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sabato 18 giugno 2011

Ma Chesterton era o no un conservatore? - La parola a Pietro Federico

Caro Marco,
scrivo su questo argomento solo perchè me lo chiedi tu. Sono stanco ormai di rispondere al nulla, perchè le parole che rispondono al nulla si trasformano, in questa epoca di troppe parole, in nulla pure loro. Se fosse per me lascerei all'Essere il compito di prevalere sul non essere. Come dice Eliot: L'uomo che è adombrerà l'uomo che pretende di essere. Ma visto che me lo chiedi tu invio a tutti alcune parole sulla superstizione del divorzio, non parlando in generale, che è una cosa che Chesterton avrebbe odiato (perchè era un dilettante, non un approssimativo). Quello che ho da dire è questo: mi dispiace che questi articoli sulla superstizione rispecchino l'atteggiamento generale del mondo. L'atteggiamento cioè di chi vuole semplicemente portare le cose dentro il suo pensiero, masticandole, insalivandole, deglutendole e digerendole come fanno i ragni. Perchè conoscere non è mangiare. E' sorprendersi ad amare. Se uno, leggendo la Superstizione del divorzio, viene fuori con osservazioni su destra e su sinistra, dimostra di non avere capito nemmeno una briciola di ciò che il nostro amico Gilbert intendeva denunciare. Il grande dolore che mi ha colto quando ho letto questi articoli è questo: che Chesterton, nel suo solito spirito paradossale, volle parlare di cos'è l'amore, la famiglia e la libertà, non di che cos'è il divorzio. Le prime pagine della superstizione fanno proprio capo a questo: molta gente si preoccupa di una riforma, quando non ha la più pallida idea di cosa sia la forma che va a riformare. E questo accade ormai per ogni singolo aspetto della nostra esistenza, non solo per quanto riguarda l'unione o la disunione coniugale. Cos'è il matrimonio, cos'è il sì che diciamo e che ci lega per sempre, cos'è un giuramento? Queste sono le domande che innervano la visione di questo grande pamphlet. Non certo se il divorzio sia di destra o di sinistra. Non sono sicuro che i due lettori che abbiano scritto gli articoli si siano resi conto di come il potere del mondo abbia fatto deviare il loro pensiero su qualcosa di assolutamente inessenziale. La cosa che più conta però è che, se leggiamo questo libro avvalendoci di quelle povere categorie critiche perdiamo noi stessi, cioè l'occasione di rinnamorarci davvero di Chesterton e della nostra vita. 
Con affetto, Pietro

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