L'Osservatore Romano è sempre più chestertoniano e pubblica uno stralcio del volume del nostro carissimo Paolo Gulisano sul grandissimo padre Vincent McNabb, che lieti vi giriamo.
Padre Vincent McNabb e la scena culturale inglese del primo Novecento
Un domenicano
a Babylondon
Pubblichiamo stralci del primo capitolo del libro Babylondon. Padre McNabb, maestro di Chesterton, nel caos di Babylon-London (Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2010, pagine 176, euro 15).
di Paolo Gulisano
Durante l'Ottocento, nel momento del trionfo del positivismo, dello scientismo, nonché della politica imperiale britannica, le leggi penali che per trecento anni avevano tenuto nella clandestinità la Chiesa cattolica in Gran Bretagna vennero progressivamente abolite, allo scopo di avvalersi totalmente dell'apporto dei cittadini cattolici all'edificazione delle glorie dell'Impero, e perché la cultura dominante riteneva che, ormai, i cattolici non facessero più paura a nessuno, essendo ormai niente più che una patetica sopravvivenza di un'antica "superstizione" destinata a essere spazzata via dalla modernità.
Quello che avvenne invece fu un nuovo inizio, una seconda primavera della Chiesa, come ebbe a dire uno dei protagonisti di quella eccezionale stagione, John Henry Newman. La Chiesa cattolica rivelò tutta la sua vitalità, tutta la sua forza di verità, forgiata dalle lunghe, crudeli persecuzioni.
Fu così che tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento non solo l'Inghilterra, ma il mondo intero venne a essere illuminato da figure come il cardinale Newman, padre Robert Hugh Benson, monsignor Ronald Knox, apologeti e profeti, e da scrittori geniali che intingevano le loro penne nell'inchiostro di una fede intensa e appassionata: Gilbert Keith Chesterton, Hilaire Belloc, John Ronald Reuel Tolkien e altri ancora.
Tra questi grandi personaggi della cultura cattolica ci fu anche un domenicano irlandese, che spese tutta la sua vita da religioso in Inghilterra. Il suo nome era Vincent Joseph McNabb. Insieme a Chesterton e Belloc fu protagonista della scena culturale inglese della prima metà del secolo. Con loro fondò perfino un movimento, il Distributismo, che cercò di realizzare in Gran Bretagna i principi della dottrina sociale cattolica. L'uomo - che divenne noto come "il santo di Hyde Park", il celebre parco londinese dove egli si recò per tanti anni a predicare all'aperto per i passanti - fu una straordinaria figura di frate domenicano; nativo dell'Irlanda del Nord, decimo di undici figli, in seguito al trasferimento della sua famiglia in Inghilterra mentre era ancora un ragazzo ebbe occasione di maturare qui la sua vocazione religiosa. A Newcastle, la città in cui era emigrato, aveva avuto modo di incontrare la locale comunità di frati domenicani, e ancora giovane non aveva avuto alcun dubbio nella decisione di entrare nell'ordine fondato da san Domenico e che in Inghilterra aveva avuto una storia gloriosa, troncata dalla distruzione e dal martirio.
Dopo la restaurazione dei diritti dei cattolici, l'ordine dei predicatori aveva fatto anch'esso il suo ritorno in Inghilterra, iniziando una lenta e faticosa ricostruzione della propria presenza. Il giovane Joseph McNabb - questo infatti era il suo nome di battesimo, mentre Vincent fu il nome che assunse da religioso - entrò nell'ordine portandovi tutto il suo entusiasmo, la sua fede ardente, la sua carità instancabile, la sua speranza di riportare l'Inghilterra a Cristo. Dopo il noviziato e l'ordinazione fu inviato a proseguire gli studi nella prestigiosa sede belga di Lovanio, e quindi ritornò a svolgere la sua missione in Inghilterra. Benché irlandese - e padre McNabb fu sempre fieramente consapevole della sua identità - l'Inghilterra diventò per lui una seconda patria. Diceva che il suo amore per l'Irlanda era paragonabile a quello che si prova per la propria madre, mentre quello per l'Inghilterra era come quello che si prova per la propria sposa.
Prendendo alla lettera l'antica missione dei domenicani, cominciò a stupire Londra per le sue prediche, i dibattiti e i contraddittori che teneva ad Hyde Park, il celebre parco londinese dove chiunque può salire su uno sgabello e sermoneggiare ai passanti. Dibatteva e dialogava con chiunque, protestanti di ogni denominazione, atei, liberi pensatori. La sua fama si sparse al punto che ogni domenica centinaia di persone andavano a sentirlo nel parco. Fu invitato in breve tempo a tenere dibattiti anche nei teatri, sfidato da personaggi del calibro di George Bernard Shaw.
Possedeva una cultura e un'intelligenza straordinarie: leggeva l'Antico Testamento in ebraico, il Nuovo in greco e san Tommaso d'Aquino in latino. Aveva un'eloquenza straordinaria, perfino per un irlandese, e un fuoco di desiderio di annunciare Cristo ardeva in lui. Era un monaco del tredicesimo secolo finito chissà come nel ventesimo. Predicava con la parola e con l'esempio, e aveva deciso di non insegnare solo dal pulpito, ma di allontanarsene e di andare incontro alla gente, con il suo abito bianco e nero e la povertà che in tutta la vita e le migliaia di volumi letti gli fece possedere solo tre libri: la Bibbia, il breviario e la Summa di san Tommaso.
Spese la vita a difendere la verità cristiana da ogni attacco ideologico. Fu un grande pensatore, provvisto di una vastissima cultura teologica, docente, studioso, scrittore, anche se i testi che ci ha lasciato sono soprattutto le raccolte dei suoi discorsi, delle sue omelie, dal momento che il suo primario ambito di apostolato non fu quello intellettuale, ma il servizio alla verità da annunciare tra tutte le persone, a partire da quelle più povere. Un personaggio di tale fatta non poteva non incrociare la propria strada, in quegli anni, con quella di Chesterton e Belloc.
Il celebre "gkc", com'era popolarmente conosciuto, Gilbert K. Chesterton, è tuttora uno dei più popolari scrittori di lingua inglese, tradotto e letto in tutto il mondo. Divenne cattolico perché - spiegò - aveva trovato una religione capace di scendere nella profondità dell'animo umano, capace di perdonare i peccati, capace di rigenerare alla vita vera.
La conversione di Chesterton fu dovuta all'incontro e all'amicizia con tre persone: padre John O'Connor, un sacerdote irlandese che viveva nello Yorkshire, un prete arguto e simpatico che gli ispirò il personaggio di padre Brown; il grande amico e collega Hilaire Belloc e infine padre McNabb.
Il domenicano irlandese divenne la loro guida spirituale, a cominciare da Belloc, una figura straordinaria ancora purtroppo poco nota in Italia.
Nato nel 1870 da padre francese e madre inglese convertita al cattolicesimo, Belloc crebbe in Inghilterra, e studiò presso gli oratoriani, l'ordine di san Filippo Neri, introdotti in Inghilterra da John Henry Newman. In seguito si laureò brillantemente a Oxford, ma il perdurante sentimento anticattolico gli impedì di intraprendere la carriera accademica. Divenne così giornalista, una delle più famose penne d'Inghilterra, saggista, polemista, autore di numerosissimi libri prevalentemente di saggistica.
Grandissimo prosatore, maneggiava la lingua inglese da grande artista. Scrisse di storia e in particolare di storia militare, della quale era cultore competentissimo, e compose molte narrazioni di viaggi. Viaggiare fu una delle più grandi passioni della sua vita, una passione vissuta con spirito antico: non fu mai un semplice turista curioso o un esploratore avido di emozioni o un girovago in cerca di esperienze, ma fu un vero e proprio pellegrino, che affrontò le strade del mondo cercando di incontrarsi e confrontarsi con l'umano e con il divino. Percorse i Paesi che descrive nei suoi libri in gran parte a piedi, viaggiando come facevano i pellegrini del medioevo, fermandosi alle locande, parlando con le persone in cui si imbatteva per strada, senza aver fretta, osservando a fondo la realtà che poi descriveva nei libri con la precisione che può avere solo chi di un Paese ha assaporato ogni colore, ogni ora del giorno, godendone la bellezza e assaporandone la polvere.
Fu un apologeta del cristianesimo coraggioso e preparatissimo. Una delle più brillanti menti dell'Inghilterra del tempo, e con Chesterton costituì uno straordinario sodalizio umano e culturale, che George Bernard Shaw definì "Il Chesterbelloc".
Il duo Chesterbelloc trovò in padre McNabb un amico e una guida. Belloc in particolare fu colpito dalla cultura del domenicano, dal suo carattere, dal suo giudizio, e soprattutto dalla sua santità di vita, che Hilaire affermava di non avere mai incontrato in nessun'altra persona. Ciò nonostante padre Vincent fu a volte guardato da molti suoi confratelli con poca simpatia, soprattutto per ciò che veniva ritenuto un atteggiamento poco prudente o eccentrico.
Indubbiamente, il domenicano che aveva portato la sua sfida evangelica in quella metropoli che, con un gioco di parole, definiva "Babylondon", ovvero Babilonia-Londra, era qualcosa di più che un semplice "anticonformista", capace di rifiutare prodotti della modernità come la macchina da scrivere, continuando tutta la vita a scrivere a penna i suoi articoli e libri. La sua era la determinazione di andare controcorrente rispetto all'ingiustizia e agli errori del mondo. Per questo sfidò la legge inglese che aveva mantenuto - tra i retaggi della lunga stagione dell'anti-cattolicesimo - il divieto ai religiosi di indossare il proprio abito in pubblico. Padre McNabb invece portava fieramente la sua "divisa" da domenicano per le vie di Londra, esempio e memoria vivente di quei "Blackfriars", i "frati neri", come erano chiamati nell'uso comune inglese i domenicani, che un tempo lontano avevano colmato l'Inghilterra della loro fede e del loro sapere.
Chesterton ebbe a definirlo come "uno dei pochi grandi uomini che io abbia mai incontrato, e il più grande in assoluto in Inghilterra nel nostro tempo". Sia per Hilaire che per Gilbert, padre McNabb era la conferma vivente delle loro tesi sul medioevo: la carità ardente, la passione apostolica, l'amore per la cultura e l'attenzione per i poveri convalidavano le tesi espresse da Belloc a proposito del medioevo delle gilde e delle libertà concrete; per Chesterton padre McNabb era la testimonianza vivente di quella civiltà dei monasteri che un tempo era felicemente fiorita in Inghilterra, che era stata spazzata via dalla Riforma e seppellita sotto un cumulo di menzogne storiche.
(©L'Osservatore Romano - 11 settembre 2010)
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