mercoledì 5 agosto 2009

Papa: Preti innamorati di Cristo, contro la “dittatura del relativismo”

Benedetto XVI ripropone il santo Curato d’Ars come modello per i presbiteri nell’Anno sacerdotale. Egli ha combattuto contro la “dittatura del razionalismo”; oggi il sacerdote combatte contro la “dittatura del relativismo”. Ma entrambi, razionalismo e relativismo non soddisfano la sete di verità che vi è nel cuore dell’uomo. L’efficacia pastorale del Curato d’Ars dipendeva dalla sua “amicizia con Cristo”.


Castel Gandolfo (AsiaNews) – “Il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo”. Ma l’uomo rimane “mendicante di significato e compimento” , “alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi”. Per questo, come invita il Concilio, i sacerdoti di oggi devono tener presente questa “sete di verità”, che arde nel cuore di ogni uomo, e divenire educatori della fede, capaci di “aprire a tutti gli uomini la strada che conduce a Cristo” e alla Chiesa.

Così il papa nella sua prima udienza estiva da Castel Gandolfo, dedicata oggi alla figura di san Giovanni Maria Vianney, la cui memoria liturgica è stata celebrata ieri. Benedetto XVI ha ribadito il valore del Santo Curato d’Ars come esempio per tutti i presbiteri in questo Anno sacerdotale, lanciato proprio in occasione dei 150 anni dalla sua morte, avvenuta il 4 agosto 1859.

Al di là delle differenze, e della “pure ammirevole” “spiritualità devozionale ottocentesca” del Curato d’Ars, il pontefice ha sottolineato che occorre ammirare la “forza profetica” della sua personalità sacerdotale.

“Nella Francia post-rivoluzionaria – ha spiegato il papa - che sperimentava una sorta di ‘dittatura del razionalismo’ volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla Santa Messa. Poi - da sacerdote – si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile”.

“Se allora c’era la ‘dittatura del razionalismo’ – ha continuato il pontefice - all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di ‘dittatura del relativismo’. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo”.

Il sacerdote di oggi devono indicare o agevolare “a chi non crede il cammino che porta a Cristo e alla sua Chiesa”, e per chi già crede, deve essere “stimolo, alimento e sostegno per la lotta spirituale”.

Il papa ha indicato pure la condizione per questo impegno pastorale: “il sacerdote deve porre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Solo così potrà toccare i cuori della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore”.

Il papa ricorda che il Curato d’Ars è riuscito in un periodo di grande abbandono della fede, a “far riscoprire ai parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica”.

Il Santo Curato d’Ars, ha spiegato il pontefice, “riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che intimamente viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu ‘innamorato’ di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto”.

Il papa si è soffermato a lungo sull’infanzia del Curato d’Ars, sulla fede vissuta in famiglia, sul suo analfabetismo fino alla giovinezza, le difficoltà della sua vocazione. Nonostante ciò, “nel servizio pastorale, tanto semplice quanto straordinariamente fecondo, questo anonimo parroco di uno sperduto villaggio del sud della Francia riuscì talmente ad immedesimarsi col proprio ministero, da divenire, anche in maniera visibilmente ed universalmente riconoscibile, alter Christus, immagine del Buon Pastore, che, a differenza del mercenario, dà la vita per le proprie pecore (cfr Gv 10,11)”.

In definitiva, ha sottolineato Benedetto XVI, “l’efficacia della missione di ogni sacerdote” e “la credibilità della testimonianza” dipende “dalla santità”.

“Preghiamo – ha concluso - perché, per intercessione di san Giovanni Maria Vianney, Iddio faccia dono alla sua Chiesa di santi sacerdoti, e perché cresca nei fedeli il desiderio di sostenere e coadiuvare il loro ministero. Affidiamo questa intenzione a Maria, che oggi invochiamo come Madonna della Neve”.

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