Confesso che do molta più importanza alle argomentazioni teoriche degli uomini che alle loro proposte pratiche. Se volete, do più importanza a ciò che si dice che a ciò che si fa; ciò che si dice in genere dura molto di più e ha molta più influenza. Non riesco a immaginare un cambiamento peggiore per la vita pubblica di quello che sostengono alcuni perbenisti, ovvero la limitazione del dibattito. Le argomentazioni di un uomo mostrano ciò che ha realmente in mente. Finché non si è ascoltata la difesa di una proposta, non si conosce veramente nemmeno la proposta. Così, per esempio, se un uomo mi dice: “Assaggia questa bevanda della temperanza”, io ho solo un dubbio un po' sfumato di disgusto. Ma se mi dice: “Assaggiala, perché tua moglie sarebbe una vedova affascinante”, allora decido. O, ancora, supponiamo che un uomo offra un nuovo cannone alla marina britannica e concluda il suo discorso con la bella perorazione: “E dopo tutto, dato che i francesi sono nostri fratelli, cosa importa se vincono o no”, allora ancora una volta decido. Potrei decidere di far sparare a quell'uomo con la sua stessa pistola, se potessi. Insomma, nella scelta di un'istituzione sarei apertamente mosso non dalle sue proposte immediate per la pratica, ma molto dalla sua incidentale, persino accidentale, allusione agli ideali. Giudico molte cose dalle loro parentesi.
Gilbert Keith Chesterton, The New Age, 4 gennaio 1908.

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