Da L'Avvenire di ieri 1 Maggio 2008 (il testo della pagina è reperibile anche cliccando il nostro titolo).
Chesterton aveva previsto tutto nel 1922. Stop.
Blitz sulle linee guida, nuovo assalto alla legge 40 - di Ilaria Nava
Sulla Gazzetta Ufficiale di ieri sono state pubblicate le nuove linee guida della legge 40, firmate da Livia Turco sull’uscio del Ministero della Salute. Un clamoroso colpo di coda, del tutto inatteso alla vigilia dell’insediamento del nuovo governo. Le novità principali riguardano la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie in cui l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, e in particolare del virus Hiv e di quelli delle epatiti B e C, riconoscendo queste condizioni assimilabili ai casi di infertilità. La legge, infatti, rende possibile l’accesso alle tecniche solo in queste ultime circostanze, visto che la procreazione artificiale per la legge italiana è orientata ovviare a situazioni di sterilità, escludendo ogni altra finalità, come la sperimentazione o la selezione. Le nuove linee guida, inoltre, prevedono che alle coppie sia fornito un adeguato sostegno psicologico.
L’ elemento più critico, però, riguarda l’eliminazione del comma delle precedenti linee guida del 2004 che prescriveva indagini pre-impianto sull’embrione solo di tipo osservazionale. A ben vedere però non si tratta di una vera novità, visto che il comma era già stato annullato dal Tar del Lazio a fine gennaio. L’atto giunge al termine di un tormentato percorso iniziato a giugno dello scorso anno, momento dal quale era ufficialmente possibile mettere mano alle linee guida, che altro non sono che un regolamento attuativo della legge: hanno cioè «natura regolamentare», come ha chiarito anche il Tar. Da ciò deriva che nessun divieto o prescrizione aggiuntiva possa essere imposta solo ed esclusivamente sulla base delle linee guida senza trovare fondamento anche nella legge.
La legge 40 prescrive che le linee guida siano aggiornate periodicamente, «almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica». Un termine che non è perentorio ma che ha solo la funzione di orientare la pubblica amministrazione, tanto che non è prevista alcuna sanzione in caso di inosservanza. Il ministro Turco ha sempre affermato di voler seguire l’iter con tutta la cautela e la delicatezza che la materia richiede: «Nessuna fretta», aveva affermato prima dell’estate. Parole che oggi suonano persino beffarde.
L'atto del ministro stupisce soprattutto da questo punto di vista: ha infatti tutto il sapore di una corsa contro il tempo. Dal punto di vista formale, poi, è quanto meno discutibile visto che un governo dimissionario ha solo il potere di gestire l’ordinaria amministrazione. E non pare proprio che un decreto di portata simile sia riconducibile a questa categoria.
Al centro del dibattito è dunque la questione della diagnosi pre-impianto sull’embrione, cui le nuove linee guida aprono la porta. La legge 40 in diversi punti contiene tuttavia prescrizioni che la escludono: afferma infatti che è vietata ogni forma di selezione eugenetica; impone che gli embrioni creati – non più di tre per ciclo – siano impiantati contemporaneamente (e quindi che nessuno di loro possa essere scartato sulla base del suo patrimonio genetico); inoltre prevede il divieto di soppressione o di crioconservazione dell’embrione (che la diagnosi pre-impianto volta alla selezione comporterebbe); impone infine di effettuare qualsiasi ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano «solo a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative».
Il divieto di diagnosi pre-impianto a fini di selezione è quindi contenuto nella legge. Ne è la prova una sentenza di rigetto del tribunale di Catania emessa nel maggio 2004, quando era stata già approvata la legge 40, ma prima che venissero licenziate le linee guida.
Le linee guida, approvate a giugno 2004, nel tentativo di applicare la legge e tenuto conto delle attuali possibilità che la scienza offre stabilivano che «ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell’articolo 14 comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale». Una prescrizione evidentemente motivata dal fatto che lo stato attuale della scienza non consente di guarire le malattie diagnosticabili allo stato embrionale, ossia quelle genetiche: se non c’è la possibilità di intervenire per guarire, allora non si può intervenire, e l’indagine dovrà essere solo osservazionale.
Il percorso di revisione delle linee guida è costellato di tentativi di anticipare la decisione del ministro attraverso lo strumento giuridico. Due sentenze recenti autorizzano la diagnosi pre-impianto sull’embrione. La prima è emessa dal tribunale di Cagliari su ricorso di una coppia che già nel 2005 aveva presentato domanda al giudice, il quale aveva poi sollevato la questione di costituzionalità dell’articolo 13 della legge 40 (che permette la ricerca su ciascun embrione solo al fine di tutelare la sua salute e il suo sviluppo e vieta la selezione eugenetica).
Una pronuncia, sottolineava la Corte, motivata dal fatto che il contenuto della disposizione impugnata emerge chiaramente anche da altri articoli della legge, nonché dall’intero testo alla luce dei suoi criteri ispiratori. Il nuovo ricorso della coppia ha invece un esito diverso: il giudice accoglie la domanda ritenendo che nessun divieto in tal senso è contenuto nella legge e che le linee guida sono illegittime. Questi contenuti verranno poi ripresi da un magistrato di Firenze.
Si tratta di decisioni che rappresentano fughe in avanti, certo, ma che hanno valore solo per i ricorrenti. Non è così invece per la sentenza del Tar (n. 398 del 2008), che ha inciso direttamente sul testo delle linee guida annullando la parte che imponeva un’indagine sull’embrione solo di tipo osservazionale. I giudici amministrativi hanno ritenuto illegittimo limitare la diagnosi alla sola osservazione, affermando però che in ogni caso la legge consente interventi «per finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso». Non alla sua selezione, quindi. Anche prima dell’emanazione, ieri, delle nuove linee guida la parte che imponeva un’indagine sull’embrione solo di tipo osservazionale era già stata abrogata.
Ciò che potrebbe modificare il quadro normativo sarà dunque la sentenza della Corte costituzionale, che verrà emessa sulla base della questione di costituzionalità sollevata dal Tar.
Con un piede già fuori dalla porta del Ministero, Livia Turco ha pensato di lasciare in eredità al nuovo governo un testo che punta a manomettere la legge su un punto decisivo già sottoposto al referendum e confermato dai tre quarti degli italiani Un colpo di mano che però non fa i conti con il diritto.
Chesterton aveva previsto tutto nel 1922. Stop.
Blitz sulle linee guida, nuovo assalto alla legge 40 - di Ilaria Nava
Sulla Gazzetta Ufficiale di ieri sono state pubblicate le nuove linee guida della legge 40, firmate da Livia Turco sull’uscio del Ministero della Salute. Un clamoroso colpo di coda, del tutto inatteso alla vigilia dell’insediamento del nuovo governo. Le novità principali riguardano la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie in cui l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, e in particolare del virus Hiv e di quelli delle epatiti B e C, riconoscendo queste condizioni assimilabili ai casi di infertilità. La legge, infatti, rende possibile l’accesso alle tecniche solo in queste ultime circostanze, visto che la procreazione artificiale per la legge italiana è orientata ovviare a situazioni di sterilità, escludendo ogni altra finalità, come la sperimentazione o la selezione. Le nuove linee guida, inoltre, prevedono che alle coppie sia fornito un adeguato sostegno psicologico.
L’ elemento più critico, però, riguarda l’eliminazione del comma delle precedenti linee guida del 2004 che prescriveva indagini pre-impianto sull’embrione solo di tipo osservazionale. A ben vedere però non si tratta di una vera novità, visto che il comma era già stato annullato dal Tar del Lazio a fine gennaio. L’atto giunge al termine di un tormentato percorso iniziato a giugno dello scorso anno, momento dal quale era ufficialmente possibile mettere mano alle linee guida, che altro non sono che un regolamento attuativo della legge: hanno cioè «natura regolamentare», come ha chiarito anche il Tar. Da ciò deriva che nessun divieto o prescrizione aggiuntiva possa essere imposta solo ed esclusivamente sulla base delle linee guida senza trovare fondamento anche nella legge.
La legge 40 prescrive che le linee guida siano aggiornate periodicamente, «almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica». Un termine che non è perentorio ma che ha solo la funzione di orientare la pubblica amministrazione, tanto che non è prevista alcuna sanzione in caso di inosservanza. Il ministro Turco ha sempre affermato di voler seguire l’iter con tutta la cautela e la delicatezza che la materia richiede: «Nessuna fretta», aveva affermato prima dell’estate. Parole che oggi suonano persino beffarde.
L'atto del ministro stupisce soprattutto da questo punto di vista: ha infatti tutto il sapore di una corsa contro il tempo. Dal punto di vista formale, poi, è quanto meno discutibile visto che un governo dimissionario ha solo il potere di gestire l’ordinaria amministrazione. E non pare proprio che un decreto di portata simile sia riconducibile a questa categoria.
Al centro del dibattito è dunque la questione della diagnosi pre-impianto sull’embrione, cui le nuove linee guida aprono la porta. La legge 40 in diversi punti contiene tuttavia prescrizioni che la escludono: afferma infatti che è vietata ogni forma di selezione eugenetica; impone che gli embrioni creati – non più di tre per ciclo – siano impiantati contemporaneamente (e quindi che nessuno di loro possa essere scartato sulla base del suo patrimonio genetico); inoltre prevede il divieto di soppressione o di crioconservazione dell’embrione (che la diagnosi pre-impianto volta alla selezione comporterebbe); impone infine di effettuare qualsiasi ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano «solo a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative».
Il divieto di diagnosi pre-impianto a fini di selezione è quindi contenuto nella legge. Ne è la prova una sentenza di rigetto del tribunale di Catania emessa nel maggio 2004, quando era stata già approvata la legge 40, ma prima che venissero licenziate le linee guida.
Le linee guida, approvate a giugno 2004, nel tentativo di applicare la legge e tenuto conto delle attuali possibilità che la scienza offre stabilivano che «ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell’articolo 14 comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale». Una prescrizione evidentemente motivata dal fatto che lo stato attuale della scienza non consente di guarire le malattie diagnosticabili allo stato embrionale, ossia quelle genetiche: se non c’è la possibilità di intervenire per guarire, allora non si può intervenire, e l’indagine dovrà essere solo osservazionale.
Il percorso di revisione delle linee guida è costellato di tentativi di anticipare la decisione del ministro attraverso lo strumento giuridico. Due sentenze recenti autorizzano la diagnosi pre-impianto sull’embrione. La prima è emessa dal tribunale di Cagliari su ricorso di una coppia che già nel 2005 aveva presentato domanda al giudice, il quale aveva poi sollevato la questione di costituzionalità dell’articolo 13 della legge 40 (che permette la ricerca su ciascun embrione solo al fine di tutelare la sua salute e il suo sviluppo e vieta la selezione eugenetica).
Una pronuncia, sottolineava la Corte, motivata dal fatto che il contenuto della disposizione impugnata emerge chiaramente anche da altri articoli della legge, nonché dall’intero testo alla luce dei suoi criteri ispiratori. Il nuovo ricorso della coppia ha invece un esito diverso: il giudice accoglie la domanda ritenendo che nessun divieto in tal senso è contenuto nella legge e che le linee guida sono illegittime. Questi contenuti verranno poi ripresi da un magistrato di Firenze.
Si tratta di decisioni che rappresentano fughe in avanti, certo, ma che hanno valore solo per i ricorrenti. Non è così invece per la sentenza del Tar (n. 398 del 2008), che ha inciso direttamente sul testo delle linee guida annullando la parte che imponeva un’indagine sull’embrione solo di tipo osservazionale. I giudici amministrativi hanno ritenuto illegittimo limitare la diagnosi alla sola osservazione, affermando però che in ogni caso la legge consente interventi «per finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso». Non alla sua selezione, quindi. Anche prima dell’emanazione, ieri, delle nuove linee guida la parte che imponeva un’indagine sull’embrione solo di tipo osservazionale era già stata abrogata.
Ciò che potrebbe modificare il quadro normativo sarà dunque la sentenza della Corte costituzionale, che verrà emessa sulla base della questione di costituzionalità sollevata dal Tar.
Con un piede già fuori dalla porta del Ministero, Livia Turco ha pensato di lasciare in eredità al nuovo governo un testo che punta a manomettere la legge su un punto decisivo già sottoposto al referendum e confermato dai tre quarti degli italiani Un colpo di mano che però non fa i conti con il diritto.
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