E' bello, cari amici, andare ad esempio in vacanza ad Arabba e passare nei giardinetti vicino alla chiesetta per vedere che lì si arruolarono con Andreas Hofer molti uomini, e vederlo perché qualcuno ha pensato di scriverlo su di una targa.
Come noto, la Storia (quella con la 'S' maiuscola che si legge nei manuali e nei libri di testo scolastici e che contribuisce a determinare in modo sostanziale giudizi e forma mentis delle future classi dirigenti di un Paese) la scrivono solitamente i vincitori. Il dibattito di questi mesi sul cosiddetto 'Risorgimento', cioè sull'edizione italiana della Rivoluzione francese, con le sue gravose ricadute politiche, sociali e culturali marcatamente anticattoliche, ne è un esempio: tutti conoscono i 'padri' della Patria, come la retorica risorgimentale definisce Cavour, Garibaldi, Mazzini e lo stesso Vittorio Emanuele. Molti di meno, per non dire pochi eletti, conoscono invece la storia e le storie di quanti, non certo meno italiani dei primi, combatterono dalla parte degli sconfitti in quella prima manifestazione identitaria di popolo che furono le Insorgenze, ovvero le sollevazioni antinapoleoniche e controrivoluzionarie, spontanee, che si diffusero praticamente ovunque nell'Italia tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento in coincidenza con l'avanzata dell'occupante francese e l'instaurazione dei relativi governi giacobini, dichiaratamente promotori di istanze anticristiane ed estranee al corpo sociale della Penisola. A tal proposito, quest'anno ricorrono i cento anni dalla morte di Andreas Hofer (1767-1810), eroe della battaglia per la libertà del Tirolo e difensore esemplare della fede cristiana contro la politica massonica e illuminista degli aggressori francesi, spalleggiati nella fattispecie dalla Baviera giacobina (e in cui aveva una parte non irrilevante la loggia degli Illuminati, resa ultimamente famosa, ma sempre a sproposito, dall'ennesimo romanzo dello scrittore americano Dan Brown). Il documentato saggio di Paolo Gulisano, che è da tempo attento studioso del fenomeno delle Insorgenze, oltre ad essere affermato apologeta di primo livello e raffinato studioso della letteratura anglosassone del Novecento, fornisce quindi lo spunto ideale per riscoprire in modo autentico quelle radici dell'identità europea e italiana su cui tanto si discute, anche in considerazione del fatto che proprio pochi mesi fa la figura di Hofer è stata rievocata in una importante lettera pastorale dai Vescovi delle diocesi che storicamente hanno composto il Tirolo, opportunamente riportata in appendice al volume.
* * *
L'Autore, presentando le coordinate storiche in cui gli eventi si svolgono, principia dalla considerazione che la ribellione guidata da Hofer fu soprattutto la reazione di una società contadina, tradizionale, cattolica, all'aggressione perpetrata dallo stato autoritario uscito dalla Rivoluzione Francese del 1789, "uno Stato formalmente espressione della rivoluzionaria volontà popolare, ma in realtà profondamente estraneo al popolo 'vero', quello che viveva nelle grandi città come nelle campagne" (pag. 9). Certo, questa rivoluzione, che diventerà poi la révolution per eccellenza, ha sempre goduto di una stampa favorevole, "presentata come il riscatto degli oppressi contro una società ancora pressoché feudale, come l'avanzare della modernità e del progresso... [In realtà] non molti hanno voluto rendersi conto che, al contrario, fu l'affermarsi di un tentativo oligarchico di conquistare e reggere il potere ai danni degli stessi poveri, di cui principalmente la Chiesa si fece voce" (ibidem). La lotta di Hofer sarà quindi una vera e propria guerra di liberazione contro un invasore (le truppe franco-bavaresi al servizio di Napoleone) che in poco tempo aveva imposto al Tirolo una serie di riforme che riducevano pesantemente le antiche libertà (non ultima quella religiosa) e la storica autonomia politica della regione. Una prima invasione francese ebbe inizio nell'agosto del 1796 e sarà quella che porterà alla creazione di varie repubbliche rivoluzionarie modellate sull'esempio giacobino, tra cui la Repubblica Cispadana che in quel di Reggio Emilia "adottò il 7 gennaio 1797 il tricolore bianco rosso e verde quale bandiera nazionale. Non era altro, ovviamente, che il tricolore della rivoluzione francese, con il blu di Francia sostituito dal verde, il colore simbolo della massoneria" (pag. 38). Miracolosamente, è proprio il caso di dirlo, il Tirolo venne però risparmiato: il popolo scelse infatti di ricorrere anzitutto alle armi della Fede e giurò di venerare in modo particolare il Sacro Cuore di Gesù qualora fosse stato preservato dall'invasione. Così in effetti avvenne e il 3 giugno 1796 il voto fu solennemente espresso nel Duomo di Bolzano. La libertà era salva, per il momento. Nel frattempo il carismatico Hofer, che in passato era stato già eletto della Dieta tirolese come rappresentante dei contadini della val Passiria (il suo luogo natale), stimato per la sua integrità morale e lavoratore instancabile e appassionato della sua terra, diventa sempre più un punto di riferimento della comunità e lo è ancora quando nel novembre 1805, in seguito alla disfatta austriaca di Austerlitz, il trattato di Presburgo (attuale Breslavia, in Slovacchia) assegna la provincia del Tirolo – comprendente il territorio fra l'Inn e le Alpi, Trentino compreso – al re Massimiliano di Baviera, alleato di Napoleone.
Gradualmente, il governo bavarese e filomassonico (molti dei suoi funzionari provenivano proprio dalle logge tedesche cui si faceva riferimento all'inizio) impone riforme di stampo illuministico, in tutti i settori. Con un decreto del 16 aprile 1806, in particolare, "iniziò l'opera di sovvertimento dell'organizzazione ecclesiastica cattolica, che proseguì poi col divieto ai vescovi di ordinare nuovi sacerdoti senza il benestare del re e l'approvazione dei professori dell'università di Innsbruck, con l'obbligo per gli stessi vescovi di adeguarsi incondizionatamente ai provvedimenti presi dalle autorità civili a carico di sacerdoti per la cosiddetta 'polizia della Chiesa', col diritto esclusivo del governo di provvedere alla nomina di parroci, il tutto con l'intento di assoggettare completamente la Chiesa e la stessa religione al governo" (pag. 58), sempre in nome dell'ottica accentratrice e liberticida che la stessa rivoluzione francese, esportata Oltralpe, propagandava ora ovunque in Europa. Di fatto, lo Stato si arrogò il diritto della formazione e dell'ammissione dei preti, della nomina dei professori dei seminari e delle scuole e la gestione economica della Chiesa. Coraggiosamente il popolo tirolese si ribellò allora in modo compatto a sostegno della Chiesa e dell'esercizio della propria fede nella sua integralità, dando luogo a varie proteste e atti di resistenza. La risposta del governo illuminista, che seguì, mostrò la vera essenza dei cosiddetti 'lumi del progresso': dapprima fu vietata ogni manifestazione pubblica della fede in quanto tale, dal suono delle campane alle tradizioni religiose più care e diffuse come le novene, le processioni e i pellegrinaggi. Quindi, diverse festività religiose furono soppresse, le confraternite proibite e persino le prediche domenicali vennero spiate, temendo che contenessero 'messaggi eversivi'. Infine, vennero chiusi interi conventi e monasteri, mentre svariate biblioteche ed opere d'arte furono portate in Baviera, da cui non tornarono più. Da parte sua Hofer, insieme ad altri notabili, chiese che quelle misure criminali e liberticide fossero immediatamente ritirate. Non avendo ottenuto risposta, il 9 aprile 1809 il Tirolo tutto insorse in armi contro i dispotici occupanti stranieri: è quella che passerà alla storia come la Tirols Erhebung e che ancora oggi viene ricordata con orgoglio nelle vallate tirolesi. Va osservato, quindi, e a scanso di equivoci, che la matrice della rivolta fu essenzialmente religiosa, come d'altronde ebbe a specificare lo stesso Hofer, quasi prevenendo le future manipolazioni storiografiche, "si tratta di religione e di cristianesimo; non lasciatevi ingannare dai mascalzoni" (cit. a pag. 72). Seguirono tre battaglie (aprile, maggio e agosto) che, in un clima surreale (con le Messe celebrate sul campo, prima dello scontro), riuscirono a portare alla liberazione di Innsbruck. Hofer, che ne fu il grande protagonista, venne nominato comandante supremo delle truppe di difesa del Tirolo, quindi governatore e reggente dell'intera regione, insediandosi all'Hofburg, in nome e per conto dell'imperatore d'Austria Francesco I. Durerà però poco perché dopo l'estate una quarta battaglia determina una pesante sconfitta delle truppe tirolesi e Hofer sarà costretto a fuggire sui monti dell'amata val Passiria: verrà catturato il 27 gennaio dell'anno seguente, in seguito a una delazione. Neanche un mese dopo, il 20 febbraio verrà fucilato a Mantova su ordine diretto di Napoleone, nonostante che il viceré d'Italia in persona – e figlio adottivo di Napoleone –, Eugenio Beauharnais, avesse cercato più volte di far recedere il dittatore dal suo convincimento. La salma riposa ora nella Hofkirche, la chiesa di Corte asburgica, insieme alle tombe della grande famiglia di quell'impero di cui, fino al giorno della sua morte, si sentiva parte viva, l'ultimo impero cattolico che la Provvidenza avrebbe donato all'Europa. In definitiva, come chiosa l'Autore, Hofer "si mosse per riaffermare le leggi, gli usi, le libertà proprie del Tirolo; per riaffermare l'appartenenza del Tirolo all'Austria, in quanto impero sovranazionale capace di garantirgli la conservazione delle sue originali caratteristiche, e infine per difendere i diritti degli uomini di vivere secondo le leggi di Dio e i doveri a Lui spettanti" (pag. 101).
Omar Ebrahime
Nessun commento:
Posta un commento