mercoledì 31 gennaio 2007

L'unica riforma che funziona: una scuola libera



Pubblichiamo un articolo di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, apparso sul Il Giornale del 25 Gennaio 2007 nella rubrica da lui curata, "Punti di fuga", presente ogni giovedì sul quotidiano milanese e degna di grande attenzione per gli spunti validissimi ed originalissimi che il magmatico Vittadini comunica. Questo è un contributo particolarmente degno di nota sulla questione educativa, centralissima per noi chestertoniani d'Italia e, ritengo con buona approssimazione, del mondo. Vi invito a dibattere e a lasciare vostri contributi.

L'Uomo Vivo


E’ stato presentato ieri
(24 Gennaio 2007, n.d.r.) a Roma il Primo Rapporto nazionale sulla sussidiarietà dal titolo “Sussidiarietà ed Educazione” edito da Mondadori Università. L’indagine contiene una ricerca che pone più di un interrogativo al riguardo dei problemi del nostro Paese. Più del 61% delle famiglie e delle istituzioni intervistate ritiene l’educazione la prima emergenza italiana e la valutazione complessiva della scuola è alquanto negativa. La maggior parte delle famiglie e delle istituzioni, pur esprimendo un qualche apprezzamento per la scuola, ne rileva gravi carenze (in particolare per ciò che riguarda il corpo insegnante); una percentuale quasi analoga di imprenditori trova gravi insufficienze nella preparazione di coloro che escono dal sistema scolastico e si immettono nel mondo professionale.

Più della metà degli intervistati non vuole un sistema statalista, ma un sistema a gestione mista e manderebbe i figli alla scuola privata se non fosse così costosa. Per il resto però le idee sono confuse: si ritiene che educare significa crescita della persona e trasmissione di valori, ma poi si fa fatica a distinguere tra educazione e istruzione; quasi tutti vogliono un maestro, ma molti ritengono che l’educazione debba basarsi su uno spontaneismo di fondo. La gente capisce che educazione e istruzione debbono essere al centro della vita sociale e vuole uscire da un sistema statalista inadeguato ai suoi bisogni ma, complice anche il crollo delle grandi tradizioni ideali che hanno lasciato spazio in molti a un forte pragmatismo utilitarista, non sa come orientarsi.

La prima questione che ne nasce non ha a che fare quindi con l’istituzione, ma con l’esperienza elementare quotidiana che si fa ai nostri giorni. Educazione è trasmissione di ideali e conoscenze, e ciò dipende dall’esperienza di ricerca e di conoscenza della verità di chi educa.

Qui innanzitutto vale il nesso tra educazione e sussidiarietà: non è “dall’alto” che si trasmette una passione ideale; si deve solo sperare che nella vita sociale, e nella scuola in particolare, si moltiplichino luoghi dove il passaggio di conoscenze e di valori sia desiderato, voluto, praticato. L’istituzione scolastica dovrebbe ospitare questi fatti e considerarli fondamentali per il suo stesso funzionamento, senza pensare di generarli. Questa è la libertà di educazione.

Se l’istituzione scolastica favorisce la libertà di educazione, questa diventa fattore di miglioramento del livello di istruzione del Paese con effetti benefici sulla vita sociale, economica, politica.

Invece in Italia, ormai da un decennio, si tentano riforme scolastiche senza mai concluderle e dominano perciò ancora nella scuola corporativismi, che spesso tentano di soffocare i vagiti di novità. Se si pensa che tra gli intervistati, una forte minoranza (più del 30%) vuole questo status quo perché difende statalismo e scuola centralistica, si capisce perché si acuisce la confusione in chi pur desidera un cambiamento. Occorre non demordere perché questo impegno per la libertà di educazione è la vera grande battaglia del nostro Paese, purtroppo non sempre percepita nella sua importanza da molti potenti.

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