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martedì 31 dicembre 2013

Qualche aforisma in inglese...

... come i botti di fine anno, come i fuochi artificiali di Gandalf il Grigio, ma i nostri sono fuochi reali!

Gilbert è Gilbert!

Tweet da Soc Chestertoniana (@Sochest)

Soc Chestertoniana (@Sochest)
@GKCDaily To me it is a more solid and startling fact that any man in the street is a Great Might-Not-Have-Been. #Chesterton #Orthodoxy

lunedì 30 dicembre 2013

Alcuni interessanti appuntamenti per chi ha a cuore un mondo sano


11 gennaio 2014 - Piazza di Pietra, ore 15.30 - MANIFESTAZIONE A DIFESA DELLA FAMIGLIA, organizzata da Manif pour Tous Italia e con intervento  di Gianfranco Amato per i Giuristi per la Vita:http://www.giuristiperlavita.org/joomla/22-appuntamenti/197-11-gennaio-2014-roma-manifestazione-in-difesa-della-famiglia
 
sempre a Roma e sempre l'11 gennaio 2014  -  conferenza sul tema "IL MONDO OMO - Riflessioni su omosessualità, omofobia e ideologia di genere", organizzata dall'Associazione Archè  - ore: 10,00 - 18, 00 - Casa Santa Francesca Romana - Via dei Vascellari, 61 - Roma - per i Giuristi per la Vita interverrà Tommaso Scandroglio:http://www.giuristiperlavita.org/joomla/22-appuntamenti/158-14-gennaio-2014-roma-il-mondo-omo-riflessioni-su-omosessualita-omofobia-e-ideologia-di-genere
 
24 gennaio 2014 - TORINO - FEDERVITA PIEMONTE organizza il convegno scientifico "L'INIZIO DELLA VITA LUCI ED OMBRE" - Aula Adriano Bocci, Dipartimento Scienze Chirurgiche - Università degli Studi di Torino, Via Ventimiglia, 3, Torino ore9.30 – 13.00 e 14.30 – 17.00. Tra i relatori Giacomo Rocchi :http://www.giuristiperlavita.org/joomla/22-appuntamenti/193-24-gennaio-torino-l-inizio-della-vita-luci-ed-ombre

Un giro ad Assisi, io, tu e "il nostro signor Capone"...

È un episodio spettacolare.

Neville Braybrooke (figlio di Patrick, cugino di GKC) riferisce questo spassoso episodio:

- In una breve memoria che mio padre pubblicò nel 1938 dopo la morte di Chesterton, egli fa riferimento al gusto per il divertimento e all'amore per il ridicolo di GKC. Ancora ricordo la sua intensa e sonora risata. E così anche mia moglie che da bambina viveva in un appartamento vicino ai Chesterton a Westminster.
Sua madre e Frances Chesterton divennero buone amiche. La storia che segue, che non è mai stata pubblicata, avvenne ad Assisi negli Anni Venti.
Alloggiava nello stesso hotel dei Chesterton un affascinante signore italo americano che si chiamava signor Capone; aveva un'automobile grande e comoda e si offrì di accompagnare la coppia inglese a visitare i santuari locali, inclusi l'Eremo delle Carceri e La Verna.
Solo nel 1929 Chesterton scoprì da una foto sui giornali, dopo il Massacro di San Valentino a Chicago, che il loro gentile amico - "il nostro signor Capone", come lo chiamava Gilbert - non era altri che il famoso gangster americano Al Capone.

Tratto da The Tablet, citato in un numero della Chesterton Review del 1986, riportato nel blog Laughter and Umility e scovato dal nostro insostituibile Angelo Bottone.

domenica 29 dicembre 2013

Un aforisma al giorno

"Nessuno dovrà più combattere contro una proposta di censura della stampa. Non abbiamo bisogno di censurare la stampa. Abbiamo una censura attuata dalla stampa".

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Un aforisma al giorno




Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

sabato 28 dicembre 2013

Un aforisma al giorno

"Non puoi amare una cosa senza desiderare di combattere per essa".


Gilbert Keith Chesterton, Introduzione a Nicholas Nickleby


Un aforisma al giorno

"Gli angeli possono volare in quanto sanno prendersi con leggerezza [...]. È facile essere pesanti: difficile essere leggeri. Satana cadde a causa della gravità".

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Un aforisma al giorno

"Io sono soltanto uno. Non posso fare tutto, ma questo non mi fermerà dal fare quello che posso".

Gilbert Keith Chesterton

Borghese proprio no.

Ogni tanto qualcuno si sveglia e dice delle cose che non esistono su Chesterton.

Borghese no. Non lo è mai stato.

Non comunista, non borghese, non conservatore, non progressista, no.

Era cattolico, distributista perché cattolico, grosso, simpatico e allegro, San Tommaso d'Aquino del XX secolo.

Punto.

Non ce lo ruberete mai.

Da Il Giornale - Un estratto da Lo spirito del Natale (ma Chesterton non era borghese, grazie a Dio)

È un estratto da Lo spirito del Natale, editrice D'Ettoris, curato da Maurizio Brunetti e con prefazione e introduzione di Fabio Trevisan e Mons. Luigi Negri, tutti nostri amici.

L'unica cosa che non va è parte del titolo. Chesterton era grasso ma non aveva il difetto di essere borghese, grazie a Dio.

Viva GKC e viva il Natale!

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/borghese-e-scorretto-manuale-dautore-felice-natale-978268.html

lunedì 23 dicembre 2013

Ricicliamo gli auguri dell'anno scorso, sono splendidi!

Visto che il Natale si avvicina e c'è chi si è accorto in giro di questo splendido brano di GKC, ve lo riproponiamo alla grande facendovi gli auguri più sinceri di Buon Natale!

Ricordatevi che Babbo Natale esiste, comunque...!

«Quello che mi è successo è l'opposto di quello che sembra essere l'esperienza della maggior parte dei miei amici. Invece di rimpicciolire fino ad un puntino, Babbo Natale è divenuto sempre più grande nella mia vita fino a riempire la quasi totalità di essa. E' successo in questo modo. Da bambino mi trovai di fronte ad un fenomeno che richiedeva una spiegazione. Avevo appeso alla sponda del mio letto una calza vuota, che al mattino si trasformò in una calza piena. Non avevo fatto nulla per produrre le cose che la riempivano. Non avevo lavorato per loro, né le avevo fatte o aiutato a farle. Non ero nemmeno stato buono - lungi da me! 
E la spiegazione era che un certo essere che tutti chiamavano "Santa Claus" era benevolmente disposto verso di me... Ciò che credevamo era che una determinata agenzia benevola ci avesse davvero dato quei giocattoli per niente. E, come affermo, io ci credo ancora. Ho semplicemente esteso l'idea.
Allora chiedevo solo chi metteva i giocattoli nella calza, ora mi chiedo Chi mette la calza accanto al letto, e il letto nella stanza, e la stanza della casa, e la casa nel pianeta, e il grande pianeta nel vuoto.
Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale per pochi dollari e qualche biscotto. 
Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada, e il vino e il grande mare.
Una volta pensavo fosse piacevole e sorprendente trovare un regalo così grande da entrare solo per metà nella calza.

Ora sono felice e stupito ogni mattina di trovare un regalo così grande che ci vogliono due calze per tenerlo, e poi buona parte ne rimane fuori; è il grande e assurdo regalo di me stesso, perché all'origine di esso io non posso offrire alcun suggerimento tranne che Babbo Natale me l'ha dato in un particolare fantastico momento di buona volontà».

Gilbert Keith Chesterton, da una lettera aThe Tablet of London

Una lettera di Marco Romeo - Effetto Chesterton natalizio

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questa lettera gustosa scritta al nostro presidente da Marco Romeo, uno degli architetti che hanno progettato la mostra anzi la casa di Chesterton al Meeting.

Ci sembrava una bella dimostrazione dell'effetto Chesterton sulle persone che in qualche maniera lo incontrano.

Grazie, Marco, lo diciamo noi.

"Ciao mitico,

sono Marco di Ferrara...solo per dirti che stiamo facendo in palazzo arcivescovile una spettacolare mostra sul Natale e sui presepi di Giovanni Paolo II (abbiamo i modellini di quelli che faceva fare poi in grande in Pazza San Pietro), una cosa da pazzi dove facciamo anche vestire la gente come i pastori e li facciamo entrare in un presepe a grandezza naturale e altre cose così...migliaia di persone...una bomba...
Comunque ti volevo dire che la mostra chiude con un pannello con il pezzo ormai celeberrimo di Gilbertone
su Babbo Natale...be' non ci crederai ma abbiamo visto decine e decine di persone che, dopo essersi eccitate di brutto, fotografano la frase per portarsela a casa...insomma ci tenevo a dirtelo perchè Gilbertone, grazie anche a te, continua a fare secchi tutti, noi compresi e ci aiuta a capire la verità di quel che viviamo; vedere poi che la gente, rimbambita e intontita quanto vuoi, quando sente qualcosa di vero si rianima, è uno spettacolo...


Ciao grazie e auguri

Marco Romeo".

L'Apollo Theatre e Chesterton

Avrete sicuramente sentito la notizia del crollo del tetto dell'Apollo Theatre di Londra.

Ebbene, è uno dei teatri dove Chesterton veniva invitato a parlare durante la sua vita, uno di quei luoghi che si riempivano e si animavano alla semplice notizia che avrebbero accolto il nostro Gilbert per una delle sue spettacolari pubbliche dispute. Considerate che la gente di solito pagava il biglietto per ascoltarlo, soprattutto se doveva contendere con qualche altro oratore (famosa la pubblica disputa dal titolo: "Do we agree?" tra Chesterton e George Bernard Shaw, "moderata" da Hilaire Belloc, con la gente con i biglietti in mano a vociare fuori delle porte serrate perché non erano riuscite ad entrare, vociare che cessava solo con l'apertura delle porte e l'ingresso dei "facinorosi" giustamente arrabbiati...) ed alla fine si doveva eleggere un vincitore.

Immaginate. Chesterton era davvero molto amato perché incarnava (e come incarnava...) la speranza del suo popolo smarrito.

sabato 21 dicembre 2013

Tweet da G.K. Chesterton (@GKCDaily)

G.K. Chesterton (@GKCDaily)
What life and death may be to a turkey is not my business; but the soul of Scrooge and the body of Cratchit are my business.


Tweet da GK Chesterton (@GKChestertonian)

GK Chesterton (@GKChestertonian)
"To have a right to do a thing is not at all the same as to be right in doing it" #Chesterton


Tweet da ManifPourTousItalia (@ManifPourTousIt)

ManifPourTousItalia (@ManifPourTousIt)
L'arcobaleno in classe. Obbligatorio dall'asilo lanuovabq.it/it/articoli-la… Questa la chiamate educazione?..


giovedì 19 dicembre 2013

L'Uomo che fu Giovedì vergato da Gilbert in persona


Purtroppo pochi conoscono il sottotitolo (inspiegabilmente "segato" dalle edizioni italiane, chissà perché...) e la Dedica al suo carissimo amico di tutta la vita e compagno di scuola Edmund Clerihew Bentley, che è uno di quei passaggi che non possono essere omessi da chi vuole davvero comprendere il vero Chesterton.

Le dediche dei libri di Chesterton dovrebbero essere tutte studiate accuratamente.

Annalisa Teggi sta iniziando a tradurre il Giovedì...

mercoledì 18 dicembre 2013

Tweet da Stuart (@Stuart1927)

Stuart (@Stuart1927)
Please say GK Chesterton Prayer 4 next 9 days, 4 an abortuary to close in GB; catholicgkchestertonsociety.co.uk @spucprolife @GoodCounselNet

Ci chiede di pregare GKC per i prossimi 9 giorni per la chiusura di una fabbrica di aborti in Inghilterra.

Un aforisma al giorno (da Eretici, che sta arrivando proprio adesso nelle vostre case...!)

"Il vizio nel concetto moderno di progresso intellettuale è quello di alludere sempre a qualcosa collegato con vincoli infranti, confini cancellati, dogmi scartati. Se esiste una cosa come la crescita intellettuale, questa deve indicare una crescita verso convinzioni sempre più definite, verso dogmi sempre più numerosi".

Gilbert Keith Chesterton, Eretici 

Un aforisma al giorno

"Un uomo ha diritto di dubitare di se stesso, non della verità. Oggigiorno ognuno crede esattamente in quella parte dell'uomo in cui dovrebbe non credere: se stesso, e dubita esattamente in quella parte in cui non dovrebbe dubitare: la ragione divina".

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Un aforisma al giorno (per ribadire fortemente un concetto già noto e su cui non esistono dubbi, ma sai, non si sa mai, il mondo è pieno di miscredenti...)

«Personalmente è chiaro, io credo in Babbo Natale; ma è il tempo del perdono, e perdonerò gli altri che non ci credono».

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del Drago e altre serissime storie

martedì 17 dicembre 2013

Riceviamo da Gianfranco Amato e volentieri pubblichiamo questo appello ad aderire alla petizione al Presidente della Repubblica intitolata "Stop alla deriva pedofila"

La petizione è promossa dai Giuristi per la Vita.
Da diffondere capillarmente.
Per aderire ci vogliono pochissimi secondi (va detto perché in questo profluvio di chiacchiere digitali rischiamo di cestinare anche il buono).

Carissimi,
invio il link alla nostra petizione su CitizenGO:http://www.citizengo.org/it/1568-stop-alla-deriva-pedofila
Sono già state raccolte 7876 firme in meno di 24 ore!
Un abbraccio.
 
Gianfranco

Il nostro Roberto Prisco ha aperto sul suo sito una controversia sulla possibile beatificazione di Chesterton...

... in diversi hanno partecipato, come vedete, e Roberto ne dà un sintetico ma efficace resoconto che troverete in questo collegamento.

Più avanti pubblicheremo per intero l'intervento del nostro presidente, che spazia oltre il seminato come è suo solito, e che Rob Prisco ha giustamente e opportunamente reso in sedicesimo. E' lo stesso Rob a sollecitarlo, per cui lo faremo volentieri.

Chi volesse partecipare o integrare o rispondere non ha che da farcelo sapere scrivendo nei commenti a questo post, che gireremo prontamente a Rob, il quale ne sarà estremamente contento e che poi ne farà ciò che più riterrà opportuno.

Buona lettura!

http://www.chesterton.it/prisco/controversia1.htm

Il nostro presidente parla di Chesterton e de Lo spirito del Natale alla Cantina Sant'Agustino di Grottammare (AP) giovedì 19 Dicembre 2013

Carissimi amici,

Giovedì sera, 19 dicembre, alle 21.15 abbiamo una grande serata per preparaci a vivere intensamente il Natale, lo faremo con con Marco Sermarini, presidente della Società Chestertoniana Italiana. Marco ci parlerà de Lo Spirito del Natale in G.K. Chesterton. Tema attualissimo dopo che papa Francesco ha citato questo grande scrittore inglese in una sua omelia a S. Marta. Sermarini sta girando per l'italia  tenendo incontri su questo tema, compresa Radio Maria domenica scorsa.

Si sente il clima invernale e in Cantina gustiamo i piatti più golosi della cucina tradizionale venerdì 20 e sabato 21: gattò di patate, ribollita (strepitosa minestra toscana), fagioli con le cotiche , inalata di arance e olive nere, biscotti della casa, vino e caffè € 20.
Prenotatevi al 329 18 56789. 
Giovedì 19 menù della cantina a sorpresa, chiamate per informazioni.
Sabato tutto già pieno.
Domenica 22 si mangia a buffet, €10 acqua compresa; per favorire le famiglie, i figli fino a 10 anni pagano la metà, 5 euro. Venite presto per trovare posto e (soprattutto) cibo!

Gli amici della Cantina

Su Pump Street potete aiutare John Kanu e il Sierra Leone Chesterton Center

Potete acquistare su Pump Street (www.pumpstreet.it), oltre a tantissime splendide cose tra cui i libri di GKC, le meravigliose felpe che vedete.

Chi le acquista contribuirà a finanziare la vocational school del Sierra Leone Chesterton Center, la confraternita di cooperative distributiste fondata dal nostro amico John Kanu.

Diffondete! Sono belle ed utili a sostenere i nostri grandi amici!

sabato 14 dicembre 2013

Domani alle 21.00 GKC su Radio Maria

Domani domenica 15 Dicembre 2013 dalle ore 21.00 il giornalista Andrea Morigi condurrà una trasmissione su Radio Maria concernente il nostro Chesterton.

Parteciperanno il nostro presidente Marco Sermarini e Maurizio Brunetti, curatore del volume di GKC Lo spirito del Natale, salvo altri.

Vi aspettiamo!

venerdì 13 dicembre 2013

L'Imputato - L'aiuto reciproco

Questo articolo di Marco Sermarini è uscito su un numero dell'anno 2012 di Vivere!... e non vivacchiare, mensile della Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati.

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Negli ultimi anni stiamo sperimentando, qui tra noi tipi loschi* ma anche più in generale nella trama di rapporti che lega molti di noi ad altre realtà, che nella vita concreta il cristianesimo ha molto, molto da dire e che esso è decisamente più conveniente e costruttivo di qualunque altra filosofia o idea sulle cose ultime che si possa trovare al mondo.
Mi riferisco a qualcosa di preciso e non in generale (che il cattolicesimo sia La Verità mi è già chiaro, e lo dico con gratitudine ed umiltà). Mi riferisco al fatto che Gesù Cristo nella vita concreta è efficace.
Mi guardo intorno e ho davanti agli occhi dei fatti: i fatti di per sé possono non dire nulla. Ne abbiamo tanti che ci scorrono e che a volte ci dicono tutto il contrario di quello che vorrebbero dire, dunque di per sé possono non essere nulla. Però mi torna alla mente una frase del mio caro amico Chesterton che diceva: 

"Ogni particolare indica qualche cosa, certo, ma in genere indica la cosa sbagliata. A me sembra che i fatti indichino in tutte le direzioni, come i mille rami di un albero. È solo la vita dell'albero che ha unità e si innalza, solo la linfa verde che sgorga, come una fontana, verso le stelle" (Gilbert Keith Chesterton, Il Club dei Mestieri Stravaganti). 

Allora proviamo a metterne insieme alcuni, di fatti, e vediamo se le fronde di questo grande albero ci fanno scorgere la Vita del grande Albero.
Il mese scorso un gruppetto dei nostri sono stati a Norcia ad aiutare i monaci benedettini a fare un lavoro di ristrutturazione interna del monastero (dovreste trovarne traccia in questo numero). Di per sé la cosa può essere archiviata come una bella cosa, segno di gentile cordialità, di buona volontà. Può suggerire il senso della solidarietà. Può dare spazio a mille riflessioni diverse. Io ci vedo questo: i monaci, come ho detto nello scorso numero e come ho detto anche di altre pattuglie di persone molto simili a noi (gli amici di Roma, gli americani che hanno fondato la Chesterton Academy...), lavorano per costruire un mondo buono fondato su Gesù Cristo. Noi pure facciamo questo. Noi e loro, assieme ed aiutandoci, non solo creiamo una cosa buona (sei nuove celle, una giornata di ritiro o di inizio dell’anno scolastico particolarmente densa e bella, o chissà che altro) o un gesto bello e gentile (come insegnava la suora all’asilo ai miei figli: bravissima!) ma viviamo secondo una regola che, estesa a tutta la nostra vita (dal lavoro alla scuola, dai figli ai vicini, dal negretto che incontriamo fuori del supermercato e ci vuole vendere calzetti o tovagliette, dai figli degli amici a quelli degli sconosciuti), cambia. Cambia cosa? Cambia tutto.
Ricordo che quando ero ragazzo e brancolavo nel buio dei dubbi, una cosa che ebbi inossidabilmente certa fu questa: avrei voluto vivere così come vivevano Gesù e i suoi amici nel Vangelo, anche se Gesù non fosse stato Dio, anche se Dio non fosse esistito. Questa possibilità o meglio speranza mi tenne desto e reattivo, pronto a dire sì e no a ciò che assomigliasse o meno a questa speranza. A distanza di tanti anni, oramai certo del mio cammino, ascolto Papa Benedetto XVI che, in memorabile discorso, consigliava ad atei ed agnostici di vivere “come se Dio esistesse”.
La forza di questa posizione non fu per me tanto il fatto che mi condusse verso un porto sicuro e poi a navigare avventurosamente in mare aperto sulla Barca di Pietro, a far parte della Sua Flotta con un piccolo barchino agile e allegro. Fu quella di fidarmi di ciò che intuivo vero e buono nella sua interezza. Non so come ma avevo intravisto, in alcuni rami del grande albero, l’esistenza dell’albero stesso tutto intero, la sua vita, la linfa vitale inesauribile ed eterna che vi scorreva e portava allegra verso le stelle come una fontana guizzante.
Il mio amico Giustozzi, al termine di una vacanza, chiuse le porte della casa che ci aveva ospitati dicendo: “articolo quarto, le famiglie si aiutino”. Sembrava una delle frasi giustozziane buttate lì con arguzia e simpatia, per fare una sintesi scherzosa ma vera di quello che ci eravamo detti. Eppure, passati mesi ed anni da quella frase, essa si dimostra sempre più vera. Il guaio di oggi è che le famiglie sono sole e implodono, scoppiano, vanno in pezzi e con esse i loro componenti, in una frammentazione che ci rende non liberi ma totalmente in balia del potere di turno, in ultima analisi del mentitore e della sua menzogna. Allora abbiamo imparato ad aiutarci tutti i giorni: bambini che vanno su e giù tra scuola, asilo, palestra, danze e sport vari, pomeriggi passati con amichetti che diventano quasi fratellini e sorelline ma ognuno disciplinatamente figlio di mamma e babbo suoi, compiti insieme da buoni amici a casa di zia Tizia o zia Caia, scambi di vestiti, mangiare due volte a settimana insieme per guardarci in faccia, condividere la vita non a parole ed aiutarci, sostenerci anche nelle vicende dolorose o difficili (quanto aiuto gratuito, di buon cuore e determinante abbiamo avuto dagli amici nella malattia di mia mamma e di mia suocera, tanto per fare due esempi semplicissimi? quanto ancora ne ricevo quando dico di essere in difficoltà qui o là, in questo o in quello? Grazie, cari amici).
Ricorderò sempre un mio amico che abitava in Friuli nel 1976, quando ci fu il famoso terremoto. Mi diceva che nel disastro in cui si trovò con la sua famiglia trovò tanto aiuto gratuito e caloroso e che questo senso di unità gli mancava molto.
Ricordo don Antonio Villa, fondatore di una bella scuola libera a Tarcento, che intervistammo per la festa** del 2010. Lui prete milanese rimase in Friuli ed è lì dal 1976 per amore di quelli che soccorse così, in un gesto gratuito ma che poteva finire passata la buriana.
Non fermiamoci al ramo, andiamo all’albero, alla linfa guizzante, alla vita. Non fermiamoci ai particolari, andiamo oltre. Che cosa ci dice, tutto questo? Che Gesù Cristo ci ha trattato e ci tratta da amici, ci ha liberato dall’estraneità reciproca, ci ha dato il compito di tessere di trame simili tutto il mondo.

Una volta si viveva così in automatico. Oggi dobbiamo tornare a lavorarci e non ci sarà governo tecnico che lo imporrà per legge (anzi...). Forse oggi si punta a dividerci e ad essere estranei. Noi abbiamo capito che il mondo è diverso quando funziona così come ho descritto sopra ed allora diamoci da fare.


* Si fa riferimento alla Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati http://piergiorgiofrassati.blogspot.com e www.tipiloschi.com

** Si fa riferimento alla festa annuale che la Compagnia dedica al beato Pier Giorgio Frassati ininterrottamente dall'anno 1994.

La prefazione firmata dal nostro Fabio Trevisan de Lo spirito del Natale di GKC

Ricordiamo a tutti che Lo spirito del Natale è in vendita su Pump Street (www.pumpstreet.it)

 "Alcuni uomini", ha affermato Maisie Ward, prima editrice e poi biografa di Gilbert Keith Chesterton, "sono spinti alle riforme soprattutto dall'odio. Chesterton, invece, era spinto soprattutto dall'amore. E, più chiaramente che altrove, quest'amore brilla in tutto ciò che ha scritto sul Natale".
   Della cospicua produzione letteraria che il brillante pubblicista e romanziere britannico ha dedicato al Natale, questo volume offre al lettore una selezione di testi in prosa e alcune poesie che spaziano dagli esordi letterari alla maturità. Con una sola eccezione, essi compaiono per la prima volta in lingua italiana.
   In queste pagine il lettore ritroverà la stessa verve ironica delle opere maggiori che ha fatto di Chesterton il "principe del paradosso". Senza mai risultare stucchevole o serioso nelle sue considerazioni sul mistero dell'Incarnazione e sulla nascita di Gesù, non c'è saggio in cui la sua prosa vivace non riservi almeno un colpo di fioretto contro gli avversari culturali di tutta una vita: il progressismo teologico; il materialismo scientista; il darwinismo sociale; il socialismo pseudo-umanitario della Fabian Society; nonchè lo spirito ultimamente gnostico della moda "temperante", vegetariana e animalista ante-litteram del primo Novecento.
   Per l'autore la festività del Natale, di cui più volte si sottolinea il carattere intimamente familiare, è un'occasione per esplorare "i significati nascosti nell'immagine della luce del mondo" che, comparendo nel nascondimento di una grotta,"si fa sole sotterraneo". Mentre decanta le tradizioni natalizie, Chesterton invita l'uomo occidentale e cristiano a non vergognarsi delle proprie radici: averle procura vantaggi, "e questo vantaggio si chiama frutto".

Una recensione di Marco Testi de L'età vittoriana nella letteratura

LEGGERE È PENSARE

Grazie, mister Chesterton

Sorprendente e illuminante il suo "L'età vittoriana nella letteratura"

Marco Testi

 


"Se noi continueremo a trattare il popolo com'è nell'uso capitalista, se noi continueremo a servirci degli armamenti esteri com'è nell'uso capitalista, il nostro comportamento ricadrà pesantemente sui vivi. Il disonore non resterà ai morti".

Non sono le parole di un acceso - e oggi inattuale - comunista, o di un anarchico barricadiero. È Chesterton, uno mica tanto tenero con le soluzioni palingenetiche e "salvifiche" prospettate - e realizzate nei modi che sappiamo - ai suoi tempi, uno che guardava all'uomo comune e alla possibilità di tirargli fuori profondità e bellezza.

Il capitalismo che aveva di fronte era quello dell'età vittoriana (1837-1901), il lungo periodo contrassegnato da una regina salita al trono a diciotto anni e che ha visto lo sviluppo dell'industria e della potenza britannica nel mondo. Era il capitalismo frustato da Dickens, quello dello sfruttamento intensivo dei bambini e delle donne incinte a maggior gloria della Regina e delle tasche di gente senza moltissimi scrupoli.

Un'età su cui, proprio attraverso le parole del creatore di Padre Brown, oggi è possibile gettare un utilissimo fascio di luce grazie all'iniziativa di una giovane casa editrice, che propone un testo fondamentale per capire la recente storia non solo inglese, "L'età vittoriana nella letteratura" (Fuorilinea, 213 pagine). Fu scritta da Chesterton nel 1913, vale a dire prima della definitiva conversione al cattolicesimo, ma dopo il capolavoro "L'uomo che fu giovedì", che è già un romanzo cattolico nel senso più profondo del termine.

Proporre al lettore un volume di saggistica potrebbe essere un azzardo (se dovessimo seguire i diktat delle mode letterarie), se non che ci sono di mezzo il nome di uno dei più grandi scrittori europei del Novecento (anche se molti fanno finta di non saperlo, o addirittura di non conoscerlo), dotato di uno humor che renderebbe digeribile anche un mattone, un periodo fondamentale per capire come siamo arrivati al nostro oggi, e una serie di chicche che lo rendono apprezzabile da un vasto pubblico di lettori: per esempio ci informa, anche grazie all'apparato delle note a pie' di pagina, che la per noi oscura scrittrice May Sinclair, citata qui da Chesterton, è probabilmente colei che ha inventato l'espressione "stream of consciousness", vale a dire "flusso di coscienza", ripresa poi per lo studio delle opere di Joyce o della Woolf; che uno dei sostenitori del darwinismo in letteratura è stato il sacerdote della Chiesa d'Inghilterra Charles Kingsley; che il termine, usatissimo in letteratura e in filosofia, "spirito del tempo" è attribuito all'inventiva di Matthews Arnold (se è per questo, Arnold ha coniato anche il fortunato termine "filisteismo"); ma soprattutto ci vediamo sfilare davanti una galleria di personaggi celebri, da noi investiti da un'aura posticcia e postuma, mentre Chesterton ce ne parla avendoli davanti. La sua antipatia per Wilde non gli impedisce, dopo la sua caduta, di vedere nella "Ballata del carcere di Reading" "un grido per una giustizia e una fratellanza comuni molto più profondo, più democratico".

Chesterton ci aiuta capire il senso e la portata storica di un periodo non damolto conclusosi, con una capacità introspettiva che ha del profetico per noi che lo leggiamo cento anni dopo: parlando della ricerca scientifica, nota che essa iniziò "con la vaccinazione, si estese più tardi con le prime autorizzazioni alla vivisezione, e ha trovato una specie di cappello da giullare che gli si adattasse, anzi una corona di crimine e follia, in quella cosa chiamata Eugenetica".

Ce n'è per tutti, da Wilde a Shaw, da Henri James ai socialisti e alla società Fabiana, dai Preraffaelliti a Stevenson, nel bene e nel male, in un viaggio alle radici di alcuni problemi d'oggi come il relativismo e il materialismo.

mercoledì 11 dicembre 2013

E questa riguarda Hilaire Belloc...


Per la serie "Quando arriva la rivoluzione".

Didascalia: "Il signor Belloc è arso per ortodossia".

Hilaire Belloc era uno degli amici più cari e più vicini a Gilbert, egli lo considerava il suo maestro di storia oltre che il suo alter ego giornalistico e non solo.

Qui viene mostrato nella sua figura tarchiata e robusta, impiccato e di spalle, con in testa un triregno, simbolo dell'autorità papale, mentre viene arso su di un rogo circondato da cartelli di vago sapore romanizzante con su scritto "Libertà di pensiero" e "Tutti i credi sono benvenuti"...

L'unico a venire arso è il cattolico Belloc. Paradosso sempre ricorrente della modernità.

Gilbert ironizza su un suo caro amico-nemico, George Bernard Shaw...


Sempre per la serie: "Quando arriva la rivoluzione".

La didascalia recita: "Il signor Bernard Shaw rifiuta di bere il sangue degli aristocratici a causa del suo essere vegetariano e del suo rispetto per gli animali inferiori. Egli viene assassinato".

E si vede il sanculotto con il berretto frigio e la spada al fianco con un bel secchio di sangue aristocratico che avrebbe dovuto dar da bere al contrariatissimo ed allampanato Shaw, legato ad un modernissimo lampione a gas con una fila di rivoluzionari muniti di berretto frigio e armi.

Shaw era socialista e fondatore della Fabian Society, era noto il suo apprezzamento per queste idee che comprendevano anche, nella loro forma più estrema (che non era quella di Shaw, in realtà), l'odio nei confronti dell'aristocrazia: infatti i rivoluzionari pretendono che Shaw ne beva il sangue, che lui rifiuta perché vegetariano, e  allora...

Una simpaticissima vignetta di Chesterton sul distributismo e su di lui...


La didascalia recita: "Il signor G. K. Chesterton viene ammazzato dagli altri contadini proprietari e piccoli proprietari per aver occupato troppa terra". E in alto a destra c'è la didascalia scritta di pugno da Chesterton con il significativo titolo: "Quando arriva la rivoluzione".

Una piccola spiegazione della simpaticissima vignetta.

Il distributismo vede l'origine del suo nome ed uno dei suoi massimi capisaldi nel concetto dell'equa distribuzione della terra tra il popolo, in particolare tra le famiglie. Ognuno di noi dovrebbe avere abbastanza terra di che vivere autonomamente, in sintesi, e chiunque si appropriasse di una parte di terra di cui non avere alcuna utilità e che sottraesse utilità ad altri, sarebbe un capitalista (se privato); tanto peggio se fosse lo Stato a farlo. Chesterton infatti amava molto riferirsi all'esperienza delle reducciones gesuitiche del Paraguay come al "Paradiso sulla terra" (i guaranì avevano una forma particolare di possesso della terra che coltivavano, che tornava alla comunità una volta deceduti, ma che non potevano vendere né donare ad alcuno in vita, nemmeno ipotecare a vantaggio di usurai e banchieri...).

Ecco, Gilbert si immagina infilzato dai contadini (di cui uno festante leva in aria una falce), reo di occupare (con il suo metro e novanta per centoquaranta e rotti chilogrammi, col suo mantellone gigantesco e la sua sagoma spettacolare) troppa terra...

Il nostro amico Stratford Caldecott, dopo tonnellate di incenso indebitamente versato, finalmente dice qualcosa di normale e di equilibrato su Nelson Mandela

E' un articolo che parla anche di esperienze personali (il padre di Stratford visse in Sud Africa).

E' tratto dal National Catholic Register, giornale americano. E' in inglese.

http://www.ncregister.com/daily-news/remembering-nelson-mandela-1918-2013/

Il diritto all'obiezione e i danni di una legge, di Renzo Puccetti (da Zenit)

Il diritto all'obiezione e i danni di una legge
Non basta l'obiezione di coscienza per poter limitare la soppressione dei più deboli
Di Renzo Puccetti
ROMA, 08 Dicembre 2013 (Zenit.org) - “Io sono cattolico. Obiettore. Ma penso che la legge vada applicata. Punto. E nel miglior modo possibile”. Con queste parole il ginecologo Nicola Surico, già presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, ha esplicitato la propria posizione nei riguardi della legge 194 che 35 anni fa ha legalizzato l’aborto, in un’intervista ad un quotidiano romano dello scorso 22 ottobre. Le parole del professor Surico possono essere un valido punto di partenza per una riflessione più ampia.
Partiamo dal fatto incontrovertibile che quella legge che per il ginecologo cattolico è da applicarsi, a tutto il 2012 ha consentito la pratica di 5.435.678 aborti il cui costo economico e sociale è devastante. È significativo che lo stesso professore riconosca che con l’aborto “si tratta pur sempre di interrompere una vita”, affermazione che non solo i pro-life sottoscrivono. In molti condividiamo con l’illustre ginecologo la scelta di obiezione di coscienza a quella stessa legge. È a questo punto che però sorge un punto di divergenza. Se la legge 194 ha consentito milioni di aborti, è sufficiente che ci rifiutiamo di interrompere quelle vite in prima persona?Perché mai non si dovrebbe far rispettare il diritto all’obiezione?
Certo, la legge sull’aborto è una legge dello Stato, è una legge largamente costruita attorno ad un pronunciamento precedente della Corte Costituzionale, è una legge che ha persino ricevuto l’approvazione da parte della ampia maggioranza degli elettori nel 1981 attraverso la consultazione referendaria; è indubbio che quella legge soddisfi tutti i criteri di legalità. Se ogni legge è giusta per il solo fatto di essere legge, allora ha ragione il professor Surico a reputare un dovere la sua ferrea applicazione.
Gia nel XIV secolo Guglielmo di Ockam sostenendo in opposizione a san Tommaso l’impotenza della ragione umana nel distinguere il bene dal male proponeva la soluzione legalistica: “bonum quia iussum, malum quia prohibitum” (è bene perché è permesso, è male perché è proibito). Il maestro del positivismo giuridico Hans Kelsen attraverso la teoria pura del diritto (reine Rechtslehre) ha insegnato infatti a liberare la scienza della legge da elementi estranei, siano essi politici, sociologici, o morali.
È questa visione che separa la legge dall’etica e afferma che la legge non ha alcuna connessione necessaria con la giustizia a materializzare nel diritto la separazione filosofica tra essere e dovere essere introdotta da David Hume. Eppure quando nel 1787 il giovane deputato del partito conservatore inglese William Wilberforce annunciò alla Camera dei Comuni la proposta di abolizione del commercio degli schiavi non pensò nemmeno per un attimo che la legge contro cui avrebbe combattuto per tutta la vita fosse una legge da applicare.
Quando dopo 20 anni di lotte la tratta degli schiavi fu abolita dal parlamento inglese, William Wilberforce non si fermò, per altri 25 anni continuò a lottare per la totale abolizione della schiavitù fino a raggiungere la meta e spegnersi tre giorni dopo. Wilberforce lottò contro le leggi schiaviste, non ne perorò l’applicazione. Fu con parole simili che le coscienze di tanti tedeschi furono tacitate dal 1933 al 1945.
Lo storicismo insegnato da Friedrich Carl von Savigny e Gustav Hugo aveva contribuito a preparare il terreno per rendere rispettabili le legislazioni del tempo. Ci volle Norimberga ed il principio lì stabilito che esiste “il dovere di disobbedire alle leggi chiaramente riconoscibili come in violazione di principi morali superiori” per ribaltare quella prospettiva, e prima ancora sangue, morti e rovina.
Anche il filosofo del diritto Gustav Radbruch prima della guerra pensava come Kelsen e gli altri positivisti che le leggi non traessero validità dal loro contenuto, ma dalla loro emanazione da parte della legittima autorità, anch’egli riteneva che leggi validamente promulgate dallo Stato, anche se immorali, non devono essere disobbedite o invalidate. A guerra conclusa però egli cominciò a riflettere ed a rendersi conto che la dottrina secondo cui è legge qualsiasi cosa dicano le norme aveva reso la giustizia tedesca impotente di fronte alla crudeltà e all’ingiustizia, una volta che queste avevano assunto le vesti di regolamento.
La riflessione di Radbruch giunse a considerare l’esistenza di leggi “intollerabilmente ingiuste” cristallizzatasi in una formula che influenzerà per generazioni il diritto: “Quando nel porre il diritto positivo viene di proposito negata quell’uguaglianza che costituisce il nucleo della giustizia, allora la legge non è soltanto diritto ingiusto, piuttosto non è affatto diritto”. Giorgio Perlasca salvò migliaia di vite umane di ebrei ungheresi anticipando sul campo quello che Radbruch avrebbe poi teorizzato, egli non solo ritenne doveroso non applicare la legge, ma fece carte false per disattenderla.
Sembra poco prudente e esageratamente pericoloso dichiararsi cattolici e pronunciarsi favorevolmente su un atto legislativo le cui conseguenze sono stati così dolorose e cattive. C’è una contraddizione di fondo nel dirsi cattolico e poi accettare che non si pratichi la carità per il più indifeso degli esseri umani.Non è assurdo che in nome di un diritto presunto alla scelta, si accetti di sopprimere la vita di un  innocente bisognoso di accoglienza e di amore?
Quando, nell’omelia mattutina a Santa Marta, Papa Francesco ha detto: “Pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono”, a cosa si riferiva se non all’uccisione dell’innocente che si realizza specialmente con la pratica delle interruzioni volontarie di gravidanza? Quella del Papa è un’affermazione che non lascia via di fuga. Il Santo Padre porge la sua parola ad ogni uomo, soprattutto a chi si professa cattolico.
Il tentativo di giustificare certi comportamenti con una concezione relativistica della coscienza è triste e pericoloso. Come scriveva il beato Newman al duca di Norfolk, “La coscienza ha dei diritti perché prima ha dei doveri”. La coscienza parla con una voce che è in noi, ma non viene da noi, che è più alta della nostra parte più alta, se silenziamo la convenienza, il conformismo, la pavidità la sentiremo dirci: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).

Ultime ore per prenotare Eretici

Coraggio, ragazzi, farete passare un bellissimo Natale ai vostri amici!

Ordinate a laperlapreziosa@libero.it

domenica 8 dicembre 2013

Chesterton veglia con le Sentinelle di Imperia...

annarosa64 (@annarosa64)
Chesterton veglia con chi a #Imperia ha improvvisato veglia in piedi in "stile sentinelle" @Sochest @sentinpiedi facebook.com/photo.php?fbid…

Guardate la foto!

Grazie, Annarosa Rossetto!

Siamo contenti, noi chestertoniani, che Gilbert ispiri tanti a stare in piedi  con le braghe su! È molto significativa anche la scelta del libro, anche Eretici sarebbe stato un ottimo condimento! Ma tanto altro ancora...

Bravissimi!

giovedì 5 dicembre 2013

Riceviamo e volentieri segnaliamo - Enrico Reggiani e Alessandro Zaccuri su Chesterton e le sue Impressioni Irlandesi a Milano

Riceviamo dal professor Enrico Reggiani e volentieri segnaliamo alla vostra attenzione questo incontro che si svolgerà a Milano e riguarderà proprio uno degli ultimi inediti in Italia di Chesterton, Impressioni Irlandesi, un libro poco noto ma non l'unico di Chesterton sull'Isola di Smeraldo (c'è anche - e attende una traduzione italiana - Christendom in Dublin, che riguarda una vista di Chesterton in Irlanda durante il grande storico Congresso Eucaristico Internazionale che si tenne a Dublino nel 1932. Disse Chesterton: questa è vera democrazia!).
Alessandro Zaccuri ha prodotto più di un articolo sul Nostro e di questo gli siamo grati (perché parla del nostro caro Gilbert, e per noi è cosa buona e giusta).


"Carissimi,
provo ad inviarvi la segnalazione di una mia iniziativa su Chesterton (con Alessandro Zaccuri), sperando che possiate aiutarmi a diffonderne la notizia.
Seguendo i collegamenti ipertestuali potrete trovare qualche elemento in più.
Grazie per quanto potrete fare.
Un caro saluto e a presto.

Enrico Reggiani"


Chesterton sarà al centro di un incontro  dell’IRISH CLUB presso il Bistrò del Tempo Ritrovato, via Foppa 4 (Milano), lunedì 9 dicembre 2013, ore 19
“Non debole, irrealistica, arretrata”. 
GILBERT KEITH CHESTERTON e l’Irlanda nelle sue IMPRESSIONI IRLANDESI (Edizioni Medusa, 2013)
Intervengono Alessandro Zaccuri ed Enrico Reggiani.
Ingresso libero"

L'imputato - I costruttori del mondo buono

Vi propongo un mio articolo di qualche tempo fa, uscito sul mensile della Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati "Vivere! … e non vivacchiare".

Fa parte di una lunga serie, anzi di una rubrica che trae origine dall'omonimo libro di Chesterton in cui il Nostro difendeva ciò che per altri non sarebbe stato difendibile, che per sventatezza e pigrizia non ho quasi mai pensato di girare su questo blog.

Lo faccio perché ritengo che sia una buona sintesi di cosa possa significare oggi essere amici di Chesterton.

L'articolo uscì nel 2012, per cui ci sono alcune cose leggermente datate (lo Spencer di cui si parla è don Spencer Howe e nel frattempo è diventato diacono e pure prete; con la Chesterton Academy ci siamo solennemente gemellati ed abbiamo iniziato una feconda collaborazione, e così con la American Chesterton Society. Con i monaci quello che c'era è diventato ancora più vero. LabCom è diventato nostro amico stabile).

Marco Sermarini


Alcuni giri ed incontri negli ultimi tempi mi hanno provocato una riflessione che condivido con i lettori che mi seguono.

Da alcuni anni frequentiamo i monaci benedettini di Norcia (PG) che, sotto la guida di padre Cassian Folsom, stanno mettendo in opera un tentativo molto sincero, serio e realistico di vita secondo lo stile tradizionale cattolico.
Negli ultimi mesi i rapporti si sono intensificati e sono divenuti più frequenti e cordiali. Ci ritroviamo su molte cose, non ultima la questione liturgica. Questo monastero celebra il proprio ufficio quotidiano secondo il breviario antico e canta in gregoriano, il canto ufficiale della Chiesa Cattolica (sì, è così e pochi lo sanno). Celebrano la propria messa conventuale secondo la forma straordinaria del rito romano, cioè dicono la cosiddetta messa tridentina in latino. Padre Cassian ci dice che la forma straordinaria si confà perfettamente ai loro bisogni di monaci. Padre Cassian è un eminente studioso della sana liturgia oltre che un monaco benedettino dalla specchiata vita. Dette da lui queste cose hanno un peso particolare.
Quel che mi colpisce di loro è l'applicazione letterale e minuziosa della Regola di San Benedetto da Norcia, densa di preoccupazioni verso l'uomo sia sul piano spirituale che su quello della vita quotidiana che è la parte preponderante di qualunque vita umana. Scavando tra le righe della regola e le pieghe numerose delle giornate di questi uomini che in piccola parte ho avuto la fortuna di vivere, mi sono accorto di come la loro vita possa essere un antidoto infallibile al veleno del conformismo e del borghesismo che ammorba la vita di tanti di noi, una leva potente adatta a creare numerose cellule vitali costituite da uomini non domi disposti a costruire con la loro libertà, il loro personale sacrificio e la loro gioia luoghi in cui Gesù Cristo sia di casa, sia Signore e Re, sia al centro del piccolo e del grande mondo ogni giorno, anche nel lavoro quotidiano senza nulla escludere.
San Benedetto è l'ideatore di questa regola di vita la cui applicazione è causa diretta e condizione principale dell'ordine sociale tradizionale che ha creato ed innervato di sé l'Europa, quell'ordine che ha trovato la sua massima espressione nella società e nella cultura medioevale.

Qualche settimana fa sono stato invitato a Roma per parlare di Chesterton e del suo pensiero sociale e politico che viene definito distributismo, un'ipotesi (ma non solo un'ipotesi: ci sono concrete espressioni di questo sistema sociale attualmente in opera; anche la nostra scuola lo è) che si rifà alla Rerum Novarum di papa Leone XIII per cui si ritiene possibile un maggiore e diffuso benessere ed ordine alla condizione che la proprietà sia la più distribuita possibile tra la popolazione, in particolare presso le famiglie e le formazioni intermedie che sorgono dal popolo. Diceva infatti Chesterton che oggi il problema non è che ci sono troppi capitalisti ma troppo pochi, nel senso che tutti dovremmo essere proprietari di qualcosa che ci consenta di vivere secondo le nostre possibilità ma in reale indipendenza ed autonomia dai grandi poteri (esattamente quello che oggi non sta succedendo: una crisi di portata epocale ci vede tutti più poveri e più schiavi del grande potere della finanza, di un'economia slegata completamente dal lavoro libero e fondata sulla moneta e sulle grandi concentrazioni di capitali).
Quest'ordine sociale potrebbe essere realizzato se ciascuna famiglia (come in realtà era una volta, di sicuro nel medioevo cristiano) potesse tenere in piedi una sua piccola impresa, se gruppi di persone si organizzassero per lavorare insieme.
Questo tessuto coprirebbe, come le cellule di cui parlavo a proposito dei nostri amici monaci, zone sempre più ampie del nostro mondo che diverrebbe libero, e profondità sempre maggiori delle nostre coscienze e delle nostre vite, che sarebbero sempre meno "singolari" e sempre meno oggetto di conquista dei grandi poteri e sempre più legate tra di loro dai vincoli della carità e dell'amicizia cristiana.
Ebbene, sono stato chiamato a Roma per parlare di questo da un gruppo di giovani "di destra" (lo dico per capirci, anche se non sopporto molto gli schemi hegeliani che ci vogliono necessariamente schierati a destra o a sinistra o al centro), molto poco ideologici, che dietro apparenze conservatrici si pongono dei problemi molto simili ai nostri e perseguono diversi ideali comuni ai nostri, tanto che andando via da lì, da questo circolo chiamato LabCom (Laboratorio di Comunità), mi sono sentito libero di dire loro: rimaniamo amici, sentiamoci, aiutiamoci. Alcuni di loro, il nerbo, sono convintamente cattolici e mi hanno detto di aver posto in essere iniziative volte ad incrementare la libertà della persona ed i rapporti di aiuto reciproco. Ho trovato un bel clima, combattivo, sveglio e positivo, gente attenta e viva.

Quella sera lì a Roma c'era anche Spencer, il nostro amico seminarista americano di stanza nella Città Eterna, insieme a Jack, un altro seminarista statunitense;  Spencer è un nostro grande amico ed è stato tramite lui che ho conosciuto la nostra scuola gemella negli States, la Chesterton Academy a St. Paul nel Minnesota. Di questa scuola vi ho già parlato, credo, ma vale la pena dire nuovamente che è nata con gli stessi obiettivi (ed a partire dalle stesse parole di Chesterton!) per cui noi abbiamo fondato la nostra. In questi giorni la Chesterton Academy ha organizzato una cena di beneficenza, un po' come facciamo noi, per oltre cinquecento persone. Ho mandato un mio biglietto di adesione e di amicizia, loro sono stati molto contenti di questo, io più di loro. Combattiamo la stessa battaglia in luoghi diversi, siamo una cosa sola.

A volte mi sembra di vedere come una storia di apparente fantasia come Il Signore degli Anelli sia invece molto molto più realistica della realtà: mi sembra di vedere elfi, hobbit, nani, uomini, ent che girano, brigano e si aiutano reciprocamente.
Che cos'hanno in comune queste esperienze tra di loro, cos'hanno in comune con la nostra?
Anzitutto c'è il tratto cristiano, inconfondibile ed irriducibile, di un cristianesimo non "moderato" o "conservatore" o "progressista" ma intero, vivo e scalciante come si dice all'inglese (alive and kicking), sempre all'arrembaggio, sempre creativo nella vita concreta.
Come secondo aspetto, si tratta di esperienze che hanno a che fare con uomini veri e non con idee astratte, si occupano degli uomini, sostengono gli uomini nella loro integralità sino ad avere la pretesa di entrare in tutti gli angoli della vita, anche quelli "non spirituali" (la pretesa degli avversari della Chiesa Cattolica è invece sempre quella di separare spirito da carne, mentre il cattolicesimo li ha sempre tenacemente voluti insieme).
In ultimo, sono realtà non rassegnate ad essere morte mentre sono ancora vive, come diceva Chesterton in Uomovivo, e che non muoiono nemmeno se le ammazzano, come diceva Giovannino Guareschi padre di Peppone e don Camillo. Potremmo dire: resistono. Ma sbaglieremmo perché non di resistenza si tratta. Sembra resistenza ma in realtà è un antico cioè tradizionale e quindi sempre nuovo modo di costruire. Somiglia molto al modo di procedere dei giocatori di rugby, che puntano alla conquista del territorio e alla meta. 
Dice infatti il filosofo scozzese Alasdair McIntyre: «È sempre rischioso tracciare paralleli troppo precisi fra un periodo storico e un altro, e fra i più fuorvianti di tali paralleli vi sono quelli che sono stati tracciati fra la nostra epoca in Europa e nel Nordamerica e l'epoca in cui l'impero romano declinava verso i secoli oscuri. Tuttavia certi parallelismi esistono. Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l'imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all'epoca incipiente di barbarie e oscurità. Se la mia interpretazione della nostra situazione morale è esatta, dovremmo concludere che da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell'ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno governato per parecchio tempo. Ed è la nostra consapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso».
A me sembra di vedere questo, cioè uomini che non puntellano più da tempo un sistema marcio, decadente e antiumano ma costruiscono antiche nuove forme di vita, di aiuto reciproco, di unità e di speranza entro le quali la vita e la creatività possano essere sostenute ed incrementate. Solo dentro il cristianesimo cattolico questo è compiutamente possibile.
Sempre tornando al rugby mi viene da dire: avanzare, sostenere, pressare e continuare (antiche regole del rugby) nel nome di Gesù Cristo. Così costruiremo un mondo buono come il castello di famiglia.