venerdì 22 ottobre 2010

India, dove il micro-credito spinge al suicidio

di Nirmala Carvalho

Il sistema, ideato e lanciato dal Nobel Yunus, si è trasformato in un sistema di sfruttamento feroce, dove gli agenti di riscossione spingono i debitori a uccidersi per recuperare (grazie a un fondo assicurativo) l’intera somma prestata. In un mese e mezzo, 45 suicidi accertati dallo Stato. La condanna di un attivista: “Un sistema peggiore di quello nazista”.


Mumbai (AsiaNews) – Il micro-credito “è un sistema di sfruttamento degli esseri umani, crudele come il nazismo e improntato soltanto su criteri di profitto. Non c’è alcun interesse al miglioramento della condizione sociale dei poveri: si pensa soltanto a fare soldi. I mercati sono essenziali, ma dovrebbero basarsi su dei valori etici. La micro-finanza, invece, non ne ha”. È il durissimo commento rilasciato ad AsiaNews da Lenin Raghunvashi, attivista per i diritti umani, dopo l’ondata di suicidi in India collegata agli Istituti di micro-finanza.

Uno studio compiuto dal governo indiano e pubblicato nei giorni scorsi ha infatti rivelato che sono gli stessi agenti degli Istituti a incitare i debitori a suicidarsi, se non riescono a saldare le rate del prestito concesso: in questo modo sarà l’assicurazione a pagare per loro. Nell’ultimo mese e mezzo, si sono verificati almeno 45 suicidi che possono essere collegati con sicurezza alla pratica del micro-credito.

Sujata Sharma, direttore dell’Autorità statale per lo sviluppo dei distretti rurali, conferma tutto: “Sono gli agenti dell’Imf a incitare i poveri al suicidio. Sanno che c’è un Fondo di protezione assicurativo a tutela di chi concede prestiti, che interviene in caso di morte improvvisa del debitore. Non vogliono aspettare tanto tempo o stare dietro a debitori poveri, quindi presentano la morte come un’alternativa molto pratica”.

Inoltre, lo stesso studio dimostra in maniera evidente che il micro-credito non soltanto non aiuta lo sviluppo delle classi inferiori delle società asiatiche, ma anzi è spesso la causa di un peggioramento della situazione dei poveri. Come si legge nel testo, “analizzando i cicli di spesa di quei settori, si nota un aumento impressionante delle spese inutili. Davanti alla possibilità di ottenere denaro senza alcuna garanzia, i poveri sono stimolati a contrarre debiti che per loro diventano enormi”.

I soldi ottenuti, inoltre, “non vengono usati per lo sviluppo di progetti economici. Anzi, i primi sei scopi di spesa dell’intero giro del micro-credito dimostra la futilità del prestito”. Secondo lo studio, questi sei motivi sono matrimoni; funerali; riti particolari di carattere religioso; spese mediche non coperte dallo Stato; pagamento di vecchi debiti e educazione dei minori. D’altra parte gli Imf non si impegnano nella richiesta di progetti di sviluppo.

Il microcredito, sviluppato dall’economista e premio Nobel Mohammad Yunus, si basa su un sistema apparentemente geniale: invece di fondare filiali bancarie e concedere denaro in cambio di garanzie, gli Imf affidano un certo quantitativo di contante ad agenti scelti sul territorio (spesso appartenenti alle classi alte dei vari villaggi) che si impegnano poi a recuperare il denaro. Secondo Raghunvashi, che ha vinto nel 2007 il Premio Gwangju per i diritti umani, “si tratta di membri delle caste alte, arroganti e violenti, che agiscono in cambio di una commissione pari al 20% del prestito”.

In un villaggio dell’Uttar Pradesh, racconta ancora l’attivista, “c’erano 4 membri dell’Imf. La gente era arrivata a chiedere prestiti a uno per ripagare l’altro: un circolo vizioso che alla fine ha condotto al suicidio. Molti di questi agenti sono inoltre indù delle case più alte, che dominano il sistema e tendono a degradare gli esseri umani”.

Nei nostri villaggi, sottolinea Raghunvashi, “stiamo combattendo per convincere la gente a non cadere nella trappola. Cerchiamo di assistere i poveri per ottenere prestiti bancari, ma solo se hanno un progetto di lavoro. Vogliamo che si crei un collegamento fra chi dà i soldi e chi li usa, in modo da trasformare un lavoratore in un proprietario. Dandogli così piena dignità”.

3 commenti:

agapetòs ha detto...

Aspetta aspetta.... mi pare di ricordare un certo premio Nobel...

ANDREA COLLINA ha detto...

Da che parte starà chi accusa in toni così minacciosi l'intero sistema del microcredito?
"Si sviluppa una « finanza etica », soprattutto mediante il microcredito e, più in generale, la microfinanza. Questi processi suscitano apprezzamento e meritano un ampio sostegno. I loro effetti positivi si fanno sentire anche nelle aree meno sviluppate della terra. È bene, tuttavia, elaborare anche un valido criterio di discernimento, in quanto si nota un certo abuso dell'aggettivo « etico » che, adoperato in modo generico, si presta a designare contenuti anche molto diversi, al punto da far passare sotto la sua copertura decisioni e scelte contrarie alla giustizia e al vero bene dell'uomo." (Caritas in veritate n. 45)
"Anche l'esperienza della microfinanza, che affonda le proprie radici nella riflessione e nelle opere degli umanisti civili — penso soprattutto alla nascita dei Monti di Pietà –, va rafforzata e messa a punto, soprattutto in questi momenti in cui i problemi finanziari possono diventare drammatici per molti segmenti più vulnerabili della popolazione, che vanno tutelati dai rischi di usura o dalla disperazione. I soggetti più deboli vanno educati a difendersi dall'usura, così come i popoli poveri vanno educati a trarre reale vantaggio dal microcredito, scoraggiando in tal modo le forme di sfruttamento possibili in questi due campi. Poiché anche nei Paesi ricchi esistono nuove forme di povertà, la microfinanza può dare concreti aiuti per la creazione di iniziative e settori nuovi a favore dei ceti deboli della società anche in una fase di possibile impoverimento della società stessa" (Caritas in Veritate n. 65).
E' chiaro che non è lo strumento ad essere di per sé ingiusto, ma chi lo utilizza e, sopratutto l'educazione di chi lo strumento l'utilizza.
Ma fuor di demonizzazione, a me non sembra ingiusto un sistema che finanzi "matrimoni; funerali; riti particolari di carattere religioso; spese mediche non coperte dallo Stato; pagamento di vecchi debiti e educazione dei minori" e che abbia questi sei come primi scopi per i quali si richiede un prestito!
In fondo non sta a nessuno giudicare la bontà o meno della mossa da cui parte il desiderio e anche il bisogno finanziario.
Pertanto, occorre una riflessione più profonda sulle potenzialità del microcredito, come strumento di una più adeguata redistribuzione della ricchezza (o meglio delle opportunità di ricchezza) e, come ci ricorda il Papa, sulle modalità di applicazione più adeguate di tale strumento, in modo che sia realmente strumento al servizio dei poveri e dei bisognosi e non strumento di una nuova e sempre antica sopraffazione.
Andrea Collina

UmbertaMesina ha detto...

Concordo con Andrea Collina, che il problema non è lo strumento ma l'educazione di chi lo usa. Occupandomi di economia, sto notando sempre più che sono pochi quelli che parlano di educazione della persona in riferimento ai temi economici e questo non mi piace. Io credo nella libertà e nella responsabilità delle persone ma non nel loro automatismo. Il mercato non è migliore delle persone che ci stanno dentro. Se ci sono dentro soprattutto dei manigoldi, il mercato sarà manigoldo.