"Ho dato dispiacere a coloro che mi auguravano ogni bene, e a molte persone sagge e prudenti, per la mia condotta incauta nel diventare cristiano, cristiano ortodosso, ed infine cattolico nel senso di cattolico romano. Ora, nella maggior parte delle questioni che ricevono una speciale disapprovazione, io non sento vergogna di me, neppure minimamente. Sono un apologista, e perciò non difenderò me stesso profondendomi in iscuse. Con tutta l'intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell'umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione che quasi tutti chiamano superstizione. Mi glorio d'essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono con tanta ostinazione), perché so molto bene che morti sono i credi eretici e che solamente il dogma ragionevole ha una vita così lunga da poter essere chiamato antiquato. Mi glorio di ciò che la gente chiama il mestiere, le arti del prete, perché proprio questo termine insultante, di seconda mano, esprime la verità medioevale che un prete, come ogni altro uomo, dovrebbe essere un artigiano. Mi glorio di ciò che la gente chiama Mariolatria; fu essa che diede alla religione, nelle età più oscure, quell'elemento di cavalleria, che ora trova la sua espressione nella forma ammuffita e ammaliziata del femminismo. Mi glorio di essere ortodosso in ciò che riguarda i misteri della Trinità e della Messa; mi glorio di credere nel confessionale; mi glorio di credere nel Papato".
G. K. Chesterton, Autobiografia
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