mercoledì 17 febbraio 2010

Eccovi la succulenta sorpresa!



«Non abbiamo bisogno di una religione che sia nel giusto quando anche noi siamo nel giusto.
Quello che ci occorre è una religione che sia nel giusto quando noi abbiamo torto.
Attualmente il problema non è se la religione ci consenta di essere liberi,
bensì (nel migliore dei casi) se la libertà ci consenta di essere religiosi.»

«Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo.»

G. K. Chesterton



Le
EDIZIONI LINDAU
presentano
Gilbert K. Chesterton

LA CHIESA CATTOLICA
Dove tutte le verità si danno appuntamento





Prefazione di Marco Sermarini
Presidente della Società Chestertoniana Italiana

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Edizioni Lindau | «I Pellicani» | pp. 126 | euro 13,00 | ISBN 978-88-7180-846-8 | febbraio 2010
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DAL 25 FEBBRAIO NELLE MIGLIORI LIBRERIE
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È con la consueta inclinazione al paradosso e all’ironia che Chesterton ci parla di un’esperienza drammatica come la conversione religiosa, partendo ovviamente dalla sua personale, avvenuta nel 1922.
In queste pagine – sottili, brillanti, appassionate – accompagna l’anima perennemente in bilico del convertito attraverso le tre fasi che precedono l’ingresso nella Chiesa di Roma: l’assunzione di un atteggiamento intellettualmente onesto nei confronti di essa, quindi la sua progressiva e irresistibile scoperta e infine l’impossibilità di abbandonarla una volta entratovi.
Al termine di tale pellegrinaggio interiore, la religione più antica si rivela sorprendentemente la più nuova, più nuova delle cosiddette religioni nuove – come protestantesimo, socialismo o spiritismo –, perché, a differenza di esse, da duemila anni la tradizione e la verità cattoliche conservano intatta la propria validità.
Per Chesterton il solido fondamento di questa autentica universalità (al di là dell’azione della Grazia, mistero teologico sempre sotteso alla fede) risiede nella razionalità e nella libertà del cattolicesimo, come Benedetto XVI va instancabilmente ripetendo agli uomini di oggi.


«Quando Chesterton parla di religione, ne parla sempre a partire dalla ragione e dalla vita. Non fa un “discorso ecclesiastico” o clericale. Può partire da un pezzo di gesso, un dente di leone o un tramonto per arrivare al rapporto di ciascuno di noi con il Mistero. Perché per lui fu così: il Mistero che fa tutte le cose si manifestò nella sua vita attraverso gli umili ma potenti segni dell’allegria familiare, del gusto del bello scorto nelle cose di tutti i giorni.» Marco Sermarini


Lindau ripropone quest'opera di Chesterton - uno dei risultati più felici della sua vastissima produzione - che trasmette con grande efficacia la sua spiritualità dopo la conversione al cattolicesimo. La sua scrittura è sempre intelligente, arguta, ricca di humour, qualità che permettono ai suoi libri di sfuggire alle insidie di un’apologetica anacronistica e poco efficace e, inoltre, questo testo rivela una «attualità» sorprendente.

Chesterton è consapevole di come il tema della conversione possa allontanare d’istinto il pubblico più vasto – agnostici, scettici, atei –, eppure proprio a loro rivolge il suo ragionamento, in primis filosofico e culturale, intriso di buon senso anglosassone.

Per Chesterton il cattolicesimo è una forza sempre nuova, in grado di competere con le altre religioni (oltre che con le altre confessioni cristiane) e con le ideologie prodotte dalla modernità dei suoi tempi. A partire dalla propria esperienza di convertito – ma andando oltre la testimonianza personale – Chesterton dimostra come la Chiesa di Roma sia da sempre la custode dell’unica «filosofia» che mette al centro ragione e verità e come tutto il pensiero successivo alla sua nascita rappresenti una sua parziale e spesso grottesca rielaborazione.

«La Chiesa cattolica» (titolo originale: The Catholic Church and Conversion, 1926) è apparso in Italia in edizione ridotta e tiratura limitata nel 1954, si tratta quindi di un saggio pressoché inedito per il pubblico italiano.

Traduzione dall’inglese di Federica Giardini


L'Autore
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari (Dickens, Wilde, Shaw) e polemici (Ortodossia), romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown). Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e su san Tommaso d’Aquino.


Dalla prefazione di Marco Sermarini
Quella che avete tra le vostre mani è una delle tessere dell’avvincente mosaico dell’ortodossia che Chesterton elaborò nel corso della sua lunga, copiosa e felice produzione letteraria. Un’attività quasi frenetica, che definire intensa è un buffo eufemismo (pensate che, oltre alle centinaia di libri, Chesterton produsse migliaia di articoli su diverse testate giornalistiche, e di questi articoli solo una parte è stata raccolta e pubblicata in volume), lo vide impegnato a sviscerare il rapporto tra l’uomo e la ragione, l’uomo e la fede, la fede e la ragione, nel tentativo (riuscito) di descrivere passo dopo passo una coinvolgente danza in cui egli stesso si era lanciato.
Egli stesso chiamò questa sua personalissima e universale vicenda «il romanzo dell’ortodossia», e romanzo va inteso nel senso di storia avventurosa, cavalleresca, una fascinosa storia d’amore.
Chesterton fornisce le spiegazioni più esaurienti dei motivi di questo idillio in Ortodossia e nell’Autobiografia; le più poetiche in Uomovivo e L’uomo che fu Giovedì. Quest’opera descrive cosa accade nel cuore e nella mente di chi si converte alla Chiesa Cattolica; l’affermazione fondamentale è che il marchio della fede è il cambiamento, cioè la conversione.
Il suo non è un interessamento intellettuale, «antropologico». È estremamente personale.
La sua vita religiosa, in realtà, non fu delle più ordinarie: «Battezzato, secondo le formule della Chiesa d’Inghilterra» (ossia anglicana) – dirà con compiaciuta ironia nell’incipit della sua Autobiografia –, Chesterton verrà in realtà cresciuto come unitariano (gli unitariani credono in Dio, stimano Gesù Cristo un grande uomo ma nulla più, rifuggono il dogma trinitario e ritengono il cristianesimo una sorta di rispettoso amore universale); questo in una famiglia avvezza più alla discussione che alla devozione, per quanto lo scenario familiare fosse diverso da quello circostante:

Lo sfondo generale di tutta la mia giovinezza era agnostico. I miei genitori erano quasi un’eccezione, perché, in mezzo a persone tanto intelligenti, credevano in un Dio personale e nell’immortalità personale. […] V’era una uniformità di miscredenza […]: non fra le persone eccentriche, ma semplicemente fra le persone istruite.

Dio è un fantastico scrittore perché scriverà anche su questo originalissimo materiale una storia unica – addirittura sarà «un dono fatto alla cattolicità (e all’umanità intera) direttamente da Dio», dirà in una insuperata conferenza il cardinale Giacomo Biffi, forse il più chestertoniano del Collegio Cardinalizio. L’humus da cui trarrà potente energia sarà lo sguardo positivo, innocente e lieto che Gilbert erediterà in primis da padre Edward (che lo aveva introdotto al senso del bello nell’arte e nella letteratura, e infuso il gusto perenne del gioco: sì, del gioco e in particolare del teatro delle marionette, per tutta la vita…). Tutto ciò sembrò esaurirsi alle porte della giovinezza, quando oscuri pensieri si addensarono in questa mente acuta come quella di un anziano saggio, ma vivace e innocente come quella di un bambino (egli stesso dirà di «assurde preoccupazioni psicologiche»); alcune letture (L’isola del tesoro di Stevenson, le poesie di Walt Whitman, il Libro di Giobbe), l’essere «sceso nel profondo degli abissi» e una sorta di esperienza mistica di cui egli stesso darà conto in una lettera al suo amico d’infanzia Edmund Clerihew Bentley («Adesso la visione sta svanendo nel corso della vita quotidiana, e ne sono felice. È imbarazzante parlare con Dio faccia a faccia, come si parla con un amico») la riporteranno alla vera Origine di quella Gioia e di quella Speranza ricevuta da bambino. L’alleanza tra fede e ragione non venne mai meno e produsse uno splendore; dirà Chesterton di aver «scoperto che la realtà intorno a noi, se la si esamina, testimonia una… perfezione mistica» e di essere «certo che ogni cosa è come è perché così deve essere». Gratitudine sarà la parola chiave di questa storia che ha lasciato il segno nella vita di migliaia di persone.


Dal libro
Un tempo la fede cattolica era chiamata la Vecchia Religione, mentre ora le viene riconosciuto un posto tra le Religioni Nuove. Questo non c’entra niente con la verità o la falsità dei suoi precetti, ma ha piuttosto a che fare con la comprensione del mondo moderno.
Sarebbe assai indesiderabile che gli uomini moderni accettassero il cattolicesimo solo in quanto novità, sebbene lo sia. Il cattolicesimo, infatti, agisce sul suo ambiente con la forza e la freschezza tipici di una cosa nuova. Persino i suoi oppositori generalmente lo denunciano per questo: perché è un’innovazione e non una semplice sopravvivenza. Si parla del partito «progressista» all’interno della Chiesa d’Inghilterra; si parla dell’«aggressione» della Chiesa di Roma. Quando si parla di un estremista, le probabilità che si intenda un ritualista o un socialista sono identiche. Se prendiamo una normale famiglia di rispettabili protestanti, anglicani o puritani, sia in Inghilterra sia in America, scopriremo che ai fini pratici il cattolicesimo in realtà è considerato una religione nuova, cioè una rivoluzione. Non è una sopravvivenza. Non è in quel senso un’antichità. Non deve necessariamente qualcosa alla tradizione. Dove la tradizione non può fare nulla in suo favore, dove tutta la tradizione gli è contro, esso si impone per i propri meriti: non come tradizione, ma come verità. Il padre di una famiglia come quella descritta, anglicana o puritana d’America, scopre molto spesso che i figli stanno rompendo con il suo compromesso più o meno cristiano (considerato normale nel XIX secolo) e si stanno allontanando in varie direzioni, inseguendo fedi o tendenze che egli definirebbe una mania passeggera. Uno dei suoi figli diventerà socialista e appenderà al muro un ritratto di Lenin; una delle sue figlie diventerà spiritista e giocherà con una tavoletta per sedute spiritiche; un’altra si convertirà alla Christian Science ed è probabile che un altro figlio passi dalla parte di Roma. Dal punto di vista del padre, e in un certo senso anche della famiglia, per il momento tutte queste cose agiscono alla stregua di religioni nuove, di grandi movimenti, di entusiasmi che esaltano i giovani e sconcertano o irritano i più vecchi. Il cattolicesimo, ancor più delle altre, è spesso annoverato tra le passioni selvagge di gioventù. Zie e zii ottimisti dicono che al giovane «passerà», come se fosse un’infatuazione infantile o una deplorabile avventuretta con la cameriera. Zie e zii più arcigni e severi, in un periodo forse un po’ più lontano, ne parlavano come se addirittura si trattasse di un vizio scandaloso, come se la letteratura cattolica fosse una specie di pornografia. Newman osserva con assoluta naturalezza, come se all’epoca non ci fosse stato niente di strano, che uno studente universitario sorpreso con un manuale ascetico o con un libro di meditazioni monastiche finiva in disgrazia, poiché era stato trovato in possesso di un «cattivo libro». L’idea era che avesse sguazzato nel piacere sensuale delle none o che avesse infiammato la sua lascivia contemplando un numero errato di candele. Forse oggi non si usa più vedere la conversione come una forma di dissolutezza, ma è ancora diffusa la convinzione che sia una sorta di rivolta. E in effetti di una rivolta si tratta, almeno rispetto alle convenzioni in vigore in gran parte del mondo moderno. Quando manda il figlio al college, il rispettabile commerciante della classe media o il rispettabile agricoltore del Middle West è un po’ preoccupato che il ragazzo finisca in mezzo ai ladri, intendendo con questo i comunisti; ma teme ugualmente che finisca in mezzo ai cattolici.
Non ha invece paura che capiti tra i calvinisti. Non teme che i figli diventino supralapsariani, per quanto possa detestare questa dottrina del XVII secolo. Né lo allarma particolarmente la possibilità che abbraccino concezioni estreme come quelle solfidiane 3, un tempo comuni tra i metodisti più stravaganti. Difficilmente aspetterà con terrore il telegramma in cui il figlio lo informa che è diventato quintomonarchiano 4 o che si è unito agli albigesi 5. Non passa le notti in bianco chiedendosi se Tom, che studia a Oxford, sia diventato luterano oppure lollardo 6. In tutte queste confessioni, egli riconosce confusamente delle religioni morte, o in ogni caso vecchie. E le religioni che teme sono solo quelle nuove: le idee fresche, paradossali e provocatorie che fanno perdere la testa ai giovani. Eppure, nel novero di queste pericolose attrazioni giovanili, egli classifica la freschezza e la novità di Roma.


L'Indice dell'opera

5 Prefazione all’edizione italiana, di Marco Sermarini

La Chiesa cattolica

13 1. Introduzione. Una religione nuova
23 2. Gli errori palesi
45 3. I veri ostacoli
69 4. Il mondo alla rovescia
85 5. L’eccezione conferma la regola
101 6. Una nota sulle prospettive attuali

107 Nota biobibliografica
111 Opere di Chesterton



Per informazioni, copie saggio e interviste a Marco Sermarini:
Silvja Manzi • Ufficio Stampa Edizioni Lindau
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