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martedì 11 dicembre 2007

Chi tira la giacchetta a Chesterton?


Abbiamo ricevuto un interessante commento di innocenzosmith al post (anzi ai post) di ieri che annunciavano la pubblicazione de L'Osteria Volante e L'Uomo che fu Giovedì per Bompiani. Lo mettiamo in chiaro, come post, all'attenzione di tutti. La questione è: Chesterton viene usato, strumentalizzato? Chi tira la giacchetta a Chesterton? La questione è tutto fuorché peregrina. Oggi stiamo assistendo all'inizio di rinnovato interesse, quanto meno editoriale, per Chesterton. Anni fa ci chiedevamo tra chestertoniani (Roberto Prisco, Roberto Persico, Alessandro Gnocchi, Paolo Gulisano, Fabio Trevisan, Marco Sermarini, giusto per fare dei nomi e dei cognomi), a margine di trasmissioni radiofoniche, televisive o degli scorsi Chesterton Days, il perché del suo oblio ultradecennale, dopo essere stato pubblicato sia in vita che in morte in decine e decine di edizioni: qualcuno sosteneva la difficoltà a collocarlo (né liberista né socialista), qualcun altro la sua "eccessiva" (per l'intellettualità politicamente corretta) cattolicità, altri ancora il fatto che non fosse "organico" ad un certo "spirito del Concilio" che ha travolto tante belle cose negli ultimi quaranta anni. Può essere tutto o solo qualcosa di ciò. Ora, sembra che da più parti gli si tiri la giacchetta: ma che succede? Ci auguriamo che ne nasca una animata discussione.

Ecco il commento di innocenzosmith, fedelissimo chestertoniano:

Butto lì una mia riflessione, nata dopo aver letto la recensione di Repubblica su "L'utopia degli usurai". Mi sembra che in tutto questo apparente movimento intorno agli scritti in italiano di Gilbert K. Chesterton, ognuno faccia dire quello che vuole al Nostro. E quindi c'è Repubblica che lo strasforma quasi in un socialista leninista, Giorello che ne scrisse di cotte e di crude nelle postfazioni della Piemme, traduzioni che (secondo me) lasciano molto a desisderare come quella di Igor Longo de "L'uomo che sapeva troppo". Adesso ci si mette pure Enrico Ghezzi, che magari avrà scritto una fantastica prefazione e quindi mi smentirà clamorosamente, ma ne dubito. Insomma si rischia che ognuno tiri dalla giacchetta GKC intorbidendone la figura genuina. Cosa può fare in tutto ciò la Società Chestertoniana? La mia non è una domanda retorica, ma lo spunto per una provocazione.

La mia risposta di Uomo Vivo:

Fondamentalmente condivido quello che dici a proposito di Repubblica e L'Utopia degli usurai. Se solo lo leggessero (cosa difficile commentare i libri dopo averli letti...) non potrebbero dire nulla di ciò che hanno detto. Infatti quando abbiamo messo il post della pubblicazione de L'Utopia, abbiamo fatto riferimento ad uno scritto direi necessario per la comprensione de L'Utopia, ossia Lo stato servile, di Hilaire Belloc. Non si conosce che capitalismo e socialismo, e i più non sanno che Chesterton e Belloc e McNabb erano distributisti. Un giornalista dovrebbe però saperlo. Su Giorello dico solo no comment. Credo parli solo di se stesso. Su Ghezzi sono curioso, a questo punto... La Società fa già il blog, e niente non è. Poi c'è innocenzosmith che suscita la discussione, e questo è ottimo (provvederò a tirarla fuori dai commenti e metterla sui post). Poi la Società organizzerà un bel commento a più voci su questo argomento.

C'è scritto commento, ma volevo dire: convegno.

2 commenti:

  1. La strumentalizzazione di recensori e "prefazionisti" farà poca strada e sarà la lettura delle stesse opere di Chesterton a sbugiardarla.
    Credo comunque che questa riscoperta editoriale abbia radici nell'entusiasmante attualità dell'antirelativismo chestertoniano, quanto mai pregnante nel nostro clima culturale così intriso di pensiero debole.

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  2. Giorello e Ghezzi finiranno nella fossa ch'essi stessi hanno scavato, così come i sempre latitanti editori cattolici

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