abbattuti i presupposti razionali di una sana visione universale della natura umana e di Dio, e dove ci si auto incensa in nome di una sciocca "praticità",  i paradossi chestertoniani possono ancora illuminarci, come quel lampione che inutilmente è stato abbattuto e come quel monaco che è stato definitivamente allontanato dalla nostra vita.

Ecco perché il monito di Chesterton è ancora attuale; ecco perché non c'è nulla che rechi il fallimento come il successo.

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