Vorrei proporvi la traduzione, inedita in lingua italiana, di un articolo di Chesterton apparso il 9 novembre 1907 sul The Daily News, il quotidiano liberale su cui Gilbert scrisse fino al 1913, di proprietà di Lord Cadbury. Si tratta di un articolo tutto sommato breve ma denso e significativo, di cui danno conto i migliori biografi di Chesterton, in primis Maisie Ward; ho pensato di anteporre alla traduzione le parole con cui William Oddie collocava l'episodio nella biografia di Chesterton. Sono tratte da Chesterton and the Romance of Orthodoxy. The Making of GKC. 1874 - 1908, anch'esso inedito in lingua italiana. Ne estrapolo un brano ritenendolo estremamente significativo, rimandando i lettori alla consultazione del seguito per non appesantire questo lavoro. In ogni la continuazione della lettura delle riflessioni filologiche e filosofiche di Oddie sarebbe estremamente proficua perché l'articolo, scritto nel 1907, si colloca nel periodo della compilazione del capolavoro di Chesterton, Ortodossia, che costituisce la sintesi del suo pensiero. Ad ogni modo ritengo che già questo non brevissimo assaggio dello scritto del compianto William Oddie aiuterà i lettori a comprendere l'importanza dell'articolo.
Perché è importante l'articolo che propongo? Perché è la testimonianza di Chesterton sul suo giovanile ritorno all'ortodossia, il primo abbozzo di quel sunto della sua filosofia che egli costituì scrivendo L'Uomo che fu Giovedì e Ortodossia in particolare, Eretici e Uomovivo più in generale, Ancora, testimonia la maturità del pensiero di Chesterton anzi la sua compiutezza già nella giovane età a cui si riferisce l'episodio.
Marco Sermarini
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(...) L'episodio risale al periodo in cui Chesterton frequentava la Slade, ovvero l'anno accademico 1893-94, circa un anno dopo la pubblicazione de Il ritratto di Dorian Gray. Riguarda un giovane chiaramente identificabile come un prodotto del movimento estetico. L'influenza sul suo pensiero di Walter Pater stesso o di qualche discepolo di Pater, forse Wilde, o semplicemente dell'ampio ethos estetico/decadente/fin de siècle dell'epoca, è piuttosto evidente. Egli crede, come Pater, che l'esperienza, e non il frutto dell'esperienza, sia la priorità assoluta. È totalmente contrario a qualsiasi nozione etica oggettiva di giusto e sbagliato e sostiene con veemenza una particolare linea di condotta perché dopo di essa non saprà più distinguere tra i due. Le sue convinzioni sono distruttive prima per gli altri e poi per se stesso: come Dorian Gray, incarna la tragedia dell'estetismo commettendo di fatto suicidio. Infine (e, per il nostro scopo, cosa più importante), lui - o comunque la reazione di Chesterton nei suoi confronti - stabilisce chiaramente il legame tra il movimento decadente e la risposta intellettuale di Chesterton ad esso, ovvero l'identificazione della lotta contro l'eresia come il campo di battaglia su cui combattere il male. (...) I parallelismi con la storia di Dorian Gray sono sorprendentemente evidenti; e qui abbiamo sicuramente tutta la spiegazione che ci serve del disgusto di Chesterton per il fin de siècle wildiano, che giunse a una fine così brusca con la rovina dello stesso Wilde a metà del decennio. Un'altra possibile risonanza - o almeno un parallelo illuminante - con le opinioni dei satanisti sui piaceri estetici della seduzione e della rovina morale si trova in Confessions of a Young Man (1888) di George Moore (ammiratore di Pater e influente membro del corpo docente della Slade e, chissà, forse anche di uno dei suoi studenti, il “satanista”). Scrivendo del dipinto "La Source" di Ingres, il cui “prezzo” fu la seduzione e la morte della modella attraverso l'alcol, egli osserva languidamente che “la consapevolezza che è stato commesso un torto... che una ragazza o mille ragazze sono morte in ospedale per quella cosa virginale, è un piacere in più di cui non potevo fare a meno”. Era a questo passaggio che Chesterton si riferiva nel suo taccuino Slade quando scrisse che “anche il vizio richiede vergini”? Qualunque sia la risposta, non sorprende che in Eretici Chesterton, in modo insolito, scrivesse di George Moore con un disprezzo personale così assoluto. A proposito di “The Diabolist”, Michael Coren pone la domanda: “Quanto è reale questo incontro e quanto è invece una costruzione artificiale?” Chesterton lo ha sicuramente presentato come un incontro reale e intendeva che fosse preso sul serio come tale. “Quello che sto per raccontare”, ha scritto, "è realmente accaduto..." (...). Possiamo sicuramente essere certi che si sia trattato di "un vero incontro". (...)
William Oddie, Chesterton and the Romance of Orthodoxy. The Making of GKC. 1874 - 1908
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Ogni tanto ho introdotto nei miei saggi un elemento di verità. Sono state menzionate cose realmente accadute, come l'incontro con il Presidente Kruger (1) o l'essere buttato fuori da un taxi. Ciò che ora devo riferire è realmente accaduto; eppure non vi era alcun elemento di politica pratica o di pericolo personale. È stata semplicemente una tranquilla conversazione che ho avuto con un altro uomo. Ma quella tranquilla conversazione è stata di gran lunga la cosa più terribile che mi sia mai capitata in vita mia. È successo così tanto tempo fa che non posso essere certo delle parole esatte del dialogo, solo delle principali domande e risposte; ma c'è una frase di cui posso rispondere assolutamente e parola per parola. È stata una frase così terribile che non potrei dimenticarla se lo volessi. È stata l'ultima frase pronunciata, e non è stata rivolta a me.
La cosa mi è successa ai tempi in cui frequentavo una scuola d'arte. Una scuola d'arte è diversa da quasi tutte le altre scuole o collegi sotto questo aspetto: che, essendo di nuova e rozza creazione e di disciplina lassista, presenta un contrasto particolarmente forte tra l'industrioso e l’ozioso. Le persone in una scuola d'arte fanno un'atroce quantità di lavoro o non lavorano affatto. Io appartenevo, insieme ad altre persone affascinanti, a quest'ultima classe; e questo mi ha fatto entrare spesso nella società di uomini che erano molto diversi da me, e che erano oziosi per ragioni molto diverse dalle mie. Ero inoperoso perché ero molto occupato; all'epoca ero impegnato a scoprire, con mio estremo e duraturo stupore, che non ero ateo. Ma ce n'erano anche altri che erano impegnati a scoprire ciò che Carlyle (2) chiamava (penso con inutile delicatezza) il fatto che lo zenzero è piccante in bocca.
Apprezzo quel tempo, in breve, perché mi ha permesso di fare la conoscenza di un buon numero rappresentativo di furfanti. A questo proposito ci sono due cose molto curiose che il critico della vita umana può osservare. Il primo è il fatto che c'è una netta differenza tra uomini e donne; il fatto che le donne preferiscono parlare in due, mentre gli uomini preferiscono parlare in tre. Il secondo è che quando si trovano (come spesso si fa) tre giovani mascalzoni e idioti che girano insieme e si ubriacano insieme ogni giorno, in genere si scopre che uno dei tre mascalzoni e idioti non è (per qualche motivo straordinario) un mascalzone né un idiota. In questi piccoli gruppi dediti ad una dissipazione spasmodica c'è quasi sempre un uomo che sembra aver accondisceso alla sua compagnia; un uomo che, pur potendo parlare di fallace banalità con i suoi compagni, può anche parlare di politica con un socialista, o di filosofia con un cattolico.
Era proprio un tale uomo che venni a conoscere bene. Era strano, forse, che apprezzasse la sua società sporca e ubriaca; era ancora più strano, forse, che gli piacesse la mia società. Per ore del giorno parlava con me di Milton (3) o dell'architettura gotica; per ore della notte andava dove non ebbi mai voglia di seguirlo, anche solo per speculazione. Era un uomo dal viso lungo e ironico, con i capelli raccolti e rossi; era un gentiluomo per classe, e poteva camminare come uno solo, ma preferiva, per qualche motivo, camminare come uno sposo che portava due secchielli. Sembrava una sorta di super-fantino; come se qualche arcangelo fosse finito sul prato. E non dimenticherò mai la mezz'ora in cui lui ed io abbiamo discusso di cose reali per la prima ed ultima volta.
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Lungo la facciata del grande edificio di cui la nostra scuola faceva parte correva un’enorme rampa di gradini di pietra, più alta, credo, di quella che conduce alla Cattedrale di Saint Paul (4). In una nera serata d'inverno lui ed io eravamo in giro su queste fredde altezze, che sembravano tetre come una piramide sotto le stelle. L'unica cosa visibile sotto di noi nel buio era un fuoco che bruciava e soffiava; perché qualche giardiniere (suppongo) stava bruciando qualcosa nel terreno, e di tanto in tanto le scintille rosse ci passavano davanti come uno sciame di insetti scarlatti nel buio. Anche sopra di noi regnava la tenebra; ma se si fissava abbastanza a lungo quella oscurità superiore, si vedevano strisce verticali di grigio nel nero e poi si diventava consapevoli della facciata colossale dell'edificio dorico, fantasmagorica, ma che riempiva il cielo, come se il cielo fosse ancora pieno del gigantesco fantasma del paganesimo.
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L'uomo mi chiese bruscamente perché stessi diventando ortodosso. Fino a quel momento non mi ero reso conto di esserlo, ma non appena lo disse capii che era letteralmente vero. Il processo era stato così lungo e denso che gli risposi immediatamente attingendo alle mie riserve di spiegazioni.
«Sto diventando ortodosso», dissi, «perché sono giunto, a torto o a ragione, dopo aver stirato il mio cervello fino a farlo esplodere, alla vecchia convinzione che l'eresia è persino peggiore del peccato. Un errore è più minaccioso di un crimine, perché un errore genera crimini. Un imperialista è peggiore di un pirata. Perché un imperialista gestisce una scuola per pirati; insegna la pirateria disinteressatamente e senza un salario adeguato. Un amante libero è peggio di un libertino. Perché un libertino è serio e spericolato anche nel suo amore più breve, mentre un fautore dell'Amore Libero è cauto e irresponsabile anche nella sua devozione più lunga. Odio il dubbio moderno perché è pericoloso».
«Intendi pericoloso per la moralità», disse con voce meravigliosamente gentile. «Immagino che tu abbia ragione. Ma perché ti interessa la moralità?».
Gli lanciai una rapida occhiata al volto. Aveva proteso il collo, come era sua abitudine, e così il suo viso si trovò improvvisamente illuminato dalla luce del falò sottostante, come un volto sotto i riflettori. Il mento lungo e gli zigomi alti erano illuminati in modo infernale dal basso, tanto che sembrava un demone che fissava la fossa ardente. Ebbi una sensazione insensata di essere tentato in un territorio selvaggio; e proprio mentre mi fermavo, una raffica di scintille rosse mi sfiorò.
«Non sono splendide quelle scintille?», dissi.
«Sì», rispose lui.
«Questo è tutto ciò che ti chiedo di ammettere», dissi. «Dammi quei pochi puntini rossi e io ne dedurrò la morale cristiana. Una volta pensavo come te, che il piacere che si prova davanti a una scintilla volante fosse qualcosa che poteva andare e venire con quella scintilla. Una volta pensavo che il piacere fosse libero come il fuoco. Una volta pensavo che quella stella rossa che vediamo fosse sola nello spazio. Ma ora so che la stella rossa è solo l'apice di una piramide invisibile di virtù. Quel fuoco rosso è solo il fiore su uno stelo di abitudini viventi, che non puoi vedere. Solo perché tua madre ti ha insegnato a dire “grazie” per un panino, ora sei in grado di ringraziare la Natura o il caos per quelle stelle rosse di un istante o per le stelle bianche di tutti i tempi. Solo perché eri umile davanti ai fuochi d'artificio del cinque novembre (5), ora ti godi qualsiasi fuoco d'artificio che ti capita di vedere. Ti piacciono solo perché sono rosse, perché ti è stato raccontato del sangue dei martiri; ti piacciono solo perché sono luminose, perché la luminosità è gloria. Quella fiamma è sbocciata dalle virtù e svanirà con le virtù. Seduci una donna e quella scintilla sarà meno luminosa. Spargi sangue e quella scintilla sarà meno rossa. Sii davvero cattivo e saranno per te come le macchie sulla carta da parati».
Possedeva una terribile lucidità intellettuale che mi faceva disperare della sua anima. Un ateo comune e innocuo avrebbe negato che la religione producesse umiltà o che l'umiltà fosse una semplice gioia: ma lui ammetteva entrambe le cose. Diceva solo: «Ma non troverò forse nel male una vita propria? Ammesso che per ogni donna che rovino una di quelle scintille rosse si spegnerà: il piacere crescente della rovina non...».
«Vedi quel fuoco?» gli chiesi. «Se avessimo una vera democrazia combattiva, qualcuno ti brucerebbe lì dentro, come l'adoratore del diavolo che sei».
«Forse», rispose con il suo solito tono stanco e gentile. «Solo che quello che tu chiami male, io lo chiamo bene».
Scese da solo la grande scalinata e io sentii che volevo che fosse spazzata e pulita. Lo seguii più tardi e, mentre andavo a cercare il mio cappello nel corridoio basso e buio dove era appeso, sentii improvvisamente di nuovo la sua voce, ma le parole erano incomprensibili. Mi fermai, sorpreso: poi sentii la voce di uno dei suoi compagni più vili che diceva: «Nessuno può saperlo». E poi sentii quelle due o tre parole che ricordo in ogni sillaba e che non posso dimenticare. Sentii il Satanista dire: «Ti dico che ho fatto tutto il resto. Se faccio questo, non saprò più distinguere il bene dal male». Mi precipitai fuori senza osare fermarmi; e mentre passavo davanti al fuoco non sapevo se fosse l'inferno o l'amore furioso di Dio.
Da allora ho saputo che è morto: si può dire, credo, che si sia suicidato, anche se lo ha fatto con strumenti di piacere, non con strumenti di dolore. Dio lo aiuti, conosco la strada che ha percorso, ma non ho mai saputo, né ho mai osato pensare, quale fosse il luogo in cui si è fermato e si è trattenuto.
Gilbert Keith Chesterton, The Daily News, 9 novembre 1907;
successivamente raccolto in Tremendous Trifles.
(1) Stephanus Johannes Paul Kruger (1825 – 1904), noto anche come Oom Paul (“Zio Paul”) fu leader di spicco della resistenza boera contro il governo britannico del Sudafrica, e divenne presidente della Repubblica del Transvaal.
(2) Thomas Carlyle (1795 - 1881), saggista, storico e filosofo scozzese, tra i maggiori dell’età vittoriana.
(3) John Milton (1608 - 1674), scrittore e poeta inglese, tra i più influenti dell'età post shakespeariana; fu l'autore del Paradiso Perduto.
(4) una delle due cattedrali anglicane di Londra, che sorge nella City, opera dell'architetto Christopher Wren. L'altra si trova a Southwork.
(5) il riferimento è alla Guy Fawkes Night, in cui in Inghilterra si commemora il 5 novembre 1605 quando Guy Fawkes, cattolico, tentò in una congiura di uccidere re Giacomo I con un attentato dinamitardo (the Gunpowder Plot). La congiura non ebbe esito positivo e allora da quel giorno si celebra questa ricorrenza.
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