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giovedì 31 maggio 2007
La cocaina nell'aria e le ultime della Turco.
Mesi fa uscì una ricerca che diceva che nel Po ci sono quantitativi di metaboliti della cocaina che denuncerebbero un consumo quattro volte superiore a quello "ufficiale" (i Ser.T., robe del genere). La Turco ha alzato, pure qualche settimana fa, le soglie di tolleranza della cannabis.
Nel contempo (questa è la seconda notizia sensazionale), cosa lodevole, vuole vietare la vendita delle sigarette ai minori di diciotto anni.
Fatemi capire, vi prego, cosa c'è di normale in tutto questo.
Un po' più di canne sì, il fumo no. Ma loro dicono che il fumo fa più male delle canne, della cocaina, di tutto...
Ma poi le canne come se le fanno? Ci hanno pensato, loro che sono così rispettosi della salute pubblica e della libertà delle persone?
Ma come si fa dico solo a pensarle, 'ste robe!
...ma sarà la cocaina nell'aria?
Porchetta in TV
Santoro parlerà nel suo programma "Anno Zero" del famoso "documentario" Sex Crimes and the Vatican, della BBC, anzi lo farà vedere. Il documentario è stato acquistato con i nostri soldi.
Ormai pure Repubblica bolla il "documentario" come una sòla, però Santoro pervicacemente insiste.
Abbiamo detto: operazione a tesi. Avvenire dice: operazione a tesi.
Amen.
Spero che la gente capisca che è una cosa inesistente e da pazzi, e si documenti, come abbiamo cercato di fare anche noi (seppure si capisse immediatamente che la cosa sapeva di sòla...).
Leggete Zenit, AsiaNews, Il Giornale, Il Foglio, tanto per fare qualche nome.
mercoledì 30 maggio 2007
Buon compleanno in ritardo, Gilbert!
Cavolo, ieri era il compleanno di Gilbert e ce ne siamo dimenticati!
Ci perdonerà mai, il carissimo amico?
Io sono sicurissimo di sì!
Se la starà ridendo come un pazzo, pensando a noi che ci diciamo chestertoniani, i chestertoniani d'Italia, e ci scordiamo proprio di lui!
Se la ride anche perché lui starà sicuramente ridendosela nell'eternità di fronte al Padre Eterno (al quale avrà raccontato una serie di storie fantastiche...) sull'uscio della casa con il lampione verde davanti e la cassetta della posta rossa, senza la quale non avrebbe lottato neppure un secondo per il Paradiso.
Ma c'è un lucidissimo chestertoniano, il fedelissimo Angelo da Dublino che ringrazio pubblicamente e che segue il blog come io seguo i suoi numerosi blog, che ci ha ricordato che c'era qualcosa da dire a Gilbert e prima di Gilbert al Padre Eterno:
GRAZIE MILLE!!!
Adesso ci sarà di sicuro quello che scriverà un commento dicendo: "io mi ero ricordato!", facendomi fare una figura da George Bernard Shaw... Allora io gli dico già da adesso: "Perché non me lo hai ricordato?".
Va bene, ora basta scherzare, ieri era il centotrentatreesimo compleanno di Gilbert, il che vuol dire che tra due anni ho la scusa di organizzare un'altra bisboccia come quella dello scorso anno per il settantesimo dalla morte.
Voi direte: "Ma che anniversario è il centotrentacinquesimo?" e giù considerazioni intelligenti, politicamente corrette e quant'altro. Io dico, come sempre: è sempre un'ottima scusa per continuare a mestare il torrone-Gilbert!
Ci basta? Eccome! Basta molto meno!
Per la cronaca, questo che vedete quassù è un autoritratto di Gilbert magro come uno spago all'età di venti anni. Mi pare giusto, per l'Uomo Vivo!
Auguri, Gilbert!
Una manifestazione interessante.
Paolo parlerà delle origini del fantasy, Fabio di Chesterton.
Chi è in zona può andare, credo sia una cosa interessante.
E' organizzata da un'associazione che si chiama EpicaMente, che si occupa di fantasy.
Cliccando il nostro titolo si viene rimandati al sito dell'associazione ed in particolare alla pagina del programma dell'evento.
martedì 29 maggio 2007
Le tesi di Augusto Del Noce sul vuoto che ci circonda.
Questo è il titolo di un interessante articolo del nostro amico chestertoniano Bobo Persico apparso sul numero in edicola del settimanale Tempi. Così Augusto Del Noce profetizzò l'era dei sacerdoti del laicismo, che svuotarono politica e religione per riempirle di niente.
Tutto previsto, dico io.
Cliccate sul nostro titolo e andate a casa dall'articolo...
giovedì 24 maggio 2007
Da Stranau.it: in Inghilterra tolto il bando alla creazione di embrioni-chimera, cioè ibridi uomo-animale.
Ringrazio Assuntina Morresi di www.stranau.it per questa segnalazione.
Fa proprio schifo.
Intanto avanza il Mondo Nuovo. In Gran Bretagna il governo ha tolto il bando alla creazione di embrioni chimera, cioè ibridi uomo-animale. E' stata presentata in parlamento una proposta per la revisione della legislazione sulla riproduzione assistita e sulla ricerca embrionale, in cui, tra l'altro, si autorizzano tre tipi di embrioni interspecie:
1- embrioni citoplasmatici, in cui a un ovocita animale si toglie il nucleo e si rimpiazza con quello di una cellula umana. La stessa tecnica con cui è nata la pecora Dolly, insomma, la cosiddetta clonazione terapeutica, che però fino ad ora negli esseri umani non ha mai funzionato, ha prodotto solo le bugie del veterinario coreano Hwang.
2- embrioni umani transgenici: embrioni umani alterati dall'introduzione di una sequenza di DNA nucleare o mitocondriale di provenienza animale. (quindi no ai carciofi transgenici, che signora-mia-quanto-fanno-male, ma degli embrioni chissenefrega)
3- Chimera umano-animale: un embrione umano alterato per introduzione di una o più cellule animali.
Che cosa sono queste creature? Dicono che sarà vietato farle crescere oltre le due settimane, ma in quelle due settimane cosa sono state?
D'ora in poi si parlerà di umanità in percentuale. Sarà almeno lecito porsi il problema dell'umanità di chi certe cose le pensa e le progetta?
“Sex Crimes and the Vatican”, tra calunnia e mistificazione
Da leggere e diffondere per difendere la nostra Chiesa da questa lurida porchetta che le stanno facendo intorno.
“Sex Crimes and the Vatican”, tra calunnia e mistificazione
Travisati due documenti vaticani per attaccare il Papa
LONDRA, mercoledì, 23 maggio 2007 (ZENIT.org).- Il documentario della BBC dal titolo “Sex Crimes and the Vatican”, al centro di un infuocato dibattito in Italia, è frutto di mistificazioni volte ad accusare Benedetto XVI della copertura di abusi sessuali di minori da parte di sacerdoti cattolici.
E' questo il giudizio che avevano espresso già a suo tempo i Vescovi cattolici di Inghilterra e Galles, dopo che la televisione britannica aveva mandato in onda il 1° ottobre 2006 il filmato di 39 minuti su alcuni casi di pedofilia.
I responsabili del programma avevano affermato di aver svelato documenti vaticani volti ad evitare l’esame di denunce di abusi di minori e avevano accusato Papa Benedetto XVI di aver difeso i sacerdoti dalle indagini nel suo precedente ruolo di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
In realtà, il programma non fa alcuna rivelazione, perché i due documenti erano già stati resi pubblici. In particolare, il documento del 1962 “Crimen sollicitationis”, emesso dalla Congregazione del Sant’Uffizio – in seguito, Congregazione per la Dottrina della Fede –, era già stato pubblicato anche da organi della stampa nel 2003, e non affronta in modo specifico il tema degli abusi sessuali.
La normativa, dall’altro lato, come hanno già spiegato in passato alcuni esponenti della Santa Sede, in particolare l’allora Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Arcivescovo Tarcisio Bertone, era già stata superata con la pubblicazione di documenti successivi.
Mentre l'altro documento al centro del documentario della BBC, la Lettera “Ad exequendam”, inviata nel 2001 dal Cardinale Ratzinger ai Vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati, circa i delitti più gravi riservati alla medesima Congregazione per la Dottrina della Fede, va in direzione opposta di un insabbiamento dei casi di abusi sessuali da parte di un sacerdote o di un religioso ai danni di un minorenne.
Infatti con la Lettera “si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei gerarchi ci sia una sollecita cura pastorale”.
Il Cardinale Cormac Murphy-O’Connor, Arcivescovo di Westminster e Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Inghilterra e Galles, nell'ottobre del 2006 aveva inviato una lettera a Mark Thompson, Direttore generale della BBC, “per esprimere l’enorme dispiacere e allarme della comunità cattolica” per la trasmissione del programma.
“Nessuno può negare i devastanti effetti dell’abuso di bambini nella nostra società e il danno inflitto alle vittime e alle loro famiglie. Ciò è particolarmente vergognoso quando questo abuso viene commesso da un sacerdote ed è ovviamente legittimo diffondere elementi relativi a questo male”, aveva riconosciuto il porporato.
“Ad ogni modo – aveva aggiunto –, il vostro programma finisce per infliggere un grave danno a Papa Benedetto, guida di un miliardo di cattolici in tutto il mondo. E’ piuttosto chiaro, per me, che l’obiettivo principale del programma è cercare di collegare Papa Benedetto alla copertura degli abusi di bambini nella Chiesa cattolica. Ciò è malizioso e non rispondente a verità, e basato su una falsa presentazione dei documenti della Chiesa”.
“Non riesco a capire perché nessuno della vostra impresa abbia compiuto alcun tentativo di contattare la Chiesa cattolica in questo Paese per assistenza nella ricerca di informazioni accurate sulla questione”, aveva denunciato il Cardinale.
“Mi devo chiedere se all’interno della BBC non ci sia un persistente pregiudizio nei confronti della Chiesa cattolica – aveva poi concluso –. Molti, non solo cattolici, si chiederanno se la BBC vuole ancora essere realmente obiettiva in alcune delle sue presentazioni”.
Da parte sua, monsignor Vincent Nichols, Arcivescovo di Birmingham e Presidente dell’Ufficio Cattolico per la Protezione dei Bambini e degli Adulti Vulnerabili (COPCA, dalle iniziali in inglese), aveva pubblicato, sempre agli inizi di ottobre del 2006, un comunicato in cui riconosceva che, “come soggetto erogatore di servizio pubblico, la BBC dovrebbe vergognarsi dello standard di giornalismo utilizzato per creare questo attacco ingiustificato a Papa Benedetto XVI”.
“Gli spettatori riconosceranno fin troppo bene le tattiche sensazionaliste e l’indirizzo fuorviante del programma, che utilizza vecchi filmati e interviste non datate. Sapranno che gli aspetti del programma fanno riferimento ad un attacco profondamente prevenuto contro una stimata guida religiosa mondiale”, aveva aggiunto.
Il Vescovo aveva poi parlato di attacchi “falsi e totalmente fuorvianti” ai danni del Papa.
“E’ falso perché travisa due documenti vaticani e li usa in modo piuttosto fuorviante per collegare gli orrori degli abusi di bambini alla persona del Papa”, aveva sottolineato.
“Il primo documento, emesso nel 1962, non è direttamente collegato agli abusi sessuali di bambini, ma all’errato uso del confessionale – spiegava poi –. Questo è sempre stato un crimine molto serio nel diritto ecclesiastico. Il programma confonde l’errato uso del confessionale e i tentativi immorali di un sacerdote di mettere a tacere la sua vittima”.
“Il secondo documento, del 2001, ha spiegato il diritto ecclesiastico, assicurando che il Vaticano è informato di ogni caso di abuso di bambini e che ogni caso viene affrontato in modo adeguato”, aveva sottolineato.
“Questo documento non ostacola le indagini delle autorità civili nelle denunce di abusi di bambini, né è un metodo di copertura, come il programma afferma ripetutamente. E’ una prova della serietà con cui il Vaticano affronta questi reati”, osservava.
“Dal 2001, il Cardinale Joseph Ratzinger, allora capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha compiuto molti passi per applicare il diritto ecclesiastico alle denunce e ai reati di abuso di bambini con minuziosità e scrupolo”, aveva quindi aggiunto il presule in rappresentanza dei Vescovi dell’Inghilterra e del Galles.
martedì 22 maggio 2007
Sex crimes and the Vatican: l'offensiva avanza.
Io l'ho visto -non per intero- qualche mese fa su internet.
E' evidentemente e scopertamente un documentario a tesi.
Si vuole dimostrare che siamo una banda di porci, e che siamo porci per colpa della nostra religione. Nasce in un ambiente (quello anglosassone) in cui da anni anzi da decenni non si fa che parlare degli scandali sessuali dei preti. Trova spunto anche da vicende irlandesi, dove, dopo che per secoli le forze contrarie alla Chiesa hanno tentato in ogni modo di distruggere la presenza della Chiesa nell'Isola Verde (con persecuzioni, uccisioni, deportazioni, vessazioni di ogni tipo di cui pochissimi parlano), hanno trovato il modo di attaccare la Chiesa.
Sono andato per la prima volta in Irlanda nel 1994, sui tabloid già si parlava di preti e sesso. Sono tornato nel '95, nel '99 e nel 2000, e ogni volta era peggio. I quotidiani ci campano su queste porcherie, vere o inventate.
Non parliamo degli Stati Uniti, dove un perverso sistema giudiziario ha costretto la Chiesa a vendersi anche le chiese. Spesso su l'onda di casi finti.
Campagne scandalistiche.
Premesso che sono tristezze assolute, quelle che vengono narrate, io sono d'accordissimo con quello che dice mons. Betori, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. Mi meraviglio di chi non lo capisce e prende tutto come oro colato, ed oro colato non è. Basta dire una menzogna e ripeterla a voce alta più volte perché diventi verità. Ecco lo scopo di Santoro e compagni.
"Non vogliamo alcuna censura - ha detto durante la conferenza sui lavori dell'assemblea generale della Conferenza episcopale Mons. Betori- ma se il documentario dovesse essere trasmesso in Italia vorremmo che ci fosse almeno una chiara presa di distanza da tutte le falsità che questo documentario sembra contenere".
Betori ha giustamente criticato il fatto che il filmato consideri un documento vaticano del 1962 come emanazione del cardinale Ratzinger mentre all'epoca questi era un semplice teologo.
Quest'interesse per la questione ha un fine evidentissimo: alimentare il clima anticlericale e soprattutto anticattolico che sta aleggiando in Italia, mascherandolo da "dobbiamo parlarne perché non accada più".
Un po' come la storiella dei Dico: non sono famiglia, non sono solo per gli omosessuali. Intanto però hanno inventato un bel matrimonietto (all'italiana) per gli omosessuali, con quello che verrà dopo.
L'importante è buttare fango sulla Chiesa, per questi qua.
Il resto sono solo chiacchiere.
mercoledì 16 maggio 2007
C'eravamo!
Stavamo facendo uno spuntino prima di arrivare in piazza San Giovanni, reduci da una visita alla Basilica di Santa Croce, a vedere la Santa Reliquia e la tomba della serva di Dio Antonietta Meo detta Nennolina, una futura santa che dovete conoscere.
Spero di trovare altre prove della nostra presenza quel giorno.
Comunque eravamo belli lieti, io e zio Mario, ed in ottima compagnia.
La Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati!
E tutta quella bellissima ciurma che abbiamo incontrato poi!
Siamo sempre nuovi!
Partito radicale di massa
Boselli ha ricacciato la breccia di Porta Pia, tanto per far capire a cosa pensa questa gente quando fa le manifestazioni a Piazza Navona...
Lei, la Pollastrini, tutta bella tirata a lucido, si strappava le vesti, faceva tante mosse con la faccia, con le spalle, con le mani, tutte di orrore, schifo, puzza, no, scusate, cattivo odore ("è volgare!" come direbbe Carla Bruni/Rosario Fiorello di Viva Radio Due), ogni volta che qualcuno dei presenti diceva qualcosa di non conforme a quello che la sua testa di donna democratica le diceva.
E' il classico modo di fare di questi signori che pretendono di insegnarci sempre cosa è bene e cosa è male, cosa è pulito e cosa è sporco.
Quando la ragione non arriva più, la buttano in cagnara come possono: le mosse, le facce (perché non è che posso mandarci in quel paese nel sano, vecchio modo, non è politicamente corretto...), una volta ti dicevano che non avevi "l'agibilità democratica" e poi "i compagni che sbagliano" ti buttavano le molotov sotto casa...
Oggi qualcosa è cambiato. Si va da Bruno Vespa e si pontifica.
Bagnasco dice la messa con la scorta, loro sono per la famiglia, noi siamo integralisti e clericali.
Una cosa sana (oltre a Giacobbe e alla Roccella) l'ha detta Sandro Bondi (che abitualmente non è che sia nell'elenco di quelli che porterei a mangiare con me...): questa gente di sinistra di oggi è cambiata, da gente di cultura e impostazione popolare è diventata gente radicale e libertaria. E' questa la vera differenza.
Una volta i comunisti erano persone che tenevano alla famiglia vera. Ora fanno ridere con tutti quei distinguo: sì ai Dico, non vanno alla manifestazione del coraggio laico, non vanno al Family Day, però vanno al Gay Pride (coi gonnellini di banana e tutto il resto dell'armamentario: ma ti immagini Enrico Berlinguer al Gay Pride? e Togliatti? Pajetta, con quella smorfia burbera costante che si ritrovava, ce lo vedete? Ma per piacere!).
I margheritini è meglio che non ne parliamo... Tolti quei cinque-sei (Bobba, Binetti e altri...) che hanno detto chiaro e tondo come la pensavano su questa cosa ridicola e bizantina dei Dico (molto birbesca, molto ammannita come la mandrakata del secolo, ti dicono: è per tutti, mica è il matrimonio degli omosessuali di Zapatero...), gli altri si sono saponettizzati.
Mi è venuto in mente quel racconto di Guareschi in Mondo Piccolo, oggetto tra l'altro di uno dei brillanti film della saga cinematografica di Peppone e Don Camillo, in cui Peppone si invaghisce della delegata del partito piuttosto graziosa che veniva dalla città...
La moglie di Peppone faceva i numeri, Peppone che si vedeva che non capiva più niente...
Oggi? I Dico, Bruno Vespa...
martedì 15 maggio 2007
Due orecchie... per sentire solo se stessi.
Fassino: "Sui Dico andiamo avanti
La laicità è un valore irrinunciabile".
Noi non avevamo dubbi. Bisognerà vedere se riuscirete ad andare avanti.
Cliccate il titolo e vedrete l'articolo di Repubblica, l'organo ufficiale del risentimento laicista, dello stracciamento di vesti, degli alti lai contro gli integralisti...
Family Day - un articolo di Marina Corradi
Voi lo pensate, noi lo diciamo - 3
Sono perfettamente d'accordo e vorrei tanto che ne parlassimo tra amici.
Sono anni che lo dico.
Il neretto è tutto mio.
Da Il Giornale n. 113 del 15 Maggio 2007, pagina 12
Un successo che scuote anche la Chiesa
di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
Che cosa hanno voluto dirci il milione di manifestanti che sabato hanno sfilato a Roma per il Family day? Se lo chiedono in tanti, preoccupati dall’inusuale mobilitazione di una porzione della società. Le diagnosi si sprecano, e si sprecano pure gli atti d’accusa: una manifestazione antigovernativa, una prova di forza della Chiesa, un simbolo di quel neoguelfismo rinascente e mai morto in Italia, uno schiaffo alla sinistra, e via spoliticando. Ma a noi sembra, molto più banalmente, che il popolo del Family day abbia solo voluto portare nel cuore del Paese, là dove si fanno e disfano le leggi, tre segnali forti e chiari.
Il primo: il matrimonio e la famiglia sono un bene oggettivo, patrimonio di tutti gli uomini, credenti e no. Questa manifestazione ha chiesto a gran voce la liberazione di un prigioniero politico: la laicità, per troppo tempo presa in ostaggio dal gotha degli intellettuali laicisti e dalla sinistra egemonica di stampo radicale e libertario, relegando chi non fosse d’accordo nella comoda riserva indiana del cattolicesimo. Come se non esistesse un problema reale, tangibile e inevitabile: la definizione del nocciolo duro di valori, di contenuti e di beni - morali e talora anche giuridici - che sta sempre alla base di ogni esperienza politica che chiamiamo Stato di diritto. Far credere che, per essere un laico a tutto tondo, devi essere a favore dei Dico è una truffa, prima ancora che morale, intellettuale.
In secondo luogo, questa manifestazione ha spezzato quel sortilegio mediatico in base al quale - ogni volta che qualche frangia progressista entra in azione per spazzare via un pezzetto di tradizione e identità culturale - subito un sondaggio conferma che «il Paese è pronto, la maggioranza lo vuole». Dopo Roma può ripartire un confronto serio e ragionevole fra le diverse anime del Paese, che abbia il coraggio di mettere in discussione il dogma del «totalitarismo democratico»; cioè l’idea per cui la democrazia sarebbe un guscio vuoto, una pura forma dove la volontà di potenza dei più decide qualsiasi contenuto della legge.
Terzo, ma non ultimo per importanza, «contenuto» del Family day: un segnale forte e chiaro che scuote la Chiesa al suo interno. Perché - vogliamo scriverlo senza imbarazzi clericali - se siamo giunti allo scontro politico culturale sui Dico è anche, o forse soprattutto, perché da anni è in atto uno scontro ben più grave e lacerante all’interno dello stesso mondo cattolico. Girando per parrocchie e per diocesi si può toccare con mano l’esistenza di importanti e tutt’altro che marginali defezioni. Che non riguardano solo le associazioni storicamente legate al «cattolicesimo democratico»; non riguardano solo i soliti preti più o meno pittoreschi, in salsa no-global o catto-comunista. Il malessere sale fino alle curie episcopali, nelle quali siedono talvolta vescovi che - parlando sottovoce o tacendo - non condividono ciò che Benedetto XVI o il cardinale Bagnasco vanno insegnando, coerentemente con la dottrina millenaria della Chiesa. Sembra prendere corpo la drammatica profezia di un Papa insospettabile come Paolo VI, il quale nel 1974 preconizzò una Chiesa nella quale si sarebbe diffuso a macchia d’olio «un pensiero non cattolico», capace di diventare forse maggioritario, ma che - concludeva Montini - non sarebbe mai diventato «il pensiero della Chiesa». Fra i credenti si è molto restii a scrivere queste cose, perché si teme possano suonare come un segno di debolezza, o peggio di mancanza di rispetto nei confronti della gerarchia.
Ma noi pensiamo si debba abbandonare ogni indugio, e rendersi conto che siamo giunti a un punto di svolta: c’è un Papa che, nella tempesta della post modernità, lotta per tenere ben saldo il timone della barca di Pietro; ci sono vescovi, biblisti, facoltà teologiche, riviste «cattoliche» che - come una ciurma ammutinata - non vogliono più prendere ordini da lui. E poi c’è il popolo dei fedeli, che mostra segni di insofferenza per pastori che trasformano la dottrina cattolica in un fervorino progressista sulla raccolta differenziata e la pace nel mondo. Forse - almeno noi lo speriamo - la marcia del Family day è un segno che il Papa, da oggi, è un po’ meno solo.
lunedì 14 maggio 2007
Family day: l'intervento di Eugenia Roccella.
Guardate che bella foto!
I coraggiosi laici quanti millenni ci mettono per appiccare insieme le copie di tante piccole foto per farci credere che erano tanti?
Oh, ragazzi, è andata meglio delle più rosee aspettative!
Bellissimo!
E ho pure visto più di qualche prete! Sono contentissimo!
Ho visto tanta gente brava, e gli oratori sono stati tutti bravissimi.
Però devo fare uno specialissimo plauso alla Roccella, che ha avuto il coraggio di citare una cosa che a noi chestertoniani sta molto a cuore: il senso comune!
Che secondo me è quello che ha portato tanta gente qualsiasi a Piazza San Giovanni, tanti cani sciolti. Oltre alla santa grazia di Dio, senza la quale non si fa nulla.
INTERVENTO DI EUGENIA ROCCELLA
Cari amici, siamo qui in tanti, siete venuti da tutta Italia, con fatica, portando con voi le vostre famiglie, rinunciando a una giornata al mare, o a casa, in tranquillità. Ma avete sentito che quest’appuntamento era importante, più importante di una gita, di un sabato in famiglia.
In questi giorni ci hanno chiesto mille volte perché saremmo venuti a piazza San Giovanni, perché chiedevamo agli italiani di venire. Chiediamocelo ancora una volta: perché siamo qui? Siamo qui perché abbiamo nel cuore un’esperienza fondamentale, che ci unisce: siamo tutti nati nel grembo di una donna, generati da un atto d’amore tra un uomo e una donna. Siamo tutti figli: laici e cattolici, credenti e non credenti, islamici ed ebrei, omosessuali ed eterosessuali. E’ su questo che si fonda l’unicità della famiglia: sulla capacità di tessere un filo di continuità tra le generazioni, padri, madri, nonni, nipoti, antenati, di collegare passato e futuro dell’uomo, di dargli speranza nel domani. La famiglia vuol dire legami che danno il senso della continuità temporale; ma vuol dire anche rapporti di prossimità e vicinanza, la capacità di creare le reti di parentela, cioè gli zii, i cugini, e poi i rapporti di solidarietà tra famiglie, quelli che costruiscono il senso della comunità. Spesso accusano la famiglia di essere chiusa, egoista, ma è vero il contrario: è il cuore delle relazioni tra persone, delle amicizie e delle solidarietà. Non siamo qui a esibire le nostre famiglie, a ritenerci superiori a qualcuno o a giudicare gli altri. Le nostre famiglie sono come tutte le altre: belle, brutte, così così: famiglie in cui si litiga, in cui si soffre, magari non ci si capisce, e che qualche volta si rompono. Ma sono preziose in ogni caso, perché proteggono gli individui dall’invadenza dello stato e del mercato e creano quel senso profondo di appartenenza, di consapevolezza delle origini, così necessario allo sviluppo dell’identità individuale, della personalità.
Attraverso la famiglia non si trasmette solo il patrimonio, ma soprattutto cultura, fede religiosa, tradizioni, lingua, esperienza. La famiglia è una cellula economica fondamentale, centro che ridistribuisce il reddito non secondo le capacità, ma secondo i bisogni e gli affetti; ed è il nucleo primario di qualunque stato sociale, attraverso i compiti di sussidiarietà che si assume; è in grado di tutelare i deboli, i piccoli, i malati, i vecchi, e di scambiare protezione e cura nel corso di tutta l’esistenza. Noi non diciamo che chi non si sposa non sia famiglia: lo è certamente sul piano degli affetti, e nessuno si permette di giudicare i comportamenti dei singoli. Siamo ancora legati a una vecchissimo principio: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma la famiglia, così come la riconosce la nostra Costituzione, si fonda sul matrimonio, cioè su un impegno preso davanti alla collettività, un impegno forte di durata, basato sui doveri reciproci e sulle garanzie per le parti più deboli, i figli in primo luogo.
Il matrimonio è una costruzione pubblica, e per questo da sempre, in tutte le civiltà, esiste un rito di festa, in cui sono coinvolti i parenti, gli amici, la comunità. Si assumono impegni, si fanno promesse, garantite dai testimoni e sancite dalle autorità religiose oppure civili, e si dichiara solennemente al mondo che sarà per sempre. Poi certo, le cose umane declinano, falliscono, ed è giusto prevedere i modi per riparare ai danni.
Noi siamo qui, da laici, a difendere il matrimonio civile, quello della costituzione, che si può sciogliere attraverso il divorzio. Ma agli impegni presi con il matrimonio non ci si può sottrarre con facilità: le responsabilità restano, coniugi e figli hanno diritti incancellabili, anche quando il matrimonio si rompe. Il resto, le unioni di fatto, le convivenze, l’amore in tutte le sue mille forme precarie o durature, sono storie di individui, regolate da diritti individuali, che forse hanno bisogno di qualche correzione, ma niente di più.
Tutti hanno la libertà di contrarre e sciogliere legami d’amore, di vivere le proprie emozioni senza certificarle con il matrimonio, però c’è una strana contraddizione. Chi accusa la famiglia di essere un luogo di repressione che soffoca le libertà dei singoli, è spesso la stessa persona che chiede di poterla imitare, di replicarne qualche regola o rituale. Chi rifiuta il matrimonio e critica l’idea che l’amore possa essere riconosciuto dal cosiddetto “pezzo di carta” è spesso la stessa persona che pretende almeno un mezzo riconoscimento pubblico, una firma sul registro, insomma proprio il famoso pezzo di carta. Ma lo ripetiamo: esiste già il matrimonio civile, che noi siamo qui a difendere, esiste il divorzio e la possibilità di rifarsi una famiglia.
Diversa è la situazione degli omosessuali, che mi sembra chiedano il riconoscimento pubblico delle loro unioni non tanto per ottenere alcuni diritti individuali, che si potrebbero assicurare con altri strumenti, piuttosto come forma di legittimazione sociale. Ma se vogliamo eliminare ogni discriminazione, se vogliamo costruire una società dell’accoglienza, dobbiamo alimentare una cultura che sappia rispettare ogni persona per quello che è. Una cultura che tuteli la dignità dell’uomo in qualunque condizione, anche se non è inserito in una categoria riconoscibile, anche se non ha nessuna forza politica a difenderlo.
In questo paese la famiglia ha resistito a lungo, nonostante l’abbandono in cui è stata lasciata per decenni da parte della politica, e nonostante sia stata forte, in alcuni momenti storici, quella che è stata definita la cultura dell’antifamiglia, che individuava nell’istituzione familiare la fonte di quasi ogni male sociale. C’è stata, e c’è tuttora, una strana guerra tra il senso comune e il luogo comune: il luogo comune è fatto da quello che vediamo alle televisioni, che leggiamo sulla stampa, che ci viene proposto da una gran parte della classe dirigente e delle élite di questo paese, da tanti attori, cantanti, registi, uomini di cultura. Il senso comune, invece, è quella resistenza del cuore che unisce tanti di noi, e ci impedisce di credere davvero, e di aderire, alla visione del mondo che viene proposta: il senso comune è l’esperienza della nostra vita e delle persone che amiamo. Questa resistenza ha sempre avuto nella Chiesa cattolica un grande punto di riferimento, lo abbiamo sentito nelle parole di Giovanni Paolo II, così semplici e chiare, e tutti noi gli dobbiamo un grazie.
Ma c’è un altro grazie che voglio dire, un grazie che nessuno dice mai: grazie a tutte le donne che sono qui, grazie all’amore, alla passione, alla generosità che le donne mettono nello sforzo di costruire e mantenere in piedi le famiglie. Grazie alle mamme, spesso sole nella loro volontà di fare figli, tanto che ormai esiste un grave divario tra il desiderio di maternità e la sua realizzazione: secondo le indagini, le donne vorrebbero in genere più bambini di quanti poi riescono a farne, perché la società glielo rende difficile, e la politica non le aiuta. Grazie per il coraggio, gli equilibrismi, i piccoli eroismi quotidiani; e grazie anche ai padri, perché noi vogliamo che la paternità resti un modello importante per gli uomini, perché vogliamo responsabilità genitoriali condivise, e non madri sole, come accade nei paesi del Nord Europa che ci vengono sempre proposti come modello di civiltà.
Vorrei chiudere con questo ringraziamento, e chiedere che il vostro applauso sia dedicato non tanto a noi che siamo sul palco, ma a voi che siete qui, e a tutti i genitori di questo paese.
venerdì 11 maggio 2007
Questo vedrete domani (tra le tante altre mille belle cose) a Piazza San Giovanni a Roma.
mercoledì 9 maggio 2007
Saremo di certo in molti a Piazza San Giovanni.
Oggi parlavo con alcuni amici del Family Day.
Qualcuno dice che è stato un gesto azzardato, che sarà un rischio se non riempiremo la piazza. I laicisti di tutte le risme chiamano a raccolta i loro marrani cultural-spettacolari per dire che siamo fuori dal tempo, che siamo sciocchi, che torniamo indietro, che contrastiamo "lo spirito del Concilio Vaticano II" (?!?).
Senza dubbio è una considerazione "politica", quella di dire che una riuscita solo parziale della manifestazione (= poca gente presente) può far male alla buona causa, è di certo una considerazione che ha un suo peso.
Però io, Uomo Vivo, penso che non dobbiamo farci condizionare da questo.
Mi hanno riferito di preti che avrebbero detto che queste manifestazioni non servono, che loro "hanno da fare" (?!?): ma cosa hanno da fare? Non so cosa ci sia di più importante da fare, quel giorno, oltre sostenere in un gesto intelligente il popolo smarrito dai tanti messaggi distorti.
Mi hanno riferito anche di preti che hanno detto: "Se attacchi quel manifesto lì in fondo alla chiesa poi te lo strappo" (il manifesto sarebbe quello del Family Day).
Non so chi sta peggio, se il prete che dice "ti strappo il manifesto" o quello che dice "ho altro da fare".
Però questo la dice lunga su tutta la storia, su dove siano i pastori e dove il gregge.
Basterebbe ricordare ai preti che la CEI ha detto: i vescovi no alla manifestazione, ma i preti sì, ci vadano. Ma qualcuno ha detto che l'obbedienza non è più una virtù e allora...
Io comunque continuo a confidare nel senso comune del nostro buon popolo, che due anni fa lasciò con le pive nel sacco radicali, fassini, fini, cattolici adulti, ferille, veronesi, benpensanti, capiscioni e non andò a votare per il referendum sulla legge 40.
Direte: un conto è non andare, un conto è alzarsi presto e andare a Roma, con bambini, con famiglie, un casino...
E' vero.
Però continuo a confidare nel fatto che il gregge stavolta seguirà il richiamo dei Pastori che hanno chiesto aiuto nella difesa della struttura stessa della società e della Chiesa, entrambe in pericolo.
Noi andremo. Io porterò il cartello della Società, e chi vuole venga con me, ci troveremo a piazza San Giovanni con tante persone con ancora la voglia di difendere qualcosa e di riproporre un modello che ha funzionato per secoli e per millenni, contro un modello che vuole solo morte, sterilità e distruzione mascherate da "vitalismo", da "libertà", da "amore", da "desiderio".
Sono certo che ci sarà, in un certo qual modo, anche Gilbert, con la sua scatola di sapone, il suo pancione, la sua bella faccia allegra. E allora sono certo che ci divertiremo.
I tristi a piazza Navona, gli uomini veri a piazza San Giovanni.
P.S.: oh, ragazzi, dai, per piacere, non scherziamo, portiamo gli amici anche col triciclo, per favore, non ascoltiamo i pazzi e i fenomeni, tutti a piazza San Giovanni!!!
mercoledì 2 maggio 2007
Berciano e non sanno quello che dicono. Però non è una scusa sufficiente perché continuino a parlare.
ROMA, 2.
Anche questo è terrorismo. È terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa. È terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore, l'amore per la vita e l'amore per l'uomo. È vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile. Ed usando argomenti risibili, manifestando la solita sconcertante ignoranza sui temi nei quali si pretende di intervenire pur facendo tutt'altro mestiere. Ieri, dunque, al tradizionale concerto del 1° maggio, in piazza San Giovanni, uno dei "conduttori" ha tenuto un piccolo comizio nel quale ha mischiato varie cose e varie aggressioni verbali, dando vita ad un confuso e approssimativo discorso sull'evoluzionismo e sui temi della vita e della morte. Tutto questo di fronte a circa 400.000 persone e ad un più numeroso pubblico televisivo. I sindacati ed altri partecipanti alla manifestazione si sono dissociati dalle parole del "conduttore". Eppure resta il fatto che questo personaggio, al quale purtroppo si è costretti a concedere ora un'immeritata notorietà, da qualcuno è stato scelto. E chi l'ha scelto non ha tenuto conto del momento che stiamo vivendo. Le parole del "conduttore" forse sono solo espressione di una sconcertante superficialità. Ma la loro pericolosità non è altrettanto superficiale. Sono di queste ore gli attacchi e le minacce, pesanti, rivolte al Presidente della Cei, l'Arcivescovo Angelo Bagnasco, cui è arrivata l'apprezzata solidarietà del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si sta battendo con coraggio anche sul tema degli incidenti sul lavoro. Sono di queste ore anche gli slogan nei cortei inneggianti ai terroristi, i messaggi che appaiono su internet, provenienti da "br" in carcere, un'offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell'odio anticlericale. Un odio purtroppo coscientemente alimentato da chi fa del laicismo la sua sola ragione d'essere, per convenienza politica. Lo dimostrano le interpretazioni capziose di discorsi fatti dallo stesso Presidente della Cei, discorsi condotti sempre, come si diceva, in nome dell'amore, in difesa del bene dell'uomo, ragionamenti articolati e argomentati, rivolti a chi ha l'onestà di ascoltarli. Eppure qualcuno li ha forzati per aprire una "guerra" strisciante, una nuova stagione della tensione, dalla quale trae ispirazione chi cerca motivi per tornare ad impugnare le armi, per rivitalizzare organizzazioni che hanno perso su tutti i fronti, primo fra tutti quello della storia. Anacronismi. Come quella presenza sul palco a San Giovanni. Un residuato in mezzo a tanti giovani.
(©L'Osservatore Romano - 2-3 Maggio 2007)
Noi siamo amici di Mons. Bagnasco.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il presidente dei vescovi italiani, mons. Angelo Bagnasco, fatto oggetto di pesanti minacce, ha ricevuto il sostegno del papa e della Chiesa italiana, che lo esortano a non farsi intimidire. Ieri mattina ha ricevuto prima una telefonata personale di solidarietà da parte di Benedetto XVI, poi un telegramma ufficiale. Nel messaggio scritto a nome del papa dal segretario di stato vaticano card. Tarcisio Bertone, il pontefice esorta anche l’arcivescovo a ''continuare ad operare per il bene comune, difendendo e promuovendo quei valori umani e religiosi, senza i quali non e' possibile costruire vere, libere e stabili democrazie''. Il papa si dice anche ''profondamente addolorato e colpito'' per i ''gravi e deprecabili episodi che turbano la serena convivenza della comunità ecclesiale e civile''.
Mons. Bagnasco, arcivescovo di Genova, è da tempo preso di mira con pressioni e minacce. All’inizio di aprile era stato messo sotto scorta, dopo che sul portale della cattedrale della sua città e in diverse città italiane sono apparse scritte contro di lui. Giorni fa egli ha pure ricevuto una busta contenente una pallottola e una sua foto segnata da un mirino.
L’ostilità verso rappresentanti della Chiesa italiana è cresciuta dopo che i vescovi hanno dichiarato la loro opposizione a un progetto di legge che legalizza le unioni di fatto, anche fra omosessuali. Secondo i vescovi il progetto di legge (detto “sui Dico”) svilisce il valore naturale e spirituale della famiglia come rapporto fra uomo e donna e mina la stabilità della società. Per questo la Chiesa italiana ha programmato per il 12 maggio un raduno nazionale chiamato “Family Day”, a sostegno della famiglia naturale.
Solidarietà a mons. Bagnasco è anche giunta da diverse sezioni del mondo politico italiano. Nella scorsa settimana, alcuni politici italiani di estrema sinistra al Parlamento europeo avevano cercato di accusare il prelato e la Chiesa di “omofobia”.