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lunedì 30 aprile 2007
Chi è che canta Ireland's Call?
Oh, voi non ci crederete ma quello che canta Ireland's Call (post di qualche giorno fa...) è Andrew Strong, quello che nel film The Commitments -anno 1991, tratto dall'omonimo libro dello scrittore irlandese Roddy Doyle- impersonava Deco, il cantante biondo ed animale, con una splendida voce, bastardo come pochi. Simpatico già solo per quello.
Non ci posso credere.
Accompagnato dal Portadown Male Choir.
Bella roba.
martedì 24 aprile 2007
A proposito di famiglia...
Aderiamo tutti!!!
Family Day - Si avvicina, non facciamo i vecchi, la faccenda è seria.
Il 12 maggio saremo tutti in piazza San Giovanni a Roma, per chiedere Più Famiglia, così come descritto dal manifesto dell'iniziativa, che trovate cliccando il nostro titolo (lo prendiamo dal sito degli amici di CL).
Nelle varie regioni ci si sta velocemente organizzando. E' importante riempire fino all'inverosimile la piazza: che ognuno si attivi, si informi e si organizzi. Per tutte le informazioni si può contattare il CALL CENTER del Family Day, allo 06.6896930, dal lunedì al venerdì con orario continuato 9-19, e il sabato dalle 9 alle 14.
Allora, una raccomandazione: non facciamo i vecchi, che pensiamo che qualcun altro andrà di certo, che quel giorno non possiamo, che abbiamo un grande impegno...
Per piacere: andiamo tutti! Schieriamoci! Facciamoci vedere!
Bloggers, aiutatemi a pubblicizzare la cosa! innocenzosmith, apota, angelo di Dublino, tutti quanti!
Chesterton andò a farsi menare per molto meno!!!
Sarebbe lì con noi, anzi, sapete che vi dico? CI SARA' DI SICURO, L'UOMO VIVO!!!
C'è o non c'è la comunione dei santi? Crediamo al Credo?
lunedì 23 aprile 2007
Chesterton è forte!
Pubblichiamo questa foto, che peraltro trovate sul sito della parrocchia di Gilbert, la parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù di Beaconsfield, dove visse e morì il Nostro Caro Amico, nel cui cimitero Gilbert e sua moglie Frances sono sepolti (e dal 1988 anche la segretaria Dorothy Collins, in un certo senso la figlia che i due coniugi non avevano mai avuto).
Ritrae il momento della benedizione della prima chiesetta sorta lì. Come vedete era di lamiera ondulata. Gilbert contribuì alla sua edificazione.
D'altronde come avrebbe potuto non farlo, lui che amava gli aspetti concreti, "grassi" di ogni faccenda?
Pensate che amava tanto la concretezza che ne Le Avventure di un Uomo Vivo gli scappò detto (o meglio, fece dire al suo alter ego, Innocenzo Smith) che se il Paradiso non gli serbava una casa col lampione verde davanti e la cassetta della posta rossa non sarebbe valsa la pena di combattere e patire per esso...
I protagonisti di questa vicenda ritratta in questa bella foto (guardate, uomini vestiti da uomini, preti vestiti da preti...) sono Chesterton, A. S. G. Butler, F.R.I.B.A. (così è scritto sulla didascalia inglese, dicono sia l'architetto della chiesa...), il vescovo Cary-Elwes, padre T. Walker, padre W. S. Bainbridge.
Io sono per la concretezza. Andate allora a vedere il sito della parrocchia di Gilbert. Ci tengono, i cattolici inglesi, a dire che sono suoi amici, che condividono lo stesso suolo, la stessa chiesa, lo stesso credo e tante altre cose per cui si è battuto Gilbert.
Il sito è www.littleflower.co.uk (il "piccolo fiore", little flower, non è che la cara Santa Teresina del Bambin Gesù, quella di indimenticabili pagine di storia della Chiesa, patrona delle missioni e protagonista silenziosa di un bel volumetto, "La leggenda del Santo Bevitore" di Josef Roth, Adelfi editrice, pochi euro, leggete pure questo).
Chesterton è attuale - 8
L'articolo parla dei due felici anni di pontificato di Papa Benedetto XVI, e termina con questo inciso:
"Così, è il fascino irripetibile di questo “evento reale” che fa dire al grande teologo, al grande pensatore, al grande maestro di spiritualità, che oltre a tutto e più di tutto, più dei libri, più della capacità speculativa, più dell’introspezione, conta nel cristianesimo l’esperienza dell’amicizia misericordiosa di Colui che scelse di affidare al discepolo che Lo aveva rinnegato tre volte (a “un povero pescatore, in una lontana provincia, presso un piccolo mare, quasi segreto”, per dirla con Chesterton) la custodia e la guida della Sua barca, la Chiesa, tra le onde della storia".
Evviva Benedetto ed evviva Chesterton!
L'articolo intero lo trovate cliccando il nostro titolo.
domenica 22 aprile 2007
Ireland's Call
Ho trovato l'inno della squadra nazionale di rugby irlandese, che come sapete è "all Ireland", quindi composta da giocatori sia della Repubblica d'Irlanda che dell'Irlanda del Nord.
E' molto bello. Le parole sono belle e piene di orgoglio.
Se cliccate il titolo, potete ascoltarle e vedere una specie di video su www.youtube.com.
Io sono innamorato dell'Irlanda e -a prescindere da questo- penso, con tutto rispetto per gli altri, compresi i nostri bravissimi e valorosissimo italiani che hanno fatto un Sei Nazioni 2007 indimenticabile, che sia una delle squadre più forti e più interessanti del mondo, come stile di gioco, agile, veloce e bello a vedersi.
La foto qui sopra è dell'ultima partita del 6 Nazioni 2007, Italia-Irlanda, vinta dagli irlandesi (ma bisogna dire che, parte venti minuti di buio assoluto, abbiamo dato del bel filo da torcere ai paddies...), una bella rissa tra De Marigny ("italiano"), D'Arcy e O'Gara (irish)...
Che bello sport!
1
Come the day and come the hour
Come the power and the glory
We have come to answer
Our Country's call
From the four proud provinces of Ireland
Chorus
Ireland, Ireland,
Together standing tall
Shoulder to shoulder
We'll answer Ireland's call
2
From the mighty Glens of Antrim
From the rugged hills of Galway
From the walls of Limerick
And Dublin Bay
From the four proud provinces of Ireland
(Chorus)
3
Hearts of steel
And heads unbowing
Vowing never to be broken
We will fight, until
We can fight no more
For the four proud provinces of Ireland
(Chorus)
giovedì 19 aprile 2007
Un bell'articolo di Ferrara dedicato al Papa.
mercoledì 18 aprile 2007
I FIGLI DI HURIN
Il libro, pubblicato l'altroieri nella versione inglese, sembra che apparirà sugli scaffali delle nostre librerie il prossimo 16 settembre..
Tolkien cristiano
S’intitola «I figli di Hurin» e uscirà ad aprile su iniziativa del figlio Christopher. Che vuole restituire l’autentica visione cristiana del grande autore fantasy, dopo la trilogia del film «Il Signore degli anelli» basata troppo sullo spettacolo e su grandi battaglie ma poco sui valori religiosi
Di Gabriele Brambilla
Innanzitutto una precisazione: il nuovo "inedito di Tolkien", così come è definito dai "più", non è un inedito. In senso assoluto, s'intende.
I figli di Hurin (The Children of Hurin), che nella versione inglese uscirà il prossimo 16 aprile - per quella italiana, edita da Bompiani, bisognerà aspettare probabilmente l'inizio dell'estate ( metà settembre, vedi sopra) -, è già stato pubblicato, seppur in parte, in alcune delle opere del più celebre scrittore inglese fantasy del '900: tra le altre, il Silmarillion, un insieme di racconti fantastici che John Ronald Reuel Tolkien (1892 - 1973) scrisse al fronte durante la Prima guerra mondiale, ma che fu pubblicato soltanto nel 1977, quattro anni dopo la sua morte.
All'interno del XXI capitolo di quest'opera, la primissima a cui l'autore si dedicò, Tolkien racconta le vicende di un eroe, tale Hurin, e dei suoi figli alle prese con il Signore del Male, l'oscuro Morgoth. In una Terra percorsa dagli orchi, Túrin, uno dei figli di Hurin, inizierà una guerra personale contro la supremazia del nemico sulla Terra di Mezzo.
La storia, incompiuta, ci porta in un'epoca antecedente a quella in cui è ambientata l'opera più nota di Tolkien, Il Signore degli anelli, quando il mondo era più giovane e gli scontri tra uomini ed elfi contro il male avevano un sapore ben più cosmico e drammatico. Ed è facile che il sapore del dramma che si avverte leggendo i racconti di Hurin sia stato una conseguenza della tremenda esperienza che Tolkien visse personalmente in trincea durante il conflitto del 1915-18.
«Nei racconti pubblicati c'è inoltre tutta un'allegoria di radice cristiana - commenta
Tutta l'opera del grande scrittore è intrisa di morale cattolica e di simbolismi religiosi: Morgoth, ad esempio, un tempo era un angelo, proprio come Lucifero. Ma per rabbia, superbia e invidia scapperà dal Paradiso e ostacolerà Dio e il suo creato (tra cui elfi e uomini, ndr). Dove Tolkien scrive di situazioni in cui è il male a prevalere, se ne distacca, facendo trasparire la speranza cristiana che il male possa essere redento».
E a conferma di una profonda ispirazione cattolica, lo stesso autore dello Hobbit scrisse in una lettera al padre gesuita Robert Murray: «Dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so». Fa parte del simbolismo cristiano, nel libro prossimo alla pubblicazione, anche lo stesso concetto di eroe: un eroe del sacrificio, e della rinuncia del potere, ovvero del male. «E non c'è amore più grande di quello di chi sacrifica la vita per i propri amici», sottolinea Gulisano.
A Cristopher, figlio di Tolkien e principale custode della sua opera incompiuta - fu lui a portare alle stampe lo stesso Silmarillion, come anche i dodici volumi della serie la Storia della Terra di Mezzo -, ci sono voluti trent'anni per ricostruire l'opera, oltre che per le integrazioni grazie agli appunti inediti sulla leggenda di Hurin: «E' per questo che il libro non può considerarsi un'opera totalmente di Tolkien, ma frutto di un lavoro a due mani», prosegue Gulisano.
Purtroppo - continua - non ci è ancora dato sapere quanto e quali argomentazioni Cristopher abbia aggiunto ai racconti già pubblicati. A proposito vige un clima di ferrea riservatezza».
Sicuro è che il figlio di Tolkien, ormai 86enne, con quest'ultimo omaggio al padre ha ardentemente voluto replicare alla versione cinematografica del Signore degli anelli. Sue recenti dichiarazioni sottolineano come il film abbia tralasciato i contenuti più profondi e i veri valori in cui Tolkien padre credeva: «E' stato come se Cristopher avesse detto: leggete la storia di Hurin. L'opera di mio padre non è solo spettacolarità e battaglie. E' anche la speranza cristiana», conclude Paolo Gulisano.
(25.02.2007)
martedì 17 aprile 2007
Una bella canzone.
WHAT A WONDERFUL WORLD
(George Weiss / Bob Thiele)
I see trees of green, red roses too
I see them bloom for me and you
And I think to myself, what a wonderful world
I see skies of blue and clouds of white
The bright blessed day, the dark sacred night
And I think to myself, what a wonderful world
The colours of the rainbow, so pretty in the sky
Are also on the faces of people going by
I see friends shakin' hands, sayin' "How do you do?"
They're really saying "I love you"
I hear babies cryin', I watch them grow
They'll learn much more than I'll ever know
And I think to myself, what a wonderful world
Yes, I think to myself, what a wonderful world
Oh yeah
Belle scoperte su Gilbert.
Vale la pena.
Ci sono citazioni come questa:
"Io conosco il Dio sconosciuto -[disse p.Brown]- Conosco il suo nome: è Satana. Il vero Dio si fece carne e dimorò fra noi. Ed io vi dico che ovunque voi troviate uomini dominati unicamente dal mistero, questo mistero non è che iniquità. (...) Se voi credete che qualche verità sia insopportabile, sopportatela." (da La saggezza di p.Brown, "La parrucca rossa", p.669).
Oppure questa:
"brutta copia della bontà (..) è la remissività o ripugnanza a crear contrasti".
Da L'Avvenire di oggi.
Tolkien, esce oggi l’ultimo romanzo
Trentaquattro anni dopo la morte di J.R.R. Tolkien, esce a Londra un altro e probabilmente ultimo romanzo postumo dell’autore del «Signore degli anelli». L’oculato amministratore dell’eredità di Tolkien, il figlio Christopher, ha sistemato alcuni manoscritti del padre e dato alle stampe «The Children of Hurin» (I figli di Hurin) nel quale, ha assicurato, non c’è niente di sua invenzione. La storia era già uscita in modo meno articolato nel 1977 sotto il titolo «The Silmarillion». Il nuovo libro edito dalla HarperCollins, sugli scaffali da oggi, riprende le atmosfere e i temi cari a Tolkien ed è ancora più tetro del «Signore degli anelli» e dello «Hobbit». Il romanzo è ambientato ancora una volta nella Terra di Mezzo, in una zona che prima della comparsa degli hobbit era sommersa dalle acque, e racconta la tragica storia di Turin e di sua sorella Nienor, inseguiti da Morgoth.
Buoni consigli di Gilbert.
Trevisan a Pinerolo (grande!).
Ecco il resoconto dell'ultima avventura chestertoniana del nostro ottimo e simpaticissimo Fabio Trevisan (mi raccomando, con l'accento sulla a, lui ormai ci tiene che lo si dica e Alessandro Gnocchi sostiene che se non si pronuncia correttamente il nome del nostro eroe veneto, egli poi possa morirne di un coccolone...).
E' un caro amico, Fabio. Ed inoltre mi è molto simpatico, per questo suo indomito spirito di avventuriero, con quel suo occhio da cannoniere che punta sempre l'infinito...
E' un vero chestertoniano e quindi tutte le imprese dei chestertoniani vanno giustamente strombazzate ai Quattro Venti (notate l'inutile uso della maiuscola, così chestertoninano...).
Poi questa merita tantissimo: Chesterton amava intrattenere durante noiosissimi party inglesi i bambini presenti lanciando in aria carote e riprendendole con la bocca...
Poi guardate che belle facce! Basterebbero quelle!
Io sono sinceramente commosso di tutto questo ambaradam messo su da Fabio, e vi dico che a Giugno a Grottammare lo replicheremo, con tutto il nostro popolo, al Chesterton Day "grasso".
Siete tutti invitati già da ora!
Chesterton day at school
Venerdì 16 marzo 2007, grazie al gentile e prezioso invito di Suor Claudia Frencia, insegnante presso l’ Istituto Maria Immacolata di Pinerolo (TO), ed alla fattiva collaborazione dell’amico Luca Finatti di Torino, ho proposto ai genitori, ai docenti e agli alunni della scuola media un incontro di formazione che battezzerei volentieri “Chesterton Day at school”.
Scusate il paragone, ma mi sono sentito un po’ come Innocenzo Smith ed il suo bagaglio dell’ottimista, quando ho iniziato ad estrarre dal cilindro (pardon, dalla valigia) due burattini che potevano ricordare vagamente l’intrepido “Uomo Vivo” che tutti i chestertoniani conoscono ed il rettore del Brakespeare College, prof. Eames, illustre filosofo pessimista.
Davanti agli occhi sgranati delle incuriosite e un po’ sbigottite insegnanti, ho fatto passare tra le mani - anzi, tra le dita - dei divertiti ragazzi quei burattini di tela che ho animato con quelle tre (sì, proprio tre) magiche dita che il grande Chesterton paragonava alle tre dita benedicenti del sacerdote.
Con uno splendido schermo alle spalle e sotto la sapiente regia di Suor Claudia ( a proposito, rivelo ora un segreto che è secondo solo a quello di Padre Brown: sssst, Suor Claudia è una grande attrice, invitatela a Grottammare) ho proiettato delle immagine tratte dalle favole : “La bella e la bestia” e “Alice nel Paese delle Meraviglie” commentandole, prendendo lo spunto dalla morale delle favole di chestertoniana memoria.
Con i ragazzi abbiamo fotocopiato le illustrazioni del grande Raffaele Bruni (lo ringrazio per le geniali caricature messe a disposizione) per poterle ricopiare o colorare a piacimento.
Non solo, su suggerimento della mia gentil consorte, abbiamo consegnato loro alcune fotocopie tratte da fotografie che illustravano le fasi evolutive (macchè evoluzione, Chesterton c’era già tutto fin da bambino) del grande inglese.
Ho fatto scrivere ai ragazzi, per poter fare apprezzare lo stile di Chesterton, alcune rinomate frasi paradossali tipo : “Tutte le strade portano a Roma; per questo molta gente non c’è mai stata” che hanno fatto trasalire momentaneamente le insegnanti, le quali, dopo aver cancellato ogni dubbio sull’incipiente demenza del sottoscritto, si sono asciugate le fronti madide di sudore in segno di serena accettazione del fatto ( o meglio, qualcuno dirà del fato).
Con l’ausilio di Suor Claudia, abbiamo fatto sperimentare l’ebbrezza della scrittura paradossale ai ragazzi (ad imitazione chestertoniana), con esiti molto incoraggianti almeno per il sottoscritto (non so quanto per le insegnanti).
Scherzi a parte, c’è sembrato che le stesse insegnanti fossero coinvolte nella lezione paradossale suggerita dal grande G.K.C.
Nel pomeriggio, assieme alla “grande” suora (sì, ora possiamo dirlo, rivelando un altro terribile segreto: Suor Claudia è una appassionata chestertoniana!) abbiamo provato con un gruppo di ragazzi e ragazze a recitare alcuni passi tratti dalle opere di Gilbert ed a cantare quella fantastica canzone che tutti ormai conosciamo e che bisognerebbe imparare e far imparare obbligatoriamente (questa è la sana democrazia di cui tutti abbiamo bisogno) in tutte le scuole: la canzone di Padre Brown di Renato Rascel.
Si è canticchiato pure l’inno : “O God of earth and altar” composto da Chesterton nel 1912 e si è letto, distribuendone le copie anche ai genitori, la toccante poesia : “Se solo fossi nato” (già letta con i Gruppi Chestertoniani Veronesi del nostro Roberto Prisco durante la Giornata per la Vita).
Con i ragazzi abbiamo quindi recitato, cantato, pregato, mangiato, giocato… un po’ di tutto ciò di cui abbiamo un impellente bisogno e un desiderio struggente.
Alla sera, nel teatrino della Casa Madre, davanti ai genitori, abbiamo riproposto le scene chestertoniane provate nel pomeriggio: inutile dire che i ragazzi ne erano entusiasticamente coinvolti.
Con l’amico Luca Finatti (che ha vestito gli insoliti, sdruciti panni di un imponderabile Padre Brown ) abbiamo recitato alcune scenette con la comparsa del celebre ladro Flambeau, poi convertitosi alle buone opere sotto la sapiente regia di Padre O’Connor (alias Padre Brown).
I ragazzi, dopo aver studiato con Suor Claudia alcuni particolari della vita di Chesterton, hanno escogitato un’intervista postuma (un po’ sulla falsariga di quella da me scritta ) al grande scrittore inglese, sottoponendo il sottoscritto a delle brucianti e intelligenti domande dal vivo sotto alcuni pseudonimi da loro brillantemente inventati, tipo Diana McKenzie o Konrad Royce.
Anche i genitori sono stati, forse loro malgrado, coinvolti in questa dilettevole e spero istruttiva ed insolita serata chestertoniana.
Considerazione finale : sarebbe molto bello poter riproporre questa fantastica esperienza anche in altre scuole italiane.
lunedì 16 aprile 2007
Chesterton è attuale - 7
Da Il Giornale n. 14 del 16.04.2007 pagina 1
La conversione a piedi nudi di Castelli
di Stefano Zurlo
Un pellegrino s’inerpica a piedi nudi sulle pietraie scoscese di Medjugorje. Sarà lui? Sì, è proprio lui: Roberto Castelli, l’ex paganeggiante ministro leghista. Le sacre ampolle, i riti celtici, il pantheon germanizzante sono lontanissimi. «Anch’io ho un mio percorso e mi pongo delle domande», afferma lui, stranamente timido e quasi indispettito per quelle foto scattate a sua insaputa il giorno di Pasqua. Occorre insistere, a lungo, per strappare al presidente del gruppo leghista al Senato qualche parola. E per scoprire che quel viaggio non è stato un caso, ma una scelta: «Mia moglie Sara è molto religiosa, accende Radio Maria alle 6 del mattino, appena si sveglia. Io sono assai più dubbioso, però sono affascinato dalla figura di Cristo, anche se faccio fatica a pensarlo il figlio di Dio, e ho sempre seguito per ragioni personali le apparizioni di Medjugorje. Non posso pensare che tutti quelli che vanno in Erzegovina siano matti o creduloni. C’è qualcosa, qualcosa di inspiegabile, una scintilla divina, anche se faccio molta fatica a definire il mistero Medjugorje».
«La cosa più incredibile dei miracoli - amava ripetere Chesterton - è che qualche volta accadono davvero». Anche fra le montagne della ex Jugoslavia? Castelli osserva col binocolo della ragione. Scruta, con la pellicola di scetticismo che tutti noi nati dopo l’Illuminismo ci portiamo dietro. E non giudica.
L’ex ministro esita, centellina le parole, chiede ripetutamente il rispetto della privacy. «Vede, io sono un personaggio pubblico, e non ho problemi a declinare davanti agli italiani anche i miei hobby e le mie passioni: ho commentato la vela in tv, non solo la politica. Ma questa è un’altra storia. Molto, molto personale».
Una trama di incontri, suggestioni, riflessioni. «A dieci anni sapevo a memoria la messa in latino, poi, non trovando risposte, mi sono allontanato dalla Chiesa». Per molti anni il Castelli ingegnere acustico, cresciuto a equazioni e formule, ha cacciato l’altro Castelli, immerso nel mistero del cosmo, da qualche parte, in un angolino invisibile. Poi è arrivato Bossi e con lui lo scintillante armamentario dell’ideologia leghista, quel mix fra l’acqua celtica dell’Eridano e i vessilli di Lepanto.
Invece, l’altro Castelli, quel fanciullo chierichetto, era sopravvissuto e bussava alle porte della coscienza. Fino a trovare un passaggio: «È la seconda volta che vado a Medjugorje, anche per ragioni personali. Mi sono tolto le scarpe spontaneamente, perché volevo immedesimarmi nel clima di sacrificio del luogo. Poi non è che sia stata una grande fatica, figurarsi, per un montanaro come me», e per un attimo riaffiora l’orgoglio lumbard. Quel temperamento roccioso, assai lontano dall’iconografia del baciapile.
Ma subito, ecco la rettifica: «Tutti continuano a ripetere che mi sono sposato col rito celtico, ma naturalmente non è vero. È vero che un giorno sui prati di Pontida io e mia moglie Sara, insieme a tante altre coppie, abbiamo fatto una promessa di matrimonio davanti a Bossi. E questo è tutto, ma non ho più alcuna intenzione di smentirlo. Tanto ogni volta si ricomincia da capo».
Difficile seguire il perimetro della religiosità dell’ex ministro. Difficile classificarlo, nel ricchissimo supermarket della spiritualità postmoderna. Difficile raccapezzarsi fra teorie scientifiche con venature antipositivistiche, ricordi del catechismo, suggestioni di altre religioni. Però qualche dato certo c’è: sotto la scorza ruvida, il «colonnello» leghista coltiva quelle domande che molti considerano una zavorra dell’adolescenza. Sorpresa: fra una polemica con Prodi e un faccia a faccia con il suo successore Clemente Mastella, Castelli cerca sempre i colori dell’arcobaleno nel cielo brumoso della vita. «Il giorno di Pasqua sono salito con Sara sul monte Krizevac, dominato da una grande croce bianca eretta nel 1933 e contenente un frammento della vera Croce di Cristo. A Medjugorje volevo sciogliere un voto».
Di più, il senatore non sillaba. Ma c’è da scommetterci: tornerà da quelle parti. L’anno scorso, intanto, senza dire niente a nessuno, è andato da padre Eligio, altra figura fondamentale nel suo planetario, e si è confessato. Come non gli capitava da quarantasei anni.
Stefano Zurlo
venerdì 13 aprile 2007
Chesterton è attuale - 6
BORGONOVO - Le principali questioni bioetiche, dalla fecondazione artificiale all'aborto, dall'uso delle droghe all'eutanasia, ma anche le problematiche legate ai Pacs e al nuovo concetto di famiglia che sottintendono, sullo sfondo, una più generale riflessione del nichilismo verso il quale sembra incamminata la società contemporanea. Sono alcuni dei temi affrontati da Francesco Agnoli nel libro Voglio una vita manipolata (edizioni Ares), che è stato presentato all'auditorium della rocca di Borgonovo, in una serata organizzata dall'assessorato alla cultura del Comune. All'iniziativa è intervenuto l'assessore Franco Cravedi. L'autore, collaboratore del Foglio e di Avvenire, fondatore del circolo culturale "Il castello", nel volume segue un preciso filo conduttore: mettere in luce «tutte le modalità attuali, violente, contro natura, con cui la vita viene riplasmata, pianificata, ricostruita o distrutta dal piacere del singolo, dell'individuo». Sotto accusa finisce «la scienza che oggi rischia di tradire se stessa e la sua storia», rinnegando «l'ammirazione e lo stupore originari, sostituendoli con la presunzione e l'orgoglio».
Pubblicato nel 2005, quando si dibatteva sul referendum abrogativo della legge 140 sulla fecondazione assistita, il libro è recentemente uscito in una seconda edizione riveduta e ampliata. Nella prefazione, il direttore di Avvenire, Dino Boffo, cita il romanziere cattolico inglese G. K. Chesterton (papà dell'investigatore padre Brown), che nel 1922 aveva dato alle stampe il saggio Eugenetics and other evils (Eugenetica e altri mali), «tra le primissime denunce pubbliche delle teorie eugenetiche». Pochi anni dopo sarebbero state applicate con agghiacciante sistematicità nella civilissima Europa, ma allora - fa notare Boffo - costituivano «il verbo della scienza à la page, all'avanguardia». Chi vi si opponeva, rischiava accuse di «ingenuo allarmismo» o di «scarsa comprensione delle dinamiche del progresso». Anche Agnoli nella sua esposizione non ricerca il politicamente corretto. Espone con chiarezza e senza giri di parole il suo pensiero contrario a quello che ritiene, scrive Boffo, «un sistema di progressiva mistificazione sul fronte della bioetica», conseguenza di un relativismo, per il quale «ogni scelta è messa sullo stesso piano». Per arrivare a soluzioni condivise l'auspicio di Agnoli è che si cominci a evitare contrapposizioni preconcette, come quella tra laici e credenti: «La ragione è il minimo comune denominatore di tutti. Guarda prima i fatti e poi ci discute sopra, non viceversa».
Anna Anselmi
Welby e Nuvoli.
A ridosso di Natale si è concluso il "caso Welby", con la sua morte, fra mille polemiche, e se ne sta parlando ancora, da mesi.
A ridosso di Pasqua si è risolto il caso Nuvoli, ma stavolta senza troppo clamore. Niente conferenze stampa, niente talk show, niente di niente, insomma...ma d'altra parte, dov'era la notizia? Nuvoli non si è fatto uccidere e non ha neppure rifiutato le cure, ma se n'è tornato a casa contento. "Morire? Staccare la spina del respiratore? «Non lo chiede più da settimane» riferisce Maddalena, la moglie".
Andiamo per ordine e ricostruiamo i fatti.
26 settembre 2006: pochi giorni dopo l'appello di Piergiorgio Welby a Napolitano, altra lettera, altra richiesta per un altro caso disperato: "Sono pronta ad accompagnare mio marito in Belgio o in Olanda, dove l'eutanasia è legale, anche correndo il rischio di essere arrestata al mio ritorno." Lo scrive Maddalena, moglie di Giovanni Nuvoli, malato di sclerosi laterale amiotrofica da sette anni.
"Che senso ha ritardare la mia morte? Non è questa una violenza contro la natura?", scrive Giovanni Nuvoli nella lettera.
Non solo: "La storia di Giovanni Nuvoli e la sua battaglia per l'eutanasia, ha annunciato la moglie, saranno raccontate in un libro che uscirà dopo la sua morte". Insomma, pure il libro era in programma.
L'8 febbraio di nuovo una sua lettera su l'Espresso, un appello a "ogni medico anestesista onesto e coraggioso", in un pezzo titolato: "Fatemi morire come avete fatto con Welby".
Il pm dice no alla richiesta di Nuvoli di staccare la spina. Il pezzo che il 14 febbraio il Corriere gli dedica inizia così: "Ha lo stesso male di Piergiorgio Welby, ma non potrà morire allo stesso modo".
Ma la vicenda non è proprio così chiara. Nuvoli è ricoverato in terapia intensiva da molti mesi, dice di voler morire, poi però accetta le cure, e si scatena il putiferio dopo che lo va a visitare Mario Melazzini, un malato di sclerosi laterale amiotrofica che ha duramente criticato tutta la conduzione del caso Welby. Pare che a Melazzini Nuvoli abbia fatto capire di volere accettare le cure, e di aver piacere di vederlo ancora. E' il 25 febbraio.
Al Foglio la ricostruzione.
Il 6 marzo il Dr. Santi, di Sestri Levante, si offre gentilmente di staccare la spina a Nuvoli, il quale ringrazia ma "prima di tutto voglio andare a casa, poi vedremo'
L'associazione Luca Coscioni precisa che il Dr. Santi non fa parte del collegio dei medici che seguirà Nuvoli.
Il 7 marzo Nuvoli conferma ai giornalisti di Porta a Porta che vuole staccare la spina, ma a casa.
il 9 marzo l'immancabile Viale dà la disponibilità a staccare la spina, per sicurezza, casomai ci fosse bisogno lui non si negherà di sicuro.
Il 10 marzo una commissione parlamentare d'inchiesta che ha visitato Nuvoli stabilisce che: "Nel caso di Giovanni Nuvoli sono chiarissime due volonta' del paziente: vuole tornare a casa e vuole continuare le cure, pertanto dovranno essere compatibili questi due elementi".
Il giorno dopo l'Associazione Coscioni risponde che la Commissione non ha compreso la situazione.
Ma intanto è il 12 marzo, ed è arrivato il sintetizzatore vocale per permettere a Nuvoli di esprimersi al meglio. L'Associazione Coscioni denuncia il fatto che "non e' stato consentito alla moglie di Giovanni Nuvoli di accedere alla camera del marito, proprio nel momento in cui un tecnico era intento a spiegare il funzionamento del sintetizzatore vocale". Chissà mai perchè.
E Nuvoli riesce a tornare a casa. La moglie è molto stanca "sono con le budella per terra", commenta con delicatezza la signora, che aggiunge anche che adesso sono felici, e che lui le ha confidato "vado a gonfie vele".
Sul Corriere del 7 aprile una bella cronaca del ritorno a casa: tutti felici, commosso Nuvoli quando rivede i suoi cani, la casa con le immagini di Padre Pio, la Madonna di Fatima, e l'assistenza 24 ore su 24.
Cosa sarebbe successo se si fosse "rispettosamente" eseguito quanto liberamente ha chiesto per mesi Nuvoli, anche davanti alle telecamere della TV? Il problema sta proprio qui: cos'è la libera scelta? Quando una scelta è veramente libera? Quando Nuvoli è stato libero di scegliere? E se fosse stata a disposizione una legge sull'eutanasia, o anche la possibilità di un testamento biologico in forma spinta, chissà se Nuvoli avrebbe mai usato il sintetizzatore vocale.
Dicono i radicali che solo con il loro intervento è arrivato il sintetizzatore. Può darsi che sia stato così. Non sarebbe la prima volta che un caso si risolve solo sotto i riflettori dei media. Ma la richiesta fatta ai radicali, e che loro erano pronti ad accogliere, era di altro tipo, come possiamo leggere dall'ANSA il 17 febbraio:
(ANSA) - SASSARI, 17 FEB -La casa di Giovanni Nuvoli ad Alghero e' pronta per accoglierlo, con una camera allestita da sala rianimazione, quando lascera' l'ospedale. La moglie del malato di Sla, che chiede di morire, ha detto di 'non sapere ancora quale medico decidera' di fare quello che ieri Giovanni ha ribadito di volere e in fretta'. Fretta di morire confermata dall'eurodeputato radicale e segretario dell'Associazione Coscioni, Marco Cappato,che ieri ha visto Nuvoli nel reparto rianimazione dell'ospedale di Sassari.
Buona giornata
Assuntina Morresi
Pro Bagnasco. Pro Pontifice.
Riportiamo il pensiero della carissima Assuntina Morresi di Stranau.it, che ci va bene:
"Intanto anche a Torino, oltre che a Genova, appaiono scritte contro Bagnasco, il Presidente della CEI, e il Papa. In un clima politicamente avvelenato e isterico, come quello che si sta respirando in Italia sostanzialmente dall'epoca dei referendum sulla fecondazione artificiale, è il minimo che possa succedere. Ed è preoccupante. Non sappiamo quanto questi fatti siano dovuti ad emulazione, e quanto invece siano stati pianificati e organizzati. Sappiamo solo che non è un caso che arrivino proprio adesso, dopo la violenta campagna contro la Chiesa, per via dei DICO.
Che il Presidente della CEI debba andare in giro sotto scorta, in Italia, nel 2007, è veramente roba da non credersi. Vedremo se almeno adesso si abbasseranno un po' i toni".
Papa Benedetto pubblica un libro su Gesù.
Presentato oggi in Vaticano e da lunedì 16 aprile – giorno dell’ottantesimo compleanno di Joseph Ratzinger – in 22 edizioni linguistiche in tutto il mondo, il volume – di 448 pagine, edito da Rizzoli al costo di 19,50 euro – è “frutto di un lungo cammino interiore” del quale rappresenta la prima parte, “i primi dieci capitoli che vanno dal battesimo nel Giordano alla confessione di Pietro ed alla trasfigurazione”, mentre la futura seconda parte si occuperà dell’infanzia di Gesù. L’opera, “non è in alcun modo un atto magisteriale”, per cui “ognuno è libero di contraddirmi”.
La fede, dice il Papa, “si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra”. Altrimenti “la fede cristiana viene eliminata e trasformata in un’altra religione”.
Splendida cosa. Pensate: un Papa che dice: "ognuno è libero di contraddirmi".
Cliccando il nostro titolo si va all'articolo di Franco Pisano della bella Agenzia Asianews, del caro padre Bernardo Cervellera.
LA COSA PIU' INCREDIBILE DEI MIRACOLI E' CHE ACCADONO...
Gilbert Keith Chesterton: “Chi crede ai miracoli lo fa perchè ha delle prove a loro favore. Chi li nega è perchè ha una teoria contraria ad essi“.
Amici TRUE CHESTERTONIANS,
apriamo con questa memorabile citazione del buon vecchio Gilbert per accogliere a braccia aperte il suggerimento tutto "chestertoniano" inviatomi da una nuova amica, Soeur Claire Boutin, che saluto e ringrazio calorosamente, a proposito del miracolo attribuito a Karol Jozef Wojtyla.
Soeur Claire Boutin, ve la presento, è, oltrechè nostra attenta e preziosa lettrice, la segretaria della Casa Generalizia Ocso - Ordine Cistercensi della Stretta Osservanza - meglio conosciuto con il nome di Monache e Monaci Trappisti (http://www.ocso.org).
Mi ha scritto pochi giorni fa per indicarmi un bell'articolo di Isabelle De Gaulmyn apparso sul blog del quotidiano cattolico francese "La Croix" lo scorso 30 Marzo, intitolato "Miracle et Raison", che inizia proprio con la famosa frase sui miracoli del nostro GKC (che abbiamo preso in prestito per il titolo).
Se foste interessati, e pratici di lingua francese, si può accedere all'articolo in questione semplicemente cliccando sul nostro titolo in alto.
Come probabilmente già saprete, sono già diverse le testimonianze di episodi miracolosi attribuibili a Papa Giovanni Paolo II, tutte al vaglio della Congregazione Vaticana per le cause dei Santi e del Postulatore Mons. Slawomir Oder.
Tra le tante, spicca quella della suora francese Marie Simon Pierre guarita dal cancro proprio grazie all'intercessione di Papa Wojtyla.
Dalle parole di Mons. Stanislaw Dziwisz, che lo conobbe meglio forse di chiunque altro:
"...Sono a conoscenza di diversi casi di guarigione, avvenuti in questi ultimi sei mesi e inspiegabili con criteri medico-scientifici.
Il caso più impressionante è avvenuto in un convento in Francia. Una suora, gravemente malata, si trovava ormai in una situazione disperata. Le consorelle si sono radunate per lunghe ore in preghiera, chiedendo la grazia per intercessione di Giovanni Paolo II.
Ebbene, quattro giorni dopo, la suora era completamente guarita, i medici non hanno più riscontrato alcuna traccia del suo terribile male."
Merci beaucoup Soeur Claire!
Lex
giovedì 12 aprile 2007
L'Italia e l'Italietta.
giovedì 5 aprile 2007
Ancora Buona Pasqua!
“Spesso ruba la gente
perchè non ha niente
Così crede la gente
d’esser nullatenente
Ma se ciò che hai
fosse quello che ti resta da un naufragio sopra un isola deserta
grideresti di gioia
d’avere una coperta da mettere addosso
ed un bottone d’osso, un berrettino rosso
una cannuccia, un temperino
nelle tue mani...
Avresti un piffero dai suoni strani
per fare il verso ai gabbiani
Sapessi che bellezza
Sapessi che ricchezza
Sapessi che allegria ..."
(da Padre Brown, cantata da Renato Rascel, sigla della bellissima serie di film degli anni '70)
E noi abbiamo molto di più di queste bellissime cose, grazie a Dio...
L'ultima parola l'avrà il Bene.
"Il Male, in tutte le sue forme, non ha l’ultima parola. Il trionfo finale è di Cristo, della verità e dell’amore! Se con Lui siamo disposti a soffrire ed a morire, ci ricorderà san Paolo nella Veglia pasquale, la sua vita diventa la nostra vita (cfr Rm 6,9). Su questa certezza riposa e si costruisce la nostra esistenza cristiana".
Il testo integrale su www.vatican.va oppure cliccando il nostro titolo sul sito dell'Avvenire (per cambiare...).
mercoledì 4 aprile 2007
Buona Pasqua!!!
domenica 1 aprile 2007
Caso Welby - il GIP di Roma rinvia alla Procura il fascicolo che volevano archiviare.
Il Giudice per le Indagini Preliminari ha rinviato il fascicolo in Procura per la formulazione dell'imputazione e ha fissato un'udienza per la discussione sulla decisione relativa all'archiviazione.
Allora esiste un pallore di giustizia in tutta questa storia?
Non ho idea di ciò che accadrà, potrebbero anche essere le prove tecniche di legalizzazione dell'eutanasia. Un'archiviazione a seguito di un'udienza potrebbe dare nell'opinione pubblica il sentore che si tratti di un provvedimento più ponderato -e quindi più serio e meditato, di maggior valore- di un'archiviazione "tacita", passata in sordina ed emessa nel silenzio di un ufficio di Tribunale, senza parti e senza clamore.
D'altra parte, un rigetto dell'archiviazione provocherà un'udienza preliminare e forse anche un dibattimento, con tutto ciò che ne potrà conseguire: una discussione pubblica in un'aula di tribunale sulla questione giuridica e metagiuridica se comportamenti simili possano integrare reati oppure non integrino un bel nulla.
Altro che processo di Cogne! Pensate che tritume mediatico. Pensate ai Vespa, ai Santoro, ai Floris... Pensate quanto ben pensare!
Tutto è possibile.
C'è il partito della morte che sostiene -falsamente ed in chiarissima malafede, complici anche dei giuristi- che l'eutanasia è già possibile con le leggi vigenti. C'è un altro partito che vuole una legge per disciplinare quelli che loro considerano "i casi limite", "la tragedia delle atroci sofferenze prive di disciplina legislativa" (lo stato deve dire tutto di tutto e su tutto...), e hanno sacrificato il povero Welby sull'altare della loro campagna.
In tutto questo, in questo clima disonesto creato ad arte, complice certa informazione di regime, una qualunque pronuncia giurisprudenziale assumerà valore. Anche solo mediatico. A solo favore del partito dello sdoganamento dell'eutanasia.
E allora che il Padre Eterno illumini quel giudice. Che -ontologicamente- prima che con la costituzione italiana, dovrà vedersela -cronologicamente dopo- con il Padre Eterno.
Come ciascuno di noi.
Se passano i Dico perché dire no all'incesto?
I vescovi: «Se passano i Dico perché dire no all’incesto?»
di Andrea Tornielli - domenica 01 aprile 2007
Roma - Se non esiste un criterio oggettivo per giudicare ciò che è buono e vero, se il parere dell’opinione pubblica diventa l’unico criterio di giudizio morale, «è difficile valutare i comportamenti». È questa la riflessione che il presidente della Cei Angelo Bagnasco ha proposto sabato sera agli animatori della comunicazione della diocesi di Genova. L’arcivescovo ha citato esempi concreti, affermando che senza un riferimento a criteri oggettivi non si capisce perché si debba dire di no alla legalizzazione dell’incesto e della pedofilia. E il suo intervento ha provocato una bufera di reazioni.
Bagnasco, dopo aver spiegato che la Nota della Cei sui Dico «cerca di parlare soprattutto, all’intelligenza comune, al buon senso, alla ragione attraverso delle motivazioni di tipo antropologico», ha aggiunto: «Nel momento in cui si perde la concezione corretta autotrascendente della persona umana non vi è più un criterio di giudizio per valutare il bene e il male e quando viene a cadere un criterio oggettivo per individuare il vero e il falso, l’unico criterio o il criterio dominante è il criterio dell’opinione generale. Diventa allora difficile dire dei no, scoprire indirizzi in ordine al bene». Bagnasco ha quindi proseguito con una serie di domande: «Perché dire di no all’incesto, rifacendosi a una nota situazione in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?».
«Oggi ci scandalizziamo – ha concluso il presidente della Cei – ma, a pensarci bene, se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che riguarda la persona, che è anzitutto un dato di natura e non di cultura, è difficile poi dire dei “no”. Se il criterio unico e assoluto del bene e del male è la libertà di ciascuno, come scelta, allora diventa possibile tutto. È necessario guardare la natura umana, ciò che la persona è in se stessa, per poter agire con coerenza verso ciò che si è per esprimere se stessi al meglio».
Come si vede, Bagnasco, spiegando il senso della recente Nota della Cei sulla famiglia e sui progetti di legalizzazione delle unioni di fatto e gay, non ha affatto messo questi ultimi sullo stesso piano dell’incesto e alla pedofilia. Ha detto, invece, che la mancanza di un criterio oggettivo, fondato sulla morale naturale e condiviso non sulla base di un presupposto confessionale ma sulla base della ragione, la mancanza di un riferimento alla realtà della persona può arrivare a giustificare tutto. E gli accenni all’incesto e al partito che vuole autorizzare la pedofilia tra persone consenzienti, non sono invenzioni o immotivati timori clericali. Si tratta, invece, di «germogli iniziali», di esempi già presenti nella nostra Europa, come nel casi specifici citati. Quello dei due fratelli conviventi che hanno avuto dei figli (i media avevano inizialmente ambientato la storia in Inghilterra, ma in realtà si è verificata a Lipsia, in Germania), quello del partito olandese che si batte per rendere legale il rapporto erotico tra un adulto e un bambino che abbia compiuto dodici anni. «Oggi tocchiamo con mano – ha detto l’arcivescovo di Genova – le conseguenze di questi movimenti che sono nati anni addietro. Tutti vanno a parare su un’unica questione che sta alla base di tutte le altre questioni sensibili: l’uomo, la concezione antropologica». Il presidente dei vescovi italiani ha definito «profetica» l’intuizione del suo predecessore Camillo Ruini che nel 1994 ha dato vita al Progetto Culturale della Chiesa italiana capendo prima di altri «dove stavano andando alcuni movimenti culturali europei».
Nella serata di ieri, dopo l’infuriare delle polemiche, la Curia genovese ha diffuso un comunicato nel quale si afferma che l’intervento dell’arcivescovo «è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti». In mattinata Bagnasco aveva partecipato insieme a Ruini alla consacrazione del vescovo di Macerata, Claudio Giuliodori. Ai giornalisti che gli domandavano se vada negata la comunione ai parlamentari che disobbediranno sui Dico, il presidente dei vescovi ha risposto: «Mi pare che nella Nota non se ne parli».
Voi lo pensate, noi lo diciamo - 3
"L'Arcidiocesi di Genova: «Male riportato il suo pensiero»
Bagnasco: nuova bufera sui Dico
Il presidente della Cei: «Se cade l'etica, poi è difficile dire di no anche a incesto e pedofilia». È polemica. In serata la precisazione".
Eccellenza Reverendissima, questo è il titolo de Il Corriere della Sera di oggi, edizione internet, sulle nuove prese di posizione sull'argomento Dico.
Noi chestertoniani d'Italia le volevamo dire: non precisi, non prenda distanze da se stesso, vada pur tranquillo!
Le sia buon viatico questo nostro titolo: voi lo pensate, noi lo diciamo!
Noi le pensiamo e Lei, Eccellenza, le dica pure, le dica tutte!
Grazie mille!
Fedor Dosto'evskij, buon'anima, disse che morto Dio tutto era possibile.
Gilbert Chesterton, buon'anima pure lui e Lei sa quanto ci teniamo, previde che spade si sarebbero incrociate per affermare che le foglie sono verdi d'estate, e che il guaio di oggi non è che non si crede più a niente, ma che si crede a tutto!
Per cui vada pure avanti: noi lo pensiamo da un sacco di tempo che avrebbero cominciato col divorzio, poi con l'aborto, poi ci volevano far credere che la fecondazione assistita è roba buona, e che i cattivi siamo noi cattolici, poi ci hanno detto che siamo cattivi pure perché se la gente muore è colpa nostra che non facciamo fare la ricerca sui cristiani morti cioè le cellule staminali embrionali, poi ci hanno fatto credere che Piergiorgio Welby è stato un caso di rinuncia all'accanimento terapeutico clerical-ecclesiastico...
Adesso aspettiamo la prossima campagna, e Lei -grazie ancora!- ce le ha anticipate!
Guardi come si stracciano le vesti!
Non si preoccupi, Nostro Signore ce lo aveva detto.
Per cui andiamo avanti insieme.
E poi, ci scusi l'ardire, se lo lasci dire, Lei ha pure un bel sorriso, centomila volte meglio delle facce torve e tristi di quelli che oggi s'indignano a comando perché Lei sta dicendo la Verità!