martedì 4 dicembre 2018

Che significa lealtà - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Non c'è modo di curare la confusione di pensiero se non ritornando ai luoghi comuni morali".


L'11 novembre 1911, Chesterton pubblicava sull'Illustrated London News (con il titolo: " The meaning of Loyalty") una serie di riflessioni molto profonde sul significato della lealtà. Era consapevole dello slittamento semantico delle parole al punto da vederne la crisi della civiltà, l'irrequietezza e l'instabilità di una "rivoluzione" che scardinava la libertà nella verità: "Oggigiorno le parole sono insieme sfrenate e sottomesse; in effetti, sono sfrenate perché sono state sottomesse ed è esattamente perché il loro significato è divenuto smorto e convenzionale che la loro applicazione è stravagante e a volte farsesca". Si era soffermato sulla "lealtà" come in precedenza lo aveva fatto sul significato del "voto", intendendolo quest'ultimo come legame con l'intelletto e vincolo morale. Il valore della lealtà costituiva quindi per Chesterton qualcosa di molto importante che lo investiva nella sua persona, in tutti i suoi ambiti, anche quello che potremmo chiamare la "nobiltà del sentimento": "La miglior definizione di lealtà è il sentimento dovuto a quelle cose con le quali abbiamo, in un certo senso, un impegno vincolante all'infinito". Non era tuttavia un sentimento esclusivo, personale, particolare ma, al contrario, apparteneva all'uomo in quanto uomo e quindi era universale: "Così un uomo deve lealtà a sua madre, anche se lei si dà al bere o alla politica dei partiti: può essere commisurato con un dono che è mistico e assoluto: il dono della vita stessa, e una vita data rischiando la morte…allo stesso modo un uomo deve lealtà al suo paese, perché egli non è in grado, neanche nell'immaginazione, di segnare alcun limite a ciò di cui è debitore alla cultura e all'ordine collettivi che hanno protetto la sua culla e dato forma alla sua mente". Questa profonda riconoscenza e riverenza si poteva ascrivere a quel sentimento di gratitudine che Chesterton nutriva per tutto ciò che ontologicamente il Creatore ci aveva dato: "Un uomo deve lealtà a quella Chiesa o religione che egli creda realmente essere divina…un vincolo di gratitudine così smisurato come quello di sentirsi dire la verità vera sulle cose. Tutte queste realtà hanno una radice nella ragione o nella natura delle cose". Pertanto, affermava il grande scrittore inglese, la mamma, la patria, la Chiesa costituivano in pienezza ciò che egli definiva con il termine "lealtà": "Questo è il vero senso della parola "lealtà"; e tutti i suoi usi secondari, quando sono legittimi, sono soltanto derivati da questo, così la lealtà di sudditi a un re, così l'obbedienza di monaci o penitenti…questa dunque è la lealtà: amare qualcosa come uno ama la propria madre, con una gratitudine infinita per un dono infinito". Lealtà significava assenza di tradimento, lode alla vita, lode al Creatore, lode alle proprie radici, mentre "tradimento" era ancora un termine morale per precisare quanti avessero abbandonato ciò che li doveva vincolare all'infinito. "Lealtà" la si poteva conservare con una visione trascendente, con un rapporto con il Creatore da creatura ferita dal peccato originale e tuttavia gioiosa e riconoscente di tutto: "La lealtà è dovuta solo a queste cose onnipresenti, queste cose che trattengono un uomo con un milione di radici; perché la lealtà, in fin dei conti, è dovuta solo a quella cosa ancor più alta che ci ha fatto tutti e che è al di sopra di tutti".

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