Vi segnaliamo alcune delle cose che il nostro amico e socio Marco Testi produce.
Marco è un valente studioso e giornalista, e tra l'altro anche un valido collaboratore de L'Osservatore Romano e di Roma Sette.
In primis il suo nuovo libro “Tra speranza e paura. I conti con il 1789”, Giorgio Pozzi editore, di cui vedete la copertina. L'argomento è il 1789 e quel che ne dicevano gli scrittori italiani del tempo, interessante perché svela uno sguardo decisamente non conformista sulla questione, e speriamo che susciti un bel dibattito.
Marco ha inoltre contribuito a “La Bibbia nella letteratura”, edito da Morcelliana, (due bei volumoni), parlando del grande Clemente Rebora.
Poi, dulcis in fundo, un pezzo uscito per il periodico Segno in cui trovate citato il nostro Gilbert. Buona lettura!
State per andare in vacanza? Non dimenticatevi qualcosa di molto importante: i sempreverdi. No, non dovete inventarvi un improbabile spazio per una piantina portafortuna. Si tratta di quei libri che, al di là di fortune editoriali, sono sempre validi. Prendiamo il caso di Gilbert K. Chesterton (1874-1936), noto in Italia per la saga, anche televisiva, di Padre Brown: in realtà un suo romanzo, L’uomo che fu giovedì, 1908, è degno di essere ricordato come uno dei capolavori della letteratura cristiana (e non solo); rappresenta la prova di quanto sia giusta la terapia dei libri che alcuni psicologi adottano, perché rappresenta la speranza quando tutto sembra perduto. Ne esistono diverse edizioni: l’ultima, di Bompiani (poco meno di 8 euro) manca purtroppo della bellissima lettera introduttiva a Edmund C. Bentley, mentre ne esiste anche una edizione per la scuola (ed. Simone), ed una ottima, però ahimè rintracciabile ormai quasi solo via internet, di Rizzoli. Ci sono sempreverdi che hanno avuto una meritatissima fama: pensate al Lev Tolstoj (1828-1910) di Anna Karenina (1833-37), l’eroina al negativo che muore insieme a tutta la precedente vita del grande autore. E visto che siamo in Russia, come dimenticare colui che Freud ha indicato come uno dei suoi predecessori nella ricerca delle radici inconsce dell’animo umano, vale a dire Fëdor M. Dostoevskij? E’ vero che con l’autore (1821-1881) dei Demoni avremmo l’imbarazzo della scelta, ma mi sentirei di consigliarvi l’enigmatico, affascinante Idiota (1868-69), perché nella figura del candido, disarmato principe My_kin, alcuni hanno visto il Cristo: l’assoluta bontà oggi sarebbe “punita” con la morte sociale, con un certificato di follia. E, a proposito di follia, non manchi nella vostra valigia il romanzo “terminale” di Pirandello (1867-1936), Uno, nessuno e centomila (1926), perché, al di là della sua fama di assoluto pessimismo, nel suo epilogo, l’uomo che, spogliatosi di ogni ricchezza, si dedica unicamente alla contemplazione della natura, rappresenta l’uscita dalla crisi. Da notare che di questo sempreverde esistono edizioni economiche sia degli Oscar Mondadori che della collana super–economica degli “acquarelli” di Giunti demetra (5 euro). A proposito della crisi dell’uomo moderno, è d’obbligo segnalarvene il modello, solo che questo modello risale a millecinquecento anni fa: le Confessioni di sant’Agostino (354-430 d.C.). Non stupitevi: questa ideale autobiografia del vescovo africano rappresenta l’inizio della modernità, quella dell’introspezione implacabile e implacata. Non si potrebbe immaginare la grande poesia d’amore di Petrarca senza quelle confessioni in cui un uomo colto e benestante guarda insoddisfatto dentro di sé per trovare la verità in un Dio, non vendicatore e severo, ma che si è messo anche lui per strada a cercare gli uomini. Anche qui esistono edizioni a portata di portafoglio vacanziero, soprattutto i già citati Girasoli.
Marco è un valente studioso e giornalista, e tra l'altro anche un valido collaboratore de L'Osservatore Romano e di Roma Sette.
In primis il suo nuovo libro “Tra speranza e paura. I conti con il 1789”, Giorgio Pozzi editore, di cui vedete la copertina. L'argomento è il 1789 e quel che ne dicevano gli scrittori italiani del tempo, interessante perché svela uno sguardo decisamente non conformista sulla questione, e speriamo che susciti un bel dibattito.
Marco ha inoltre contribuito a “La Bibbia nella letteratura”, edito da Morcelliana, (due bei volumoni), parlando del grande Clemente Rebora.
Poi, dulcis in fundo, un pezzo uscito per il periodico Segno in cui trovate citato il nostro Gilbert. Buona lettura!
State per andare in vacanza? Non dimenticatevi qualcosa di molto importante: i sempreverdi. No, non dovete inventarvi un improbabile spazio per una piantina portafortuna. Si tratta di quei libri che, al di là di fortune editoriali, sono sempre validi. Prendiamo il caso di Gilbert K. Chesterton (1874-1936), noto in Italia per la saga, anche televisiva, di Padre Brown: in realtà un suo romanzo, L’uomo che fu giovedì, 1908, è degno di essere ricordato come uno dei capolavori della letteratura cristiana (e non solo); rappresenta la prova di quanto sia giusta la terapia dei libri che alcuni psicologi adottano, perché rappresenta la speranza quando tutto sembra perduto. Ne esistono diverse edizioni: l’ultima, di Bompiani (poco meno di 8 euro) manca purtroppo della bellissima lettera introduttiva a Edmund C. Bentley, mentre ne esiste anche una edizione per la scuola (ed. Simone), ed una ottima, però ahimè rintracciabile ormai quasi solo via internet, di Rizzoli. Ci sono sempreverdi che hanno avuto una meritatissima fama: pensate al Lev Tolstoj (1828-1910) di Anna Karenina (1833-37), l’eroina al negativo che muore insieme a tutta la precedente vita del grande autore. E visto che siamo in Russia, come dimenticare colui che Freud ha indicato come uno dei suoi predecessori nella ricerca delle radici inconsce dell’animo umano, vale a dire Fëdor M. Dostoevskij? E’ vero che con l’autore (1821-1881) dei Demoni avremmo l’imbarazzo della scelta, ma mi sentirei di consigliarvi l’enigmatico, affascinante Idiota (1868-69), perché nella figura del candido, disarmato principe My_kin, alcuni hanno visto il Cristo: l’assoluta bontà oggi sarebbe “punita” con la morte sociale, con un certificato di follia. E, a proposito di follia, non manchi nella vostra valigia il romanzo “terminale” di Pirandello (1867-1936), Uno, nessuno e centomila (1926), perché, al di là della sua fama di assoluto pessimismo, nel suo epilogo, l’uomo che, spogliatosi di ogni ricchezza, si dedica unicamente alla contemplazione della natura, rappresenta l’uscita dalla crisi. Da notare che di questo sempreverde esistono edizioni economiche sia degli Oscar Mondadori che della collana super–economica degli “acquarelli” di Giunti demetra (5 euro). A proposito della crisi dell’uomo moderno, è d’obbligo segnalarvene il modello, solo che questo modello risale a millecinquecento anni fa: le Confessioni di sant’Agostino (354-430 d.C.). Non stupitevi: questa ideale autobiografia del vescovo africano rappresenta l’inizio della modernità, quella dell’introspezione implacabile e implacata. Non si potrebbe immaginare la grande poesia d’amore di Petrarca senza quelle confessioni in cui un uomo colto e benestante guarda insoddisfatto dentro di sé per trovare la verità in un Dio, non vendicatore e severo, ma che si è messo anche lui per strada a cercare gli uomini. Anche qui esistono edizioni a portata di portafoglio vacanziero, soprattutto i già citati Girasoli.
Marco Testi
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