lunedì 6 agosto 2012

La questione dello scopo - Un articolo del nostro amico Stratford Caldecott

La questione dello scopo

A molti sembra che la nostra società, o a dire il vero quel che rimane della civiltà occidentale, stia cadendo a pezzi. La crisi economica, la crisi morale, la crisi ecologica e la crisi politica si combinano per creare una “tempesta perfetta”. Ma tutte hanno origine da un errore fondamentale. Come società abbiamo abbandonato un senso di ordine cosmico e morale a vantaggio di una crescita senza limiti e un progresso verso un universo interamente artificiale.

Un simile processo sta all’origine di un’altra crisi: la quinta, quella dell’educazione. Essa ha la stessa radice delle altre. L’educazione è in crisi non soltanto perché gli standard di alfabetizzazione o di matematica si sono abbassati, ma perché non abbiamo una visione coerente, come società, dello scopo dell’educazione o di ciò che essa intenda perseguire. Abbiamo supposto che, se non è solamente una gabbia per tenere i nostri giovani lontani dalle strade, il suo scopo è di addestrare gli operai alla grande macchina economica, la stessa macchina che speriamo produrrà ricchezza senza fine. Ma non possiamo sapere a cosa serva l’educazione, poiché non abbiamo più idea del perché esista l’uomo, o che cosa sia veramente un essere umano.

 

Come disse una volta Frank Sheed: “Questa domanda di scopo è un punto trascurato nella maggior parte delle discussioni sull’educazione, e tuttavia è piuttosto importante. Come si fa a preparare una mente umana alla vita se non si sa quale sia lo scopo della vita umana?”. Abbiamo bisogno di una filosofia dell’educazione basata su un’adeguata “antropologia” o immagine dell’uomo, se dobbiamo rimettere l’educazione sul giusto binario.

La tradizione cattolica – e più ampiamente la grande tradizione della civiltà occidentale – ha definito l’apprendimento umano nei termini di quello che divenne noto come “Arti Liberali”. Come descritto da S. Agostino e altri, queste consistevano in sette discipline, raggruppate in tre arti di linguaggio e quattro arti cosmologiche. Il primo gruppo del Trivio consisteva nella Grammatica, nella Dialettica e nella Retorica; il secondo, il Quadrivio, era formato da Aritmetica, Geometria, Musica e Astronomia. Entrambi i gruppi erano considerati propedeutici agli studi superiori di Filosofia e Teologia – cioè l’amore della Saggezza (philo-sophia) e la conoscenza di Dio (theo-logos).

Le Arti Liberali erano il nocciolo del curriculum alla cuore del sistema educativo classico e medievale. Io le ho indagate in due libri dedicati al Quadrivio e al Trivio rispettivamente: “Beauty for Truth’s Sake” (“Bellezza per il bene della verità”) and ”Beauty in the Word“ (“Bellezza nella Parola”) per scoprire la loro rilevanza, se esiste, per la nostra crisi educativa. Questo articolo è un tentativo di riassumere le conclusioni dei due libri.

Naturalmente c’è un’ovvia obiezione a qualunque tentativo di far risorgere questa tradizione al giorno d’oggi. Dal Medioevo la scienza ha fatto progressi. Il mondo è cambiato. Perché queste sette  particolari discipline ci interessano ancora? Come possiamo inserirvi altre materie importanti come Biologia, Storia, Geografia, Sociologia, Informatica e il resto, in una cornice così stretta? Perché dovremmo anche solo provarci?

Di certo è vero che tante cose sono cambiate. Sicuramente è cambiata in modo radicale la nostra visione del mondo e di noi stessi. Ciononostante, il vero mondo e la nostra vera natura rimangono quelli che erano un tempo, e le antiche categorie sono ancora importanti. Nel caso del Trivio, anche a un livello superficiale è chiaro che la conoscenza di come funzionano le lingue, come pensare in modo chiaro e come persuadere gli altri, sono tutti talenti oggi rilevanti come lo sono sempre stati. Aggiungere Latino e Grammatica inglese e un po’ di formazione nei principi della logica e dell’eloquenza, senza dimenticare alcuni Grandi Libri, al curriculum delle nostre scuole moderne sarebbe una grande idea. Ma il Trivio ha fondamenta molto più profonde, come pure le Arti Liberali in genere.

Risveglio (Trivio) 

La “Grammatica” tocca la radice stessa della nostra esistenza, la fonte del nostro essere. Nella Caritas in Veritate Papa Benedetto scrive della "grammatica" della creazione che "che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario" (48). Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2007 scrive di una "grammatica" trascendente iscritta nelle coscienze umane o nei cuori umani, nei quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio”. E scrivendo prima della sua elezione a Papa guardò a Platone per aiutarlo a comprendere questo fenomeno della coscienza come “simile ad una originaria memoria del bene e del vero (le due realtà coincidono)” e quindi come una “anamnesi [reminiscenza] del Creatore” (si veda il suo libro Sulla Coscienza). 

La grammatica non è solo l’insieme di regole del linguaggio, ma il primo dono dell’umanità, il legame con la nostra Origine attraverso la memoria, il linguaggio e la tradizione. Nel libro lo connetto con il termine greco Mythos, e il concetto di raccontare storie per definire la nostra identità e quella della nostra nazione e tribù. La parola “grammatica” è stata associata a lungo anche con la magia, perché con la grammatica affrontiamo le radici più profonde della nostra esistenza. Adamo, nel dare i nomi agli animali, divenne il primo grammatico.

Con la Dialettica ci spostiamo dal Mythos al Logos, cercando coscientemente la ragione delle cose. Questa è l’arte di discernere e scoprire la verità, di distinguere tra immaginazione e realtà. I dialoghi di Platone segnano la comparsa del metodo dialettico nella sua portata, la transizione da una verità poetica evocata o espressa simbolicamente in poesia e prosa nella chiarezza e precisione del pensiero logico. Ma dobbiamo mantenere il collegamento con la coscienza poetica – forse è per questo che Platone, anche se sosteneva la messa al bando degli artisti, lo faceva in forma artistica, esprimendosi attraverso il teatro del fantastico.

Il terzo membro del Trivio, la Retorica, deve fare il movimento dal Mythos e dal Logos all’Ethos. Tutt’altro che interessata solamente alle regole dell’eloquenza, essa si occupa della comunicazione delle anime a livello del cuore (“cuore parla a cuore”), e quindi della creazione della comunità. È più che una questione di conoscere le parole giuste. È l’arte della comunione, del creare armonia, del portare voci discordanti all’unisono. La verità o Logos della parola può essere comunicata solo nell’amore. E finché non è comunicata non è conosciuta completamente.

Quindi le tre arti del linguaggio consistevano nella reminiscenza dell’essere attraverso la Grammatica, lo svelamento della verità attraverso la Dialettica, e la comunicazione della comprensione attraverso la Retorica. Con questi tre fondamenti in mente possiamo iniziare a concepire nuovamente il curriculum della scuola. Le materie che scegliamo di insegnare possono essere molto differenti da quelle studiate nel Medioevo, ma ciò non è importante. Il Trivio ha a che fare con le fondazioni sulle quali è costruita l’educazione, le abilità più profonde che ci rendono umani, le vere abilità che l’educazione dovrebbe far emergere da noi. Qualunque cosa noi insegniamo, sia il parlare che la geografia, la storia o la chimica, dobbiamo farlo in un modo che rende la nostra umanità capace di crescere attraverso la memoria (essere), il pensiero (verità) e la comunicazione (amore). 

Ri-incanto (Quadrivio) 

Beauty for Truth’s Sake parla del Quadrivio. Queste quattro materie non sono semplicemente studi “matematici” opposti a quelli “letterari”. Se lo fossero staremmo solo replicando il moderno divorzio delle scienze dalle materie umanistiche. Esse trattano della ricerca continuata, sulla base appena stabilita, del Logos o Intelligibilità delle cose. 

Ogni componente del Quadrivio implica lo studio di modelli nel tempo o nello spazio, portando alla conoscenza della saggezza di fondo del Creatore espresso nella Creazione. Certamente questo è l’inizio dell’avventura scientifica, ma allo stesso modo è l’origine dell’arte. Tutte e due sono maniere di discernere il  Logos. L’arte esercita l’immaginazione, e così fa la scienza in altro modo, dove ogni grossa scoperta implica un salto creative. L’artista cerca la bellezza, e lo stesso fanno lo scienziato e il matematico.
L’abisso tra arti e scienze, che molti hanno rilevato e dibattuto, non è privo di collegamento con l’abisso che si è aperto nella civiltà moderna tra fede e ragione, benché non siano tutte la stessa cosa. La “ragione” che può essere separate dalla fede è una ragione ridotta, rachitica, chiusa alla possibilità del trascendente e quindi della bellezza.
Come scrivo nel libro, il divorzio della fede dalla ragione ha condotto o alla subordinazione della fede alla ragione (nel modernismo, nel positivismo ecc.) o della ragione alla fede (in varie forme di fideismo e nel fondamentalismo biblico estremo). Ma i semi del divorzio stavano nella riduzione della ragione al solo pensiero discorsivo. La cognizione è stata afflitta dalle stesse forze che affliggono la nostra libertà, e così, per riportare di nuovo insieme fede e ragione dobbiamo capire entrambe in maniera diversa, situandole in un mondo più ricco, più profondo e a tre dimensioni.  Dobbiamo capire che la fede non è cieca, ma è una luce che ci rende capaci di vedere più chiaramente anche il mondo naturale. E dobbiamo capire che la ragione è naturalmente aperta a Dio e ha bisogno di Dio. Se chiudiamo la porta al trascendente facciamo violenza alla sua natura. 
La fede non è opposta alla ragione, ma funziona come un costante pungolo, una sfida, una provocazione alla ragione. La fede sostiene di stare al di là della ragione, di parlare dal posto che la ragione cerca. Ma non sostiene di capire quello che sa, e non dovrebbe usurpare il ruolo della ragione in quel senso, non più di quanto dovrebbe contraddirla.
Conclusioni
La ricerca del Logos è la ricerca della verità, della bellezza e del bene. Questa è la ricerca del cuore umano di quello che gli serve per fiorire ed essere felice. Ed è l’unica base adeguata per una filosofia dell’educazione. Con il suo aiuto possiamo costruire una cornice in cui trova posto ogni tipo di ricerca umana, senza perdere di vista né il modo in cui, in ultima istanza, tutte le materie si connettono insieme, né della natura e dei bisogni della persona umana, che è l’oggetto dell’educazione. Invece di adattare il bambino al letto di Procuste dell’economia, adattiamo i nostri sistemi educativi alla natura del bambino, il cui significato e scopo trascendono quello della macchina economica.
Il nostro curriculum moderno è frammentato o frantumato in mille cocci luccicanti. Il segreto della loro unità sta nel Logos che è il principio di unità sia per il mondo che per la persona umana – perché la rottura del curriculum riflette la frammentazione della persona che è l’oggetto stesso dell’educazione.


© Stratford Caldecott, 2012

Traduzione di Gianmaria Spagnoletti


L'articolo nella sua versione originale si trova  in questo collegamento:
http://beauty-in-education.blogspot.it/2012/06/search-for-wisdom-in-education.html

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