di Ajay Kumar Singh
Cinque giovani indù colpevoli dell’omicidio del pastore battista Akbar Digal. Il vescovo cattolico di Bhubaneshwar spera che la sentenza “spinga i testimoni a non tirarsi indietro, e a deporre la verità nonostante le minacce”. Ad oggi i tribunali di Bhubaneshwar hanno condannato 19 persone rilasciandone 88.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - Prima condanna all’ergastolo per cinque giovani, imputati nei processi sulle violenze anti-cristiane nell’Orissa. Il tribunale del Kandhamal oggi ha comminato il carcere a vita per Papu Pradhan (30), Sabito Pradhan (30), Dharmaraj Pradhan (32), Mania Pradhan (28) e Abhinas Pradhan (29). I cinque sono stati dichiarati colpevoli dell’omicidio del pastore battista Akbar Digal e costretti a pagare anche una multa di 5mila rupie (circa 120 dollari) per incendi dolosi, saccheggi e roghi di abitazioni.
Si tratta del terzo processo con a tema un caso di omicidio. I due precedenti casi vedevano coinvolto, tra gli altri anche, Manoj Pradhan, membro del parlamento dell’Orissa per il partito indù Bharatiya Janata Party, ma si sono conclusi con la completa assoluzione degli imputati dall’accusa di omicidio.
Akbar Digal, 40 anni, era il pastore della comunità protestante del villaggio di Totomaha, parte del Gram Panchayat di Mondakia nell’agglomerato di Raikia. Il 26 settembre 2009, al momento dell’attacco degli estremisti indù l’uomo, aveva cercato rifugio nei campi mentre sua moglie, con i cinque figli, era scappata nella direzione opposta. Gli assalitori, decisi a raggiungere il loro obiettivo ad ogni costo, avevano cercato il pastore casa per casa saccheggiando le abitazioni e incendiandole. Pur nascondendosi nei campi Akbar non era riuscito a sottrarsi agli occhi degli estremisti. Una volta catturato lo avevano obbligato ad abiurare il cristianesimo e convertirsi all’induismo. Davanti al rifiuto di Akbar gli assalitori lo hanno decapitato e hanno tagliato a pezzi il suo corpo. Una volta che gli estremisti hanno abbandonato il villaggio, la moglie si è trovata davanti al corpo bruciato e ridotto a brandelli.
La notizia della condanna degli assassini ha ridato fiducia nella giustizia alla comunità cristiana del Kandhamal. Jay Prakash, 46enne fratello di Akbar afferma: “Siamo contenti che i giudici abbiano reso giustizia all’anima di nostro fratello. Gli attacchi barbarici esigono pene severe per i colpevoli”. Bulgan Digal, 48enne e fratello più anziano del pastore ucciso racconta: “Quando leggo sui giornali che i colpevoli vengono assolti perdo ogni speranza di una giustizia per noi. Questa sentenza spingerà i testimoni delle violenze a maggior coraggio, ridarà fiducia nella giustizia del Kandhamal alle vittime e sarà un deterrente per i criminali a ripetere simili brutalità nel futuro”.
La condanna dei cinque avviene in concomitanza con l’assoluzione di altri cinque imputati in un secondo processo per roghi e violenze contro i cristiani conclusosi oggi al tribunale di Bhubaneswar. Ad oggi le due corti che esaminano i casi legati ai pogrom hanno messo in carcere 19 persone rilasciandone 88.
Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, ha accolto con soddisfazione il verdetto. Il prelato spera che questo “spinga i testimoni a non tirarsi indietro, e a deporre la verità nonostante le minacce”, ma non nasconde di “essere preoccupato per le tante assoluzioni di accusati coinvolti in crimini incredibili e in omicidi” e invoca di nuovo “ferme investigazioni e la protezione dei testimoni”.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - Prima condanna all’ergastolo per cinque giovani, imputati nei processi sulle violenze anti-cristiane nell’Orissa. Il tribunale del Kandhamal oggi ha comminato il carcere a vita per Papu Pradhan (30), Sabito Pradhan (30), Dharmaraj Pradhan (32), Mania Pradhan (28) e Abhinas Pradhan (29). I cinque sono stati dichiarati colpevoli dell’omicidio del pastore battista Akbar Digal e costretti a pagare anche una multa di 5mila rupie (circa 120 dollari) per incendi dolosi, saccheggi e roghi di abitazioni.
Si tratta del terzo processo con a tema un caso di omicidio. I due precedenti casi vedevano coinvolto, tra gli altri anche, Manoj Pradhan, membro del parlamento dell’Orissa per il partito indù Bharatiya Janata Party, ma si sono conclusi con la completa assoluzione degli imputati dall’accusa di omicidio.
Akbar Digal, 40 anni, era il pastore della comunità protestante del villaggio di Totomaha, parte del Gram Panchayat di Mondakia nell’agglomerato di Raikia. Il 26 settembre 2009, al momento dell’attacco degli estremisti indù l’uomo, aveva cercato rifugio nei campi mentre sua moglie, con i cinque figli, era scappata nella direzione opposta. Gli assalitori, decisi a raggiungere il loro obiettivo ad ogni costo, avevano cercato il pastore casa per casa saccheggiando le abitazioni e incendiandole. Pur nascondendosi nei campi Akbar non era riuscito a sottrarsi agli occhi degli estremisti. Una volta catturato lo avevano obbligato ad abiurare il cristianesimo e convertirsi all’induismo. Davanti al rifiuto di Akbar gli assalitori lo hanno decapitato e hanno tagliato a pezzi il suo corpo. Una volta che gli estremisti hanno abbandonato il villaggio, la moglie si è trovata davanti al corpo bruciato e ridotto a brandelli.
La notizia della condanna degli assassini ha ridato fiducia nella giustizia alla comunità cristiana del Kandhamal. Jay Prakash, 46enne fratello di Akbar afferma: “Siamo contenti che i giudici abbiano reso giustizia all’anima di nostro fratello. Gli attacchi barbarici esigono pene severe per i colpevoli”. Bulgan Digal, 48enne e fratello più anziano del pastore ucciso racconta: “Quando leggo sui giornali che i colpevoli vengono assolti perdo ogni speranza di una giustizia per noi. Questa sentenza spingerà i testimoni delle violenze a maggior coraggio, ridarà fiducia nella giustizia del Kandhamal alle vittime e sarà un deterrente per i criminali a ripetere simili brutalità nel futuro”.
La condanna dei cinque avviene in concomitanza con l’assoluzione di altri cinque imputati in un secondo processo per roghi e violenze contro i cristiani conclusosi oggi al tribunale di Bhubaneswar. Ad oggi le due corti che esaminano i casi legati ai pogrom hanno messo in carcere 19 persone rilasciandone 88.
Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, ha accolto con soddisfazione il verdetto. Il prelato spera che questo “spinga i testimoni a non tirarsi indietro, e a deporre la verità nonostante le minacce”, ma non nasconde di “essere preoccupato per le tante assoluzioni di accusati coinvolti in crimini incredibili e in omicidi” e invoca di nuovo “ferme investigazioni e la protezione dei testimoni”.
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