domenica 23 agosto 2020

Profeta dell’allegria di SILVIA GUIDI - da L’Osservatore Romano.


«Ho fatto a tempo a conoscere Chesterton» scriveva Carlo Bo negli anni Novanta del Novecento, introducendo un'edizione italiana di La sfera e la Croce (Città Armoniosa, 1991), commentata in questa pagina dal futuro Giovanni Paolo I, Albino Luciani. 
«Ogni tanto capitava a Firenze e lo si poteva trovare vicino al Ponte Vecchio, in moto perpetuo tra la casa e una mescita di vino. All'aspetto — continua Bo — era l'inglese tipico, così come veniva rappresentato cinquant'anni fa: grasso, viso acceso, grande sorriso. Direi che dei tre segni questo è il più significativo, quello che restituisce meglio la sua natura di scrittore. Papini aveva giustamente osservato che Chesterton aveva voluto riportare l'allegria nel cristianesimo e c'era riuscito». 
L'Italia ha sempre esercitato un grande fascino su G.K.C. Nel 1929 venne a Roma con sua moglie Frances e restò nella città eterna per circa tre mesi, da novembre fino al gennaio dell'anno successivo. I coniugi Chesterton soggiornarono all'Hotel Hassler, sopra piazza di Spagna; durante le loro vacanze romane vennero ricevuti da Papa Pio XI, lettore e ammiratore di G.K.C., e rimasero folgorati dai mosaici di San Clemente. «La chiesa superiore nella quale ascoltai la Messa — scrive Chesterton nel libro La risurrezione di Roma — è per diverse ragioni la corona della rinascita e del trionfo delle cose cristiane, e l'antica decorazione dell'abside esprime questo concetto con un'armonia addirittura impressionante. L'abside è formata dalla solita mezza luna dorata e al sommo di essa vi è una nube dalla quale la mano di Dio si tende verso il crocifisso ma non con un semplice gesto di benedizione; è come se afferrasse la croce impugnandola come l'elsa d'una spada e come una spada la scagliasse giù sulla terra. Eppure si tratta di cosa che è l'opposto stesso della spada poiché il suo tocco non dà la morte ma la vita che scoppia e germoglia e s'innalza nell'aria affinché il mondo abbia la vita e sia una vita sovrabbondante». 
È impossibile, continua G.K.C., rendere con sufficiente violenza l'effetto di questa rappresentazione di vita. «Non si tratta di un normale sviluppo di rami e di radici, è più come uno zampillare di sangue generoso da una prima ferita aperta nelle arterie della terra. I germogli vivi si scagliano nello spazio con moto turbinoso così da ricoprire tutto lo sfondo con anelli e mulinelli, quasi sino a raggiungere e imprigionare le stelle. Questo disegno antichissimo esprime veramente ciò che tanti esperimenti futuristi e tante violente e pazzesche decorazioni tentarono inutilmente di esprimere: la creazione di un diagramma dinamico esprimente per mezzo del disegno l'immediatezza dell'azione. La sproporzione stessa fra le larghe curve e i vasti cerchi che si spiegano dappertutto e la croce sottile al cui tocco essi balzarono alla vita, non fa che aggiungere forza alla potenza di quel magico legno. Al centro di ognuno di quei cerchi, come in un rifugio che è insieme un nido e un mondo nuovo e distinto, sta un uccello diverso per la specie e il colore». 
Difficile mettersi di fronte a queste immagini e sostenere ancora che la fede cristiana è «un credo di morte». Neanche la croce, nei mosaici di San Clemente, comunica a chi guarda un'impressione luttuosa. 
«Il volto del crocifisso, che nella maggioranza delle immagini è necessariamente tragica — continua lo scrittore che McLuhan definì "un mistico pratico" — qui è radiosa come nella luce di un pieno meriggio, come esprimesse le parole che non è stato necessario incidere come motto o iscrizione: "Io sono la risurrezione e la vita"». 
Per Chesterton la città di Roma, al contempo locus di favola e teatro di fatti concreti, evoca uno speciale mistero unito a un significato antico tutto da riscoprire, e diventa l'occasione privilegiata per una profonda riflessione sulla natura umana e il senso della storia. 
A «Roma e la fede che ci aiuta a essere umani» la Pontificia università della Santa Croce ha dedicato recentemente una giornata di studio, che ha avuto come protagonista proprio l'umanesimo cristiano del defensor fidei inglese. Avendo come ingrediente principale la materia incandescente, scoppiettante e zampillante del re dei paradossi non poteva trattarsi di un convegno "normale", del tutto convenzionale, o comunque prevedibile in tutte le sue componenti: e infatti così è stato.
L'11 aprile scorso le relazioni di Susan Hanssen (Rome, Chesterton and the Historical Imagination), padre Giulio Maspero (Tutti abbiamo bisogno di essere trovati. Narrazione grazia e umanità secondo G.K. Chesterton) e padre John P. Wauck (Roma, romanzo e ortodossia) sono state seguite da un laboratorio teatrale — «Declinare Chesterton oggi: L'uomo vivo dal vivo» tenuto da Giampiero Pizzol e Laura Aguzzoni, pensato proprio per incarnare il pensiero di Innocent Smith (protagonista del libro Manalive e alter ego di Chesterton) dandogli volto e voce. 
La prosa del funambolo delle sfide dialettiche più azzardate è ancora viva e vegeta, scriveva Bo nella sua prefazione a La sfera e la Croce (ma è un commento che potrebbe adattarsi bene anche alle pagine di Manalive): «Viva la fantasia, straordinariamente viva la capacità di tessere dei fili in grado di andare molto al di là delle nostre stanche abitudini. Insomma, Chesterton ha conservata intatta la sua carica di novità epperò sta a noi recuperarlo, intenderlo e gustarlo. Il libro sembra fatto apposta per consentire questa operazione e allora avanti: Chesterton è un profeta familiare, uno che sa parlare di cose gravi e importanti con le parole di tutti i giorni e che ha la sola preoccupazione di non tradire la verità. Come si vede, ce n'è abbastanza per riprendere una strada che ha perduto ben poco del suo fascino».
L'apparente leggerezza del profeta dell'allegria non deve trarre in inganno il lettore; anche nelle sue battute, come nelle barzellette ebraiche, l'umorismo — ha sottolineato padre Maspero — ha una funzione teologica. In fondo, si può ridere di tutto proprio perché nulla è Dio tranne Dio. 
Di tutto, d'altra parte, ci si dovrebbe stupire, perché l'intera creazione è una fonte di infinita meraviglia. Ci si può commuovere anche davanti alla copertina del Bradshaw, ovvero davanti all'orario dei treni inglesi, scrive G.K.C. in L'uomo che fu giovedì: «Tenete per voi il vostro Byron che commemora le disfatte degli uomini. Io verserò lacrime d'orgoglio leggendo l'orario delle ferrovie». Nessun uomo, in realtà, ha mai veramente misurato la vastità del debito verso quel qualsiasi essere che l'ha creato «e che lo ha reso capace di chiamarsi qualcosa — scrive in Autobiografia — Dietro il nostro cervello, per così dire, v'era una vampa o uno scoppio di sorpresa per la nostra stessa esistenza: scopo della vita artistica e spirituale era di scavare questa sommersa alba di meraviglia, cosicché un uomo seduto su una sedia potesse comprendere all'improvviso di essere veramente vivo, ed essere felice». 
Per infondere nuova vita alle stanche abitudini di cui parlava Bo nelle sue note a margine — tentazione permanente per chiunque, in ogni epoca — Chesterton ha composto una serie di antidoti, da leggere o (ancora meglio) da interpretare nel rito antico e sempre nuovo della scena. Tra questi, uno dei più efficaci è proprio Manalive, un romanzo scritto nel 1912 che si presenta già — scrive Pizzol nelle note di regia dell'adattamento scritto per i suoi attori, la Compagnia Bella — come una commedia con colpi di scena ben studiati, uno stile impeccabile da teatro, una conversazione irta di battute pungenti, modulata sui registri comico-drammatici, e un intreccio degno di Shakespeare.
Si tratta di un giallo senza delitto, ma con un vero processo che tiene viva l'attenzione del pubblico; non abbiamo sul banco d'accusa solo i fatti, ma l'interpretazione dei fatti, o, meglio ancora, l'interpretazione della vita stessa. «In certe epoche particolari, è necessaria una specie di preti, chiamati poeti, per ricordare agli uomini che non sono morti» ripete G.K.C. Ovvero, bisogna imparare di nuovo quel vangelo di meraviglia che consiste nel vivere intensamente l'istante. Per questo, Mr. Smith è il prototipo dell'uomo che non si accontenta di sopravvivere, e accetta il compito di svegliare tutti gli altri; dopo il suo arrivo, nota uno dei personaggi di Manalive, «a casa Beacon è scoppiata la salute. E la salute è più contagiosa della malattia».

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