G.K. Chesterton
COME NON FARLO
G.K's Weekly, 16 maggio 1935
(Traduzione di Umberta Mesina)
Ci sono due modi riconosciuti per discutere con un Comunista; e sono sbagliati tutti e due. C'è anche un terzo modo che è giusto ma non è riconosciuto. Ora, io ho l'idea che, per un motivo o per l'altro, una parte notevole del nostro tempo sarà presto impegnata a discutere coi Comunisti. E mi piacerebbe accennare sia pure a grandi linee questa mia idea riguardo al modo giusto di farlo.
Curiosamente, i due modi più comuni di contraddire il Comunismo si contraddicono l'un l'altro. Il primo consiste nell'accusare il Bolscevico di ogni vizio. Il secondo, curiosamente, consiste nell'accusarlo di ogni virtù. Praticamente consiste nel contrapporre tutti i nostri vizi alle sue virtù; o supposte virtù. Questo è di gran lunga il più pericoloso dei due espedienti, perfino suicida; ma la sua natura richiede qualche spiegazione.
Il primo metodo comune, o convenzionale, perlomeno è abbastanza semplice. Il capitalista dice al Comunista: "Tu non entrerai in casa mia, perché so che le appiccheresti il fuoco; non parlerai alla mia famiglia, perché so che li faresti saltare in aria; sei un volgare ladro e assassino e io sono una persona altamente rispettabile e morale; e non come questo russo". Ora, a me non piace parlar così a un Bolscevico; perché non mi piacerebbe parlar così a uno scassinatore. È farisaico; e i farisei sono per i cristiani un nemico assai più antico dei marxisti. Ma comunque preferisco questo all'altro metodo, che trovo anche troppo diffuso tra coloro che affermano di difendere la proprietà o l'individualismo contro l'eresia marxista. Esso consiste in realtà nel dire al Comunista che è un idealista, o in altre parole che deve per forza aver torto per il fatto che ha degli ideali. In questo secondo caso, il Capitalista dice al Comunista: "Tu credi in un sacco di bubbole a proposito della fratellanza tra gli uomini; ma io, come uomo concreto, ti dico che ogni uomo vuole metter le mani su più che gli è possibile a proprio vantaggio, e negli affari schiaccerà perfino suo fratello se appena potrà. Ogni uomo deve obbedire a questo istinto di cupidigia". (Ho letto queste precise parole di recente in un attacco alla teoria bolscevica.) "Non puoi far funzionare le cose senza l'intrapresa privata; e non puoi produrre intrapresa privata senza allettarla o ricompensarla con lo scintillio della proprietà privata".
Le persone usano contro il Comunismo questi argomenti, come se fossero i soli argomenti contro il Comunismo; e poi si sorprendono che un gran numero di persone più giovani e appassionate diventino comuniste. Non sembrano vedere che, per questi giovani, il Capitalista in questione pare solo che stia dicendo: "Io sono un vecchio avido furfante e ti proibisco di essere qualcosa di diverso".
Ebbene, il vero, pieno e decisivo argomento contro il Comunismo è che la proprietà privata è molto più importante dell'intrapresa privata. Un borsaiolo rappresenta un'intrapresa privata, ma ci sarebbe difficile affermare che sia un sostenitore della proprietà privata. La proprietà privata non è un allettamento che esiste a vantaggio dell'intrapresa privata. Al contrario, l'intrapresa privata è semplicemente uno strumento o un'arma che a volte può essere utile per difendere la proprietà privata. Ed è necessario difendere la proprietà privata; semplicemente perché l'altro suo nome è libertà. Da un lato, non si tratta di una pura e semplice rispettabilità convenzionale; al contrario, l'uomo che ha una qualche proprietà e privatezza è il solo che può vivere liberamente la propriavita.
Dall'altro lato, non si tratta di puro e semplice permesso di commerciare, tanto meno del permesso di barare; al contrario, tutta l'importanza della proprietà sta nel fatto che solo in essa può essere nutrito naturalmente il sentimento dell'onore. Ci vorrebbe un po' di spazio per spiegarlo, e potrebbe volerci un po' di tempo per spiegarlo al Comunista. Ma perlomeno il Comunista ascolterebbe un po' più a lungo questo che non un tale che si vantasse solo delle proprie virtù o un tizio che si vantasse semplicemente dell'avidità.
Sul distrbutismo:
G. K. Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo, Rubbettino, 2011 - 2016
G. K. Chesterton, Il profilo della ragionevolezza, Lindau
Hilaire Belloc, Lo stato servile, Liberilibri, 1993,
ed altro ancora!
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