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martedì 31 luglio 2012

Chesterton è attuale - Marche chestertoniane

Dal sito di Informazione.tv, un articolo di Giovanni Zamponi:


«A casa, a notte tarda, apro di nuovo un volume di Chesterton, e guardate che trovo riguardo alle piccole località (del medioevo): se tanto ci lagniamo perché il patriottismo locale ci sembra una grande confusione, “dovrebbe sembrarci strano che circa i tre quarti dei più grandi uomini mai esistiti fossero originari di quelle piccole città. Staremo a vedere che cosa verrà fuori alla fine dalle nostre grandi città, che invero non hanno dato alcun segnale positivo da quando sono diventate grandi”. E ancora: “C’era più internazionalità in quelle terre costellate di piccole repubbliche di quanta non ce ne sia negli attuali grandi blocchi nazionali omogenei”».


L'articolo intero è in questo collegamento qui sotto:


Chesterton e Gandhi

Nel suo editoriale uscito nell'edizione del 2 Ottobre 1909 dell'Illustrated London News Chesterton affrontò la questione del nazionalismo indiano. Scrisse: "La prova della democrazia non è se il popolo vota ma se il popolo governa. L'essenza di una democrazia è che il tono nazionale e lo spirito del tipico cittadino è evidente e suggestivo nelle azioni dello stato". Ed egli riteneva che "la debolezza principale" dei nazionalisti indiani alla ricerca dell'indipendenza consistesse nel fatto che il loro nazionalismo fosse "non molto indiano e non molto nazionale": "C'è una differenza tra un popolo conquistato che domanda le proprie istituzioni e lo stesso popolo che domanda le istituzioni del conquistatore". L'articolo fu letto da Gandhi, che era a Londra in quel momento per fare pressioni per "una maggiore libertà del diritto di residenza, viaggio e commercio per i membri della diaspora indiana in Sud Africa" dove egli allora viveva.
Fece riferimento all'articolo in un dispaccio che inviò al giornale che aveva fondato a Durban, l'Indian Opinion. Questo articolo per varie ragioni non apparve che nel Gennaio dell'anno seguente. Nel frattempo, Gandhi aveva risposto alle critiche di Chesterton completando in dieci giorni, a bordo della nave che lo riportava in Sud Africa, "un'ampia difesa delle virtù dell'antica civiltà indiana". Scritto nella lingua madre di Gandhi, fu pubblicato col titolo "Hind Swaraj", ed anche in inglese col titolo "Indian Home Rule" (letteralmente "governo domestico indiano", o più propriamente autogoverno indiano, nota di traduzione), a Durban nel 1910.

Ian Ker, G. K. Chesterton - A biography, Oxford Press, 2011 (nostra libera traduzione)


(nella foto: un giovane Gandhi ai tempi della sua presenza in Sud Africa)





lunedì 30 luglio 2012

Un aforisma al giorno


"Possiamo constatare ovunque che gli uomini non diventano pazzi sognando. I critici sono molto più matti dei poeti. Omero è integro e calmo a sufficienza; sono i suoi critici a ridurlo in brandelli di stravaganza. Shakespeare è pienamente se stesso; sono alcuni critici ad aver scoperto che era qualcun altro. E sebbene san Giovanni Evangelista avesse scorto, nella sua visione, molti strani mostri, non aveva mai visto una creatura tanto folle quanto uno dei suoi commentatori".

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

domenica 29 luglio 2012

Un bell'articolo del nostro Stratford Caldecott

http://theeconomyproject.blogspot.it/2012/07/the-gift-of-dandelion.html Il titolo è The gift of a dandelion, cioè Il dono di un dente di leone, quello stesso dente di leone che campeggia nel nostro blog, in quello della Chesterton Library e in varie parti dell'opera di GKC, da ultimo nell'Autobiografia.

Chesterton, Michael Collins, l'Irlanda e la sua indipendenza


Michael Collins, il leader dell'Esercito Repubblicano Irlandese (IRA), che portò la delegazione del Sinn Fein ai colloqui di pace ed al successivo trattato del 6 Dicembre 1921 che dava vita allo Stato Libero d'Irlanda, fu influenzato nella formazione del suo nazionalismo dal Napoleone di Notting Hill, che egli definì il suo libro preferito.
Saputo di questo, Lloyd George consegnò delle copie del libro ai membri del suo Gabinetto di governo prima dell'inizio dei negoziati affinché avessero un'idea della mente del leader nazionalista irlandese.
Anche Joseph Plunkett, uno dei condannati a morte dopo l'Insurrezione di Pasqua del 1916 era pure lui un ammiratore appassionato di Chesterton.

(da Ian Ker, G. K. Chesterton. A biography, Oxford Press, 2011; nostra libera traduzione)

Chesterton e Sturzo

Un altro italiano a Londra ebbe a che fare con Chesterton.

Si tratta di don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare.

Egli, durante il suo esilio in Inghilterra, scrisse e pubblicò tra le altre cose un saggio dal titolo La Comunità internazionale e il diritto di guerra, all'inizio del 1929. Sembra che il libro fosse stato recensito dall'Angelo Crespi di cui al post di ieri, recensione apprezzata dall'autore, e che pure il nostro Chesterton ne scrisse brevemente ed in maniera positiva, definendone l'autore «un idealista che ragiona», ma questa recensione, pur positiva, non fu apprezzata da don Sturzo.

Le notizie che ho riportato le potete trovare su Sorvegliato speciale - Sturzo a Londra del mirino dell'OVRA, di Gabriella Fanello Marcucci, edizioni Rubbettino.

Marco Sermarini

giovedì 26 luglio 2012

Chesterton ed Angelo Crespi (1877 - 1948)


Non tutti sanno che Chesterton collaborò per alcuni anni, gli ultimi della sua vita, con la BBC, tenendo una rubrica radiofonica molto seguita dagli ascoltatori.

Chesterton, non tutti oggi lo credono, ebbe una grandissima popolarità durante l'arco della sua vita dai primissimi anni del Novecento in poi.

Ebbene, in una trasmissione fu richiesto dai suoi editori radiofonici di spiegare la concezione della libertà per il cattolicesimo, e a causa di tale articolo (letto da lui stesso per radio) nacque una polemica con il filosofo italiano naturalizzato inglese Angelo Crespi, che lo criticò (pensate) dalle colonne del Catholic Herald, settimanale dei cattolici inglesi ancora esistente. Crespi, seppur cattolico ma di simpatie protestanti e fortemente antifascista, non riteneva che la concezione esposta da Chesterton fosse da ritenere apprezzabile e soprattutto giusta, e lo fece dalle colonne del giornale cattolico (non senza mestare nel torbido, e cioè attribuendo a Chesterton simpatie per Mussolini che questi non aveva). 

Il cattolico a tutto tondo Chesterton lo riprese invece dalle colonne di The Listener, la testata che la BBC aveva creato per i propri radioascoltatori (rimasta in vita sino a qualche anno fa) alla quale Chesterton collaborava con gli articoli letti alla radio ma più spesso con le risposte ai radioascoltatori che gli rivolgevano domande e questioni tutt'affatto peregrine, alle quali Chesterton non si sottraeva mai.

E' già un paradosso la scelta dei luoghi da parte dei due contendenti: Crespi trova spazio sul Catholic Herald ed espone posizioni filoprotestanti, Chesterton invece alloggia su The Listener, periodico assolutamente laico anzi tutt'altro che filocattolico, ed espone posizioni decisamente cattoliche.

L'articolo che riprende la polemica da parte di Chesterton è contenuto ne Il pozzo e le pozzanghere, edito poco tempo fa da Lindau, e si intitola Perché i protestanti proibiscono.

E' interessante perché Chesterton, in questo e nell'articolo successivo contenuto nella medesima raccolta, illustra la sua idea di libertà connessa all'essere cattolico e fa comprendere benissimo i mali del protestantesimo e della concezione calvinista della vita, oltre che del cosiddetto prussianismo tedesco, che ne fu figlio. Cose per lo più ignorate ma che andrebbero riprese accuratamente e diffuse (spesso invece esiste una vulgata che ancora ritiene il protestantesimo una sorta di versione purificata del cristianesimo; Chesterton invece sostiene a buon diritto che esso è l'origine dei mali degli ultimi due secoli, il capitalismo e il socialismo).

Nel collegamento qui sotto trovate invece alcune notizie sul filosofo Angelo Crespi.


Marco Sermarini

mercoledì 25 luglio 2012

Un aforisma al giorno

"Ma se voi siete così triste, è molto meglio. Non avete che da recarvi presso il prete, raccontargli la vostra pena e ricevere Dio dalle sue mani". 

Gilbert Keith Chesterton, La sfera e la croce

Qui invece trovate quella di GKC!

http://www.youtube.com/watch?v=j0F42xoSsi0

Nel collegamento qui sopra c'è un breve audio con una presentazione fotografica che riporta le immagini della Valle del Cavallo Bianco vicino Oxford.

L'audio è una lettura da parte di Chesterton di un breve brano della famosissima e amatissima Ballata del cavallo bianco.

La voce di Belloc

http://www.poetryarchive.org/poetryarchive/singlePoem.do?poemId=7492

Il collegamento che vedete qui sopra riguarda la poesia The Winged Horse (Il Cavallo Alato) di Hilaire Belloc.

Qui troverete il testo ed anche -udite, udite!- una spettacolare registrazione di una lettura cantata della poesia da parte dello stesso Belloc.

Il sito riporta le poesie di autori britannici, ma curiosamente Belloc viene catalogato tra i poeti provenienti da "rest of the world" (cioè dal resto del mondo)... Mah!

Il sito presenta una colpevole omissione: il nostro Gilbert!

Troverete anche Ezra Pound, William Butler Yeats, W. H. Auden, Rudyard Kipling, Seamus Heaney e tanti altri.

Intanto abbiamo segnalato questa grave carenza ed anche dove trovare la voce di GKC. Chi frequenta il blog sa tutto!

lunedì 23 luglio 2012

Un aforisma al giorno


"Quando si vuole fare il catalogo di una biblioteca, o scoprire il sistema solare, o qualsiasi inezia di questo tipo, ci si serva pure degli specialisti. Ma quando si desidera fare qualcosa di estremamente serio, si raccolgano dodici tra gli uomini ordinari che stanno in giro. La stessa cosa fece, se ben ricordo, il Fondatore del Cristianesimo".

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del drago ed altre serissime storie

Un aforisma al giorno


"Il problema posto dalla fiaba è: cosa farà un uomo sano in un mondo fantastico? Il problema del romanzo moderno è: cosa farà un pazzo in un mondo stanco?".

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del drago ed altre serissime storie

Un aforisma al giorno


"Il primo asserto della morale religiosa è che il bianco è un colore. La virtù non è assenza di vizi o lontananza da pericoli morali: la virtù è un’entità vivida e separata, come il dolore o un particolare profumo".

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del drago ed altre serissime storie

Un aforisma al giorno (particolarmente bello e vero)



"Non può esserci segno più forte di una salute gagliarda, della tendenza a inseguire alti e folli ideali; è nella prima esuberanza infantile che noi chiediamo la luna".
Gilbert Keith Chesterton, Eretici

Buone notizie - Una ragazza down di è laureata (pensate a quanti bimbi down vengono abortiti…)

Chiara Birilli, ragazza down, si è laureata

Una vittoria di civiltà a fronte di tanti bambini down che non vengono fatti nascere

di Antonio Gaspari

ROMA, sabato, 21 luglio 2012 (ZENIT.org).- Giovedì 19 luglio, Chiara Birilli, una ragazza down di 26 anni, si è laureata in Economia e Commercio presso l'Università di Cassino. 

Si tratta di una buona e grande notizia, perché Chiara ha mostrato al mondo che la diversità arricchisce l'umanità e che non è vero che i down sono meno intelligenti.

Chiara ha discusso la tesi su "Il valore di un corretto posizionamento di marca nel tempo: i casi Coca Cola e Nutella" in maniera brillante.

Con votazione ottanta su cento è tra le prime persone in Italia affette dalla sindrome di Down a raggiungere la laurea.

Il prof. Raffaele Trequattrini, presidente della Commissione ha detto che "Il suo lavoro è stato molto apprezzato".

Il relatore Dottor Marcello Sansone ha parlato di una "Tesi molto interessante, ha prodotto un lavoro qualitativo di profilo molto alto".

Il rettore dell'Università Ciro Attaianese ha sottolineato a "ll Messaggero" che "L'Ateneo da sempre si è contraddistinto e lavora per fare in modo che le disabilità non siano diversità. Noi proviamo a venire incontro a tutti, affinchè‚ tutti possano raggiungere gli stessi risultati. È questo un elemento di grande civiltà".

Le cronache locali raccontano di un grande entusiasmo intorno a questo evento.

Lei, Chiara Birillila ha spiegato di aver dedicato la tesi alla sua famiglia, "ai miei genitori, a mia sorella, ai miei nonni e soprattutto ai nonni morti perché visto che non sono con noi gli ho sentiti ancora più vicini".

La mamma Lucia ha detto a "Il Messaggero": "E stata bravissima, avevo il cuore in gola mentre parlava. Abbiamo lottato tanto, ma ora quello che desidero è che lei possa continuare sempre così".

Il papà Alfredo ha raccontato che il giorno precedente alla discussione della tesi "la strada che portava a Cassino, non era mai sembrata cosi lunga, lo stomaco chiuso, le parole che non uscivano dalla bocca".

"Il tragitto sembrava lunghissimo – ha continuato - quando siamo partiti eravamo emozionantissimi, ma ora la felicità è tanta, è il giorno di Chiara, è la sua vittoria e le auguro che sia il principio di un grande inizio". 

Ad assistere alla discussione della tesi anche la nonna Concetta, che con orgoglio ha detto "quella è mia nipote sono sempre stata contenta della sua scelta di studiare e quando mia figlia mi ha detto che era arrivato il giorno della laurea ho toccato il celo con un dito, mia nipote è forte e andrà avanti".

sabato 21 luglio 2012

Gialli, donne, Chesterton...


Chesterton ricorre qui sotto ma anche altrove, in questo articolo de Il Vostro Quotidiano:

http://www.ilvostro.it/cultura-e-spettacolo/ma-quali-donne-del-giallo-la-letteratura-e-un-mondo-maschile/48760/

"Nel capitolo Il romanzo poliziesco del saggio Letteratura e vita nazionaleAntonio Gramsci cita Padre Brown di Chesterton facendo rilevare che chi indaga, alias Padre Brown, sia un prete, vale a dire un profondo conoscitore, non di cose, ma di anime. E' questo, desume Gramsci, il vero supporto per un giallo".

Ricordiamo che l'interesse anzi la stima di Gramsci per GKC è stata riscoperta dal nostro blog. Cercando al suo interno troverete diverse tracce di questa riscoperta.

Ma l'articolo parla di altro ancora. Chi vuole lo legga.

venerdì 20 luglio 2012

Un aforisma al giorno


"Se un uomo fosse convinto che la terra è rotonda perché sua nonna sosteneva che era piatta, un altro dovrebbe soltanto dire che è a forma elicoidale per essere per essere un idiota più evoluto dei primi due".

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù

giovedì 19 luglio 2012

Un aforisma al giorno


"La negazione dell’identità è il tratto distintivo dell’opera di Satana".

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù

Un aforisma al giorno


"Secondo il mio giudizio, opprimere le persone è un peccato terribile; ma deprimerle è un peccato ancora peggiore".

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù

La Chesterton Library di Oxford

Tempo fa, cari amici, vi parlammo dell'iniziativa della Chesterton Library.

Ora essa ha un sito, il cui collegamento trovate qui sotto.

La Chesterton Library è un progetto voluto dal benemerito Aidan Mackey e portato avanti oggi anche dal nostro amico Stratford Caldecott. E' organizzata come una charity, una specie di quelle che da noi si chiamano o.n.l.u.s., e si possono fare donazioni ad essa.

Sorgerà presso l'Oratorio di Oxford, la cui sede è in corso di ampliamento e abbellimento anche per questo scopo.

La Library conterrà tra l'altro molte cose appartenute a Chesterton, tra cui il suo cappello, il teatrino delle marionette tanto caro a molti di noi, il suo bastone...

Sono in cerca di aiuto. Cercheremo di approfondire l'argomento, perché noi qui in Italia già sentiamo nostro questo progetto dedicato al nostro carissimo amico Gilbert.

Intanto facciamo notare che sotto l'elenco "Important Links List" ci siamo anche noi.

Siamo amici e formiamo una squadra. E' molto bello.

http://chestertonlibrary.blogspot.co.uk/

mercoledì 18 luglio 2012

Un aforisma al giorno

"Nel trattare con i fanciulli abbiamo il diritto di imporci perché se usassimo la persuasione rovineremmo l'infanzia".

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù.

martedì 17 luglio 2012

Un aforisma al giorno

"Per quanto io riesca a capire, si reputa straordinario il fatto che un uomo sia normale, ordinario. Io sono ordinario nel senso più comune del termine, il che significa accettare un ordine, un Creatore e la creazione, e provare un senso di gratitudine per essa, ritenere la vita e l'amore quali doni costantemente buoni, il matrimonio e la galanteria quali leggi che giustamente li controllano e approvare le altre normali traduzioni comuni al nostro popolo e alla nostra religione".

Gilbert Keith Chesterton, La mia fede 

Un aforisma al giorno

"I cosiddetti uomini pratici non sanno mai che cosa cercano di ottenere".


Gilbert Keith Chesterton, Il profilo della ragionevolezza 

Un aforisma al giorno


"Il mondo moderno è pieno di antiche virtù cristiane impazzite. Le virtù sono impazzite perché sono state isolate l'una dall'altra e stanno vagando sole. Così ad alcuni scienziati sta a cuore la verità, e la loro verità è spietata. Così ad alcuni umanitari interessa solo la pietà, e la loro pietà (mi spiace dirlo) è spesso falsa".

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia


I Fantasmi di Padre Brown

Riceviamo da Matteo De Benedittis e volentieri vi giriamo:


Gentile Segreteria Volante,
allego alcune foto e link ai video fatti durante lo spettacolo "I Fantasmi di Padre Brown", andato in scena a Reggio Emilia l'1,2,3 giugno (di cui l'ultima replica durante il terremoto).

(La Compagnia Fucina Pacis della parrocchia di Regina Pacis ha prodotto anche una versione teatrale de Le Lettere di Berlicche, di cui trovate l'intero video su youtube.)

Spero che vi possa interessare.
Nel caso, restiamo disponibili a replicare un po' dappertutto.

Grazie, cordiali saluti!

link:
i fantasmi di padre brown venerdì 1 6 12 signor XL
i fantasmi di padre brown sabato sera 2 6 12 il giallo
i fantasmi di padre brown sabato sera 2 6 12 gideon wise
i fantasmi di padre brown sabato sera 2 6 12 exmoor
i fantasmi di padre brown - domenica pomeriggio 3-6-12 - il giornalismo.mp4


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Matteo De Benedittis






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Società Chestertoniana Italiana
Via San Pio X, 4/C
63074 San Benedetto del Tronto (AP)
http://uomovivo.blogspot.com
C.F.: 91022790447  ccp 56901515

"Quando vale la pena di fare una cosa, vale la pena di farla male".

(G.K. Chesterton)

lunedì 16 luglio 2012

Ancora sulle questioni di cui ci parlava Gianfranco Amato

Cari Amici,
avete letto l'articolo di Gianfranco Amato sulla proposta di legge che costituisce un grave attacco alla famiglia?
Ve lo riproponiamo qui sotto:


Ora il sito CulturaCattolica.it ha indetto una petizione al Parlamento a cui vi chiediamo di aderire qui sotto (è facile e richiede pochissimi minuti, un paio massimo): 

http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=17&id_n=30586

Minosse e spread, serve un tuffo chestertoniano per non sentirsi pesce fuor d'acqua


Penso di essere l’anti-tipo da spiaggia per eccellenza. La mia resistenza sotto il sole non va oltre i pochi minuti, e anche all’ombra ho i secondi contati. E così la mia routine nella settimana di mare appena trascorsa si è svolta in modo noiosamente ripetitivo: dopo aver verificato che pur sotto l’ombrellone con ogni sorta di palliativi atti a lenire il caldo (bottiglie d’acqua, ventagli, spray rinfrescanti) Minosse, Caronte & Co. l’avevano comunque vinta, mi precipitavo in acqua fino a quando marito e figli non reclamavano insistentemente che la mia presenza era richiesta per motivi diversi dalla pura balneazione. Uscire dall’acqua per rimettersi nell’arsura della sabbia rovente è una brutta sensazione.
Ho descritto una situazione comune, un luogo comune per molti. Per questo si tratta di un argomento interessante e, a tal proposito, il signor Chesterton scrisse nei suoi anni giovanili una simpatica poesia, rielaborando in modo stupefacente l’espressione “pesce fuor d’acqua”. Racconta la storia di un gruppo di audaci pirati che, dopo aver solcato tutti gli oceani del mondo, depredando e conquistando tesori, alla fine si imbattono nella tempesta più tremenda mai vista. E mentre si barcamenano per venirne fuori, il capitano si accorge che in mezzo a quel mare furiosamente agitato nuota un pesciolino; prova pena per lui e – parafrasando i versi di GKC – pensa: “Ma guarda! Io sono qui, al riparo nella mia cabina, e lui è la fuori nel mare: la scienza m’insegna che se un essere vivente sta troppo immerso nell’acqua si bagna e s’ammala, quindi io salverò quel pesce!”. I marinai lo pescano, lo fanno salire a bordo e cominciano a prodigarsi per lui offrendogli ogni sorta di cibo e divertimento. Lo adagiano su cuscini ricamati e lo intrattengono, ma il povero pesce non si mostra molto soddisfatto del trattamento; anzi diventa sempre più triste e deperito.
La storia però ha un finale ironicamente lieto: quei pirati, arrabbiati per il comportamento asociale di quel pesce ingrato, lo condannano a morte – e cioè lo ributtano in mare. Nel rituffarsi in acqua il pesce fa loro un inchino e manda un bacio, e di nuovo le sue pinne si colorano con le tinte vivaci e intense del sole al tramonto. Chesterton non valutava un granché questo suo componimento giovanile, ma io lo trovo molto azzeccato per descrivere una sensazione che provo molto frequentemente e a cui ho dato un nome preciso solo dopo aver incontrato le parole del signor Chesterton.
Il disagio, l’inquietudine, l’incertezza appartengono alla nostra condizione umana: spesso ci sentiamo come quel pesce che langue sulla barca, ma quel che è peggio è che ci hanno abituato a pensare che il rimedio al disagio non esiste, e ce lo dobbiamo tenere, anche se poi esistono tanti pirotecnici palliativi per metterlo a cuccia, per nasconderlo o far finta che non ci sia. Invece, la morale della storia del pesce fuor d’acqua è ovvia quanto vera: non ci occorre altro che stare nell’acqua. Non ci occorre altro che rimettere a fuoco le basi dell’umano, quelle che la tradizione e il senso comune ci hanno da sempre consegnato, nonostante la loro voce sia schiacciata dalle grida stridule di teorie o astrattamente ottimistiche o cupamente pessimistiche. In questo brodo di palliativi l’umano si rinsecchisce e si inaridisce come sotto la canicola.
Il punto è che quel pesce avrebbe superato molto meglio la tempesta stando nel suo elemento naturale, piuttosto che in un luogo apparentemente più protetto e ricco di opportunità – ma ultimamente mortale – come la nave. Quando Chesterton e i suoi amici, Hilaire Belloc e Vincent Mc Nabb, diedero vita a quella visione sociale ed economica del mondo chiamata distributismo, il loro intento fu proprio di riportare l’uomo nella sua acqua (sulla scorta dei principi della dottrina sociale della Chiesa), e soprattutto di mettere in chiaro che l’acqua c’era. In qualche modo ce l’abbiamo davvero sempre sotto gli occhi anche noi, considerando che la stessa parola economia ha come radice etimologica la parola «casa», intesa come l’insieme dei rapporti e legami familiari.
Distributismo, quindi, è una parola che sarebbe bello sentire più spesso nei dibattiti televisivi e sui giornali quando si parla della situazione attuale solo in termini di crisi. Ne Il profilo della ragionevolezza Chesterton ne spiega il senso complessivo con un altro esempio marittimo: «La cosa naturale quando si ha a che fare con un’operazione sbagliata è fare retromarcia. L’azione naturale, quando la proprietà finisce per essere in mano a pochi, è di rimetterla nelle mani di molti. Se venti uomini stanno pescando in un fiume e l’affollamento è tale che le loro lenze si sono intrecciate fino a sembrare una sola, l’operazione normale è districarle, e far sì che ogni pescatore ritorni a usare la propria lenza. Senza dubbio se ci fosse un filosofo collettivista sulla riva di quel fiume si metterebbe a dire che quei fili intrecciati di fatto hanno formato una rete; e allora ci si potrebbe dedicare alla pesca a strascico sfruttando lo sforzo comune. Ma trarre un improbabile vantaggio da una cosa sbagliata non è mettere a posto le cose. Il socialismo non è altro che l’elemento che completa la catena che parte dalla concentrazione capitalistica».
Recentemente nell’annuale Chesterton Day che si svolge a Grottammare (AP), arrivato alla sua decima edizione, è stata messa a tema la praticabilità del distributismo nella nostra attualità ed è stato invitato a parlarne Stratford Caldecott, presidente del Center for Faith and Culture di Oxford, che ha affermato: «Il distributismo non è socialismo. Non suppone che la proprietà debba essere tolta ai ricchi e data ai poveri, ma piuttosto che la legislazione renda più facile al piccolo proprietario terriero o al piccolo commerciante di sopravvivere e renda più difficile ai magnati di accumulare troppa ricchezza e potere così da costringere i piccoli proprietari e commercianti a diventare suoi impiegati. Il distributismo dichiara che gli esseri umani sono più felici non quando posseggono un’enorme ricchezza, ma quando hanno il pieno possesso della libertà, nel senso di sentirsi responsabili di sé e delle proprie scelte, e soprattutto della libertà di crearsi una famiglia e provvedere a essa. A un uomo dovrebbe essere concesso di star saldo sui propri piedi, e non solo di starsene a penzoloni dalla cintura di un altro uomo».
È un argomento vasto che riguarda concrete possibilità operative in molti ambiti sociali, anche – ed è fondamentale – in quello educativo. Diciamo che questo è stato un primo rinfrescante tuffo, sintetizzabile con un altro dei mirabili aforismi del signor Chesterton: «Non dico che lo Stato ha bisogno solo di quegli uomini che non chiedono niente allo Stato. Dico che di uomini che sappiano autonomamente provvedere ai propri bisogni c’è molto bisogno».


Leggi di Più: Minosse e Spread, cosa direbbe Chesterton | Tempi.it 

domenica 15 luglio 2012

Google lancia la sua campagna pro gay






(di Gianfranco Amato) Sabato scorso, 9 luglio 2012, al più importante raduno mondiale della comunità LGBT (Global LGBT Workplace  Summit) tenutosi –non a caso – a Londra, il colosso informatico Google ha lanciato una personale campagna pro-gay intitolata Legalize Love. Il comunicato ufficiale che annuncia l'evento ha un titolo emblematico: «I diritti LGBT sono diritti umani». Anche l'incipit non scherza: «Noi di Google siamo orgogliosi di essere riconosciuti come leader nella lotta per i diritti della comunità LGBT, anche se c'è ancora molta strada da percorrere in quella direzione».

Legalize Love rappresenta una tappa di tale percorso. Lo scopo ufficiale dell'iniziativa sarebbe quello di promuovere condizioni più sicure per i dipendenti LGBT di Google che si trovano ad operare nelle settanta sedi sparsi in tutto il mondo, e particolarmente in quelle nazioni ove sono in vigore legislazioni considerate omofobe.

In realtà si tratta di una potente azione di propaganda ideologica in favore delle lobby omosessuali. Nel comunicato, del resto, Google non ne fa un mistero. Viene, infatti, ricordata la lunga tradizione di sostegno a tutti iGay Pride celebrati nel mondo, compresi, ovviamente, quelli di quest'anno, in cui più di 1.500 Googler (così si chiamano i collaboratori di Google) hanno marciato, tra l'altro, anche a Boston, Chicago, New York, San Francisco, San Paolo, Tel Aviv e Varsavia.

Al World Pride di Londra, invece, hanno partecipato tutti i Gaygler (così si chiamano i collaboratori orgogliosamente gay di Google) provenienti da una dozzina di nazioni. Ma il sostegno non si limita certo alla variopinte parate. Sempre nel comunicato, Google rivendica con orgoglio anche il fatto di aver organizzato numerose attività con lo scopo di "educare" la comunità internazionale sui diritti e l'integrazione LGBT, attraverso seminari, conferenze, training svolti presso le sue sedi. Segue un lungo e dettagliato elenco.

Un dato interessante per comprendere la potenza di fuoco finanziaria che sta dietro questa macchina di propaganda, è quello relativo alle società multinazionali che hanno sottoscritto una partnership con Google per essere coinvolti nella campagna Legalize Love. Basta citare due nomi per tutti: Citigroup, la più grande azienda di servizi finanziari del mondo, e Ernst & Young, una delle "Big Four", ovvero una della quattro maggiori reti societarie a livello internazionale che si occupa dei servizi professionali alle imprese (revisione di bilancio, consulenza aziendale, finanziaria, fiscale e legale).

Non tutti i discriminati sparsi sulla Terra, purtroppo, possono vantare simili amici e sponsor. Ne sanno qualcosa i 200.000 cristiani discriminati in Arabia Saudita, Bangladesh, Egitto, India, Cina, Uzbekistan, Eritrea, Nigeria, Vietnam, Yemen e Corea del Nord. Per loro Google non ha ritenuto di organizzare alcuna campagna.

In realtà il coacervo di interessi che sta dietro il più grande Motore di Ricerca della Rete sembra essere attratto solo dai temi che possono definirsi politicamente corretti. Questa di Legalize Love, infatti, non è la prima incursione di Google nel terreno incoerente ed insensato della political correctness. Ricordo, infatti, che quattro anni fa, nell'aprile 2008, affiancai gli amici di The Christian Institute, organizzazione britannica pro-life, nella battaglia legale intentata proprio contro Google a causa del suo rifiuto di pubblicare un comunicato in tema di aborto.

Il gigante di Internet si oppose alla pubblicazione sull'assunto che la sua politica editoriale non riteneva opportuna la diffusione nei siti web di comunicati che «correlassero il tema dell'aborto a considerazioni di natura religiosa». The Christian Institute incaricò i propri legali di promuovere un'azione giudiziaria contro Google sulla base della violazione dell'Equality Act, la legge britannica del 2006 che vieta ogni forma di discriminazione religiosa.

In quell'occasione fu davvero paradossale constatare come Google, che da sempre si proclama impegnato nella diffusione degli ideali di libertà di pensiero e di libero scambio di idee, abbia censurato il comunicato in questione definendone il contenuto «inaccettabile». A seguito di quell'azione giudiziaria, Google concluse una transazione stragiudiziale e accettò di rivedere la propria posizione, autorizzando The Christian Institute e ogni altra associazione religiosa a pubblicare comunicati connessi alle proprie finalità associative in tema di aborto.

Si è dovuto ricorrere ai magistrati per ottenere quel risultato, e per far applicare una legge antidiscriminatoria nei confronti di chi oggi pretende di combattere ogni forma di discriminazione verso gli omosessuali. Le solite immancabili contraddizioni del politically correct.

L'economia politica del distributismo

Una dettagliata ed efficace relazione a cura del nostro Fabio Trevisan sulla conferenza tenuta a Bergamo sul distributismo da John Medaille. Rimaniamo accuratamente sul pezzo perché crediamo fermamente nel distributismo. 

Presso la Biblioteca Caversazzi di Bergamo lo scorso 11 luglio si è tenuta una conferenza, il cui titolo (Il Distributismo: un modello di società alternativo a capitalismo e social-comunismo) sembrava riproporre il sottotitolo all'opera di Chesterton: "Il profilo della ragionevolezza".
Presieduta da Matteo Mazzariol, Presidente di Giustizia Monetaria, un'organizzazione che si occupa in particolar modo del coordinamento per la proprietà popolare della moneta, la serata ha avuto come illustre ospite e conferenziere il Prof. John C. Medaille, docente presso l'Università di Dallas, Stati Uniti e manager di grandi corporation e piccole aziende per più di trent'anni. 
Illustrando i principi fondamentali del Distributismo, il relatore è sembrato riprendere e sviluppare alcuni temi dibattuti a Grottammare durante il precedente X Chesterton Day.
Citando una frase di James T. McCafferty: "Quando capitale diventa un ismo, diventa pure un'ideologia", il Prof. Medaille ha ribadito la profonda affinità dei temi del Distributismo con la Dottrina sociale della Chiesa e con il pensiero di Gilbert Keith Chesterton e Hilaire Belloc.
Il suo primario scopo è stato quello di illustrare come l'ordine economico proposto dal Distibutismo sia fondato sull'equità e sull'equilibrio, ponendosi come alternativa reale e pratica all'assenza di equità, che ha reso l'equilibrio impossibile e l'inefficienza inevitabile.
Medaille ha sostenuto che sono necessarie anzitutto tre cose: 1) collocare l'Economia Politica nel suo specifico posto nella gerarchia scientifica; 2) mostrare i motivi per cui la giustizia distributiva sia necessaria all'ordine economico; 3) dimostrare che la proprietà porti alla radice della giustizia distributiva. Questi tre aspetti tenuti assieme, ha sottolineato Medaille, conducono alla filosofia economica nota come "Distributismo". Il compito necessario non sta nell'inventare ma nel riscoprire, come hanno rimarcato ampiamente Gilbert Keith Chesterton e Hilaire Belloc. Riscoprire le radici dell'ordine economico, renderle operative ed applicarle alle situazioni nuove e reali. La scienza economica, ha ribadito il Prof. Medaille, è la scienza pratica par excellence ed è governata dalla ragione pratica, che ha il suo primo assunto nell'esatto detto: "Il bene deve essere fatto ed il male evitato". Allora il compito da assumersi primariamente è il collocare l'economia politica entro la giusta gerarchia scientifica. Contrastando il liberismo del laissez-faire come principio autoregolatore del mercato, Medaille ha evidenziato il differente modello economico che vede la famiglia protagonista, che aggiunge veramente ricchezza all'economia. Facendo esempi concreti, il Prof. Medaille ha difeso il "capitale" dall'aggressione ideologica capitalistica, dimostrando come un contadino -che desideri avere un raccolto il prossimo anno- abbisogni di salvare qualcosa di quello che ha prodotto (il "capitale"). Questo sano concetto di "capitale" che proviene dal lavoro contrasta con il sistema dell'usura capitalistica moderna che è basato sulla ricchezza senza lavoro. Anche un sistema bancario, ha denunciato Medaille, che avvantaggi l'avarizia e perda la fonte originaria del lavoro umano, inverte l'ordine naturale producendo quei mostri finanziari che sovvertono a loro volta un proprio ordine, diventando padroni della produzione anziché aiuti all'economia reale.
Nelle economie capitalistiche, la vasta maggioranza degli uomini non ha sufficiente capitale per sostenere la propria vita, dovendo così lavorare per un salario per poter vivere. Uomini e donne, ha proseguito John Medaille, non hanno avuto un sufficiente potere d'acquisto per poter equilibrare il mercato, accentuando il disequilibrio e quindi portando alla recessione. Facendo ancora uno stimolante confronto, il Prof. Medaille ha chiarito che se un manager può avere un reddito cinquecento volte più alto di quello di un onesto lavoratore, invece di investimenti produttivi utilizzerà il suo denaro per strumenti speculativi che il mercato finanziario colloca a piene mani. Se quindi i salari ed i profitti non si regolano l'un l'altro, le disfunzioni finanziarie e le crisi sono inevitabili. Citando il volume di Hilaire Belloc La restaurazione della proprietà, Medaille ha sottolineato gli errori che si possono compiere nel trasferire potere d'acquisto da un gruppo (pochi capitalisti) ad un altro (molti indigenti). Gli sbagli possono essere sintetizzati in tre punti: 1) la carità (soprattutto nella forma assistenzialistica); 2) la spesa statale; 3) il credito al consumatore (o l'usura).
Questi falsi rimedi alle disfunzioni del capitalismo hanno portato ad un'economia di plastica, basata su aperture di credito e sintetizzata dal proliferare delle carte di credito costituendo, come ha descritto in un'immagine efficace Medaille, un castello di carte instabile e fluttuante.
Evidenziando come il lavoro (human beings) sia profondamente umano e non una merce (commodity) la cui offerta è regolata dal prezzo, Medaille ha accennato al doveroso riferimento al Magistero della Chiesa, in particolar modo a quelle encicliche (cosiddette "sociali") che, a partire dalla Rerum novarum di Leone XIII hanno condotto alla Caritas in veritate di Benedetto XVI.
Criticando la "marginal productivity" di J. B.Clark, che aveva teorizzato una distribuzione della ricchezza nella quale i salari avrebbero dovuto crescere con una maggior produttività, il Prof. Medaille l'ha sconfessata empiricamente con i dati della produttività statunitense, che negli ultimi 40 anni ha avuto un aumento della produttività mantenendo un medio salario immobile dal 1973.
Perché il libero mercato non produce equità? Medaille, riprendendo l'economista Adam Smith, ha sostenuto che non sta nella produttività ma nel bilanciamento del potere la soluzione alle disfunzioni economiche e sociali. Se le relazioni di proprietà sono alla base delle relazioni economiche, tutto dipenderà dalla natura sostanziale di quelle relazioni. Citando un efficace truismo di Daniel Webster: "Il potere segue la proprietà", Medaille ha sostenuto l'importanza del concetto di proprietà, di ciò che è essenzialmente proprio della proprietà, caratteristico della persona umana quando afferma: "Questa è la mia terra" o "questa è la mia casa". Affermazioni naturali come l'aria che si respira e che quindi permettono alla persona umana (primato della persona anche nella Dottrina sociale della Chiesa) di vivere con un'autentica e necessaria dignità.
Facendo una breve ma estremamente interessante rassegna storica della modifica del concetto di proprietà, Medaille ha analizzato il cambiamento avvenuto dal 1535 con la confisca dei monasteri che portò alla codifica in legge nel 1667 con lo Status of Frauds. Prima del regno di Enrico VIII, ha dimostrato il Prof. Medaille, coloro che lavoravano nelle tenute del re (il re era considerato property-holder, unico proprietario) in quanto inquilini (tenants) offrivano servizi collegati alla difesa della terra: difesa, miglioramenti ed altre pratiche. La mentalità moderna, ha sostenuto ancora Medaille, pensa al contadino del XV secolo come ad uno schiavo senza alcun potere ma, al contrario, come rilevanti studi ed analisi hanno dimostrato, i salari erano piuttosto alti, tanto che un artigiano poteva sostenere la propria famiglia con sole dieci settimane di lavoro in un anno, così come un altro comune lavoratore poteva farlo con appena quindici settimane. Dopo la chiusura dei monasteri nel XVI secolo, i salari collassarono al punto che un artigiano doveva lavorare trentacinque settimane in un anno per mantenere la propria famiglia, così come rispettivamente un comune lavoratore doveva farlo per quarantadue settimane. L'assunzione di questi dati incontrovertibili palesa la fondamentale importanza delle istituzioni ecclesiastiche per preservare la libertà della persona umana, a partire dalle libertà economiche che creano indipendenza e sostegno alla famiglia. Dopo il XVI secolo, con la perdita graduale dell'indipendenza economica, le famiglie hanno dovuto sottostare a contratti divenuti leonini, fondati sull'ineguaglianza e l'ingiustizia, compromettendo definitivamente la propria libertà. Cosa fare per restaurare la giustizia distributiva?
John C. Medaille ha citato un'affermazione di R.H. Tawney: "La proprietà deve essere un aiuto al lavoro creativo e non un'alternativa ad esso" affinché si possa recuperare una funzione legittima della proprietà attraverso una più larga diffusione della proprietà stessa. Concludendo con ulteriori esempi pratici di pratiche distributiste, Medaille ha menzionato la Mondragon Cooperatives fondata sessanta anni fa  in Spagna ed ispiratata dal sacerdote cattolico basco Don José Maria Arrizmendiarrieta, che oggigiorno raccoglie trecento cooperative e fa lavorare ottantamila persone, non facendo solamente business, ma anche operando funzioni educativo e sociale quali scuole, istituti di ricerca, università, corsi di apprendistato e molto altro. Anche negli Stati Uniti, più recentemente, l'esempio della Springfield Remanufacturing Corporation può essere additato quale esempio di stile distributista. Il suo Presidente, Jack Stack, dal 1983 ha salvato dal fallimento l'azienda investendo nel capitale umano e nel coinvolgimento delle famiglie e delle parti sociali, facendola diventare una grossa cooperativa sociale che si occupa, oltre che della produzione, dell'educazione e della formazione delle persone coinvolte.
Il relatore ha concluso, anche rispondendo ad alcune domande del pubblico, rammentando l'importanza della famiglia,della crescita demografica e delle relazioni culturali e sociali.
Si è inoltre incoraggiato la difesa dei valori cristiani ispirati dalla corretta interpretazione della Dottrina sociale della Chiesa e dalla lettura efficace e sempre attuale dei capostipiti del pensiero distributista: Gilbert Keith Chesterton e Hilaire Belloc.

Fabio Trevisan



Nella foto qui sopra: in prima fila a destra John Medaille; 
dietro da sinistra Fabio Trevisan e Matteo Mazzariol

sabato 14 luglio 2012

Annalisa Teggi risponde a Kris 50 su Chaucer

Kris 50 ha ragione, quella del medioevo è la luce di mezzogiorno! E in Chaucer troverà luce abbagliante in abbondanza... sdoganiamo il Medioevo!

giovedì 12 luglio 2012

Ecco cosa dice Annalisa Teggi sull'ultima fatica traduttiva, il Chaucer

Noi chestertoniani stimiamo molto Annalisa, non solo perché è una dei nostri ma anche perché è molto brava a fare il suo lavoro di traduttrice. Tradurre Chesterton non è come tradurre un inglese qualsiasi, ve lo diciamo da chestertoniani.


Ecco cosa ci dice Annalisa in proposito:


«Oggi esce la mia ultima fatica traduttiva, ma oltre alla fatica c'è anche l'entusiasmo. Ecco uno dei miei passi preferiti: "È solo da poco tempo, in un recente e tormentato periodo di transizione, che ogni scrittore ha pensato che fosse suo dovere scrivere una nuova teoria su tutte le cose, o disegnare una mappa del mondo mai vista prima. I vecchi scrittori si accontentavano di parlare del vecchio mondo, ma di farlo con una freschezza immaginativa tale da farlo in ogni caso sembrare un nuovo mondo. I poeti non si sono mai abituati alle stelle; ed è loro compito impedire a chiunque altro di abituarsi"».

L'ultima pubblicazione chestertoniana di Lindau: Il racconto del mondo - Chaucer e il medioevo



La traduzione è della nostra Annalisa Teggi.
Poche opere di Chesterton hanno la felice ispirazione di questo denso e arguto testo sulla cultura medievale e su Geoffrey Chaucer, il «padre della letteratura inglese», che fu uno dei suoi massimi rappresentanti. Chesterton rievoca alla sua maniera – libera, ironica, pungente – questa poliedrica figura di scrittore, poeta, funzionario di corte e diplomatico morto nell’anno 1400, di cui poco si sa, oltre al fatto che scrisse I racconti di Canterbury e si mosse da protagonista discreto sullo scenario europeo durante la Guerra dei Cent’Anni. Chaucer ci ha lasciato scritto che era grasso, che era pigro nell’alzarsi dal letto, che prediligeva le circostanze in cui poteva far la figura dello sciocco, che si pensava di lui che schivasse i suoi vicini a causa della sua mania per i libri... sembra l’autoritratto di Chesterton, che si riconosceva profondamente in questo erudito non paludato, spirito indipendente e curioso, razionale e sentimentale, autorevole e giocoso. Ma soprattutto, cattolico. Agli occhi di Chesterton, Chaucer incarna l’universalità della cultura cristiana e la ricchezza del suo umanesimo, elementi fondativi del medioevo e tutt’altro che inutili oggi. «Siamo abituati a sentir parlare di secoli bui, ma la maggior parte di noi sa che i veri secoli bui vennero prima del medioevo e che per molti aspetti il medioevo fu tutto fuorché buio», scrive Chesterton. Il medioevo raccontato in questo libro è un’epoca straordinaria sul piano dell’arte e della spiritualità, che non può essere ridotta a una sorta di parentesi magari suggestiva, ma in fondo un po’ estranea al corso della storia dell’uomo occidentale.
Lungi dall’essere un tributo accademico, queste pagine fanno rivivere un intero mondo e aggiungono un nuovo, suggestivo tassello al grande affresco sull’Occidente realizzato da Chesterton con il complesso della sua opera.


«In Italia la fortuna di Chaucer è faccenda di pochi specialisti, mentre una delle ambizioni di Chesterton è quella di rendere un poco di giustizia a un autore che egli ritiene sempre e anzitutto estremamente “popolare”: un uomo che ha scritto per il popolo ciò che al popolo piace da sempre sentirsi raccontare, ieri come oggi.»
dalla prefazione di Edoardo Rialti


Qualche assaggio dal libro...
L’introduzione di G.K.Chesterton 
Capitolo 1
 

L'AUTORE

Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari e polemici, romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli. Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino, le opere La Chiesa cattolicaEreticiOrtodossiaLa mia fedeCiò che non va nel mondoIl profilo della ragionevolezzaLa nuova Gerusalemme,L’uomo comune, L’imputatoLa serietà non è una virtùQuello che ho visto in AmericaIl pozzo e le pozzanghere, i romanzi Il Napoleone di Notting Hill, I paradossi del signor PondLo scandalo di Padre Brown e l’Autobiografia.