martedì 23 giugno 2009

Che maschera indossava il dandy Oscar Wilde?

DI ALESSANDRO ZACCURI - da Avvenire del 20 Giugno 2009

Nella vita di tutti c’è un mistero, in quella di molti si nasconde un segreto. L’importante sta nel comprendere la differenza, specie quando si tratta di vicende complesse come quella di Oscar Wilde (1854­1900). Il dandy dalla battuta fulminante, certo. E lo scrittore di successo finito ai lavori forzati per la sua omosessualità, d’accordo.
Ma Wilde è soltanto questo?
Il suo segreto coincide veramente con quello dell’«amore che non osa pronunciare il proprio nome», secondo la formulazione di Alfred 'Bosie' Douglas, l’amante che fu all’origine della rovina di Wilde? Se così fosse, non ci sarebbe più posto per il mistero o, meglio, per quella ricerca dell’invisibile che, al contrario, è stato l’elemento dominante nell’esperienza di Wilde. ­A sostenerlo è Paolo Gulisano, uno studioso al quale si deve un’ormai lunga serie di contributi sulla letteratura anglosassone, caratterizzati dall’interesse per la dimensione del fantastico, lungo la direttrice che unisce la tradizione celtica alle invenzioni romanzesche di J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis.
Da questo punto di vista, il paese in cui vivono il Gigante egoista e il Principe felice – protagonisti di due tra le più belle fiabe di Wilde – non è troppo lontano da Narnia o dalla Terra di Mezzo, complice anche l’opera di George MacDonald, l’estroso narratore vittoriano a cui lo stesso Gulisano e Laura Vassallo hanno dedicato lo scorso anno un importante saggio (George MacDonald, il maestro della fantasia, edito dal Cerchio di Rimini).
Segreti e misteri, dunque.
Tra i primi c’è la questione del battesimo. Di sicuro Wilde ricevette il sacramento in punto di morte, portando a termine un percorso lungo e contraddittorio, che lo aveva spesso condotto a un passo dalla conversione al cattolicesimo. Ma il piccolo Oscar potrebbe anche essere stato battezzato in segreto dalla madre Jane Francesca Elgee, figura di spicca dell’indipendentismo irlandese. Per tutta la vita, del resto, Wilde nutrì per la Chiesa di Roma un’attrazione non soltanto estetica, condivisa con numerosi protagonisti della sua epoca, da Joris Karl Huysmans (l’autore di À rebours, il romanzo simbolo del decadentismo) fino a John Gray, l’amico divenuto sacerdote dopo essere stato modello del celeberrimo Il ritratto di Dorian Gray.
Quest’ultimo romanzo, con la sua trama di inganno e redenzione, è scelto da Gulisano come specchio della tormentata – e solo in apparenza scanzonata – avventura di Wilde, con un richiamo puntuale alle fonti e, in particolare, agli aforismi su cui ancora oggi poggia, in buona parte, la fama dello scrittore. Uno per tutti: «Coloro che vogliono una maschera devono indossarla». Questo non è un segreto. Ma che cosa si nasconda sotto la maschera rimane spesso un mistero.

Paolo Gulisano

IL RITRATTO DI OSCAR WILDE
Ancora. Pagine 192. Euro 14

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