È noto che Tolkien apprezzasse Chesterton, si dice in particolare il Chesterton poeta più del saggista; l'idea di mitopoiesi (cioè di generazione del mito), presente sia in Tolkien che in Lewis, trae le proprie origine proprio in Chesterton.
Ma al di là di questo, spesso si cita ma non si documenta questa relazione, questo debito che Tolkien sembra avere verso Chesterton.
Una pagina di un notissimo quanto poco letto saggio viene in nostro aiuto. Si tratta di On Fairy-Stories, parte del volumetto Tree and Leaf (in alto la copertina dell'edizione inglese HarperCollins), comprendente anche Leaf by Niggle e la poesia Mythopoeia. Non cerco di ricostruire le vicende editoriali e letterarie di queste tre produzioni, ma mi limito a dire che attualmente On Fairy-Stories è pubblicato in Italia da Bompiani col titolo Sulle fiabe nel volume Il Medioevo e il fantastico, comprendente ben altro (Beowulf: mostri e critici, Tradurre Beowulf, Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Inglese e Gallese, Un vizio segreto e Discorso di commiato all'Università di Oxford). Anche qui complesse vicende letterarie, oltre ad un'introvabilità del testo fondamentale della filosofia di Tolkien in lingua italiana per lunghi anni (uscì molti anni fa come Albero e foglia edito da Bompiani poi silenzio fino ad oggi, se non erro).
On Fairy-Stories approda ad un certo punto al paragrafo Recover, Escape, Consolation (tradotto come Riscoperta, Evasione, Consolazione: ho qualche perplessità sull'aver reso da parte del traduttore il termine inglese Recover con Riscoperta, e non solo questo termine), forse il luogo dove si viene di più al dunque di ciò che secondo Tolkien è lo scopo del mito e dei racconti fantastici:
Of course, fairy-stories are not the only means of recovery, or prophylactic against loss. Humility is enough. And there is (especially for the humble) Mooreeffoc, or Chestertonian Fantasy. Mooreeffoc is a fantastic word, but it could be seen written up in every town in this land. It is Coffee-room, viewed from the inside through a glass door, as it was seen by Dickens on a dark London day; and it was used by Chesterton to denote the queerness of things that have become trite, when they are seen suddenly from a new angle. That kind of “fantasy” most people would allow to be wholesome enough; and it can never lack for material. But it has, I think, only a limited power; for the reason that recovery of freshness of vision is its only virtue.
[traduzione: Naturalmente, le fiabe non sono il solo mezzo di riscoperta, la sola profilassi contro la perdita. Basta l'umiltà. E (soprattutto per chi è umile) c'è il Mooreeffoc, ovvero la Fantasia chestertoniana. Mooreeffoc è una parola immaginaria, ma la si può trovare scritta per esteso in ogni città di questo paese. È l'insegna di un coffee room, un caffè, vista dall'interno attraverso una porta a vetri, come fu vista da Dickens in una scura giornata londinese; e venne utilizzata da Chesterton per indicare la bizzarria delle cose divenute ovvie, quando sono osservate improvvisamente da una nuova prospettiva. La maggior parte delle persone concederà che questo genere di "fantasia" è abbastanza sana, e non può mai essere a corto di materiale (J.R.R. Tolkien, Il Medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano-Firenze 2022].
L'argomento è quello dello scopo dei racconti fantastici, recover, escape and consolation. Non sono l'unico mezzo per ottenere questo risultato, perché - dice Tolkien - c'è l'umiltà e pure il Mooreeffoc, cioè la fantasia applicata alla realtà da parte del Nostro Gilbert, cioè la bizzarria delle cose divenute scontate e che tali non devono rimanere. L'importanza di Chesterton è evidente nel percorso e nell'elaborazione di Tolkien.
Marco Sermarini
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