Il fatto lo sapete: il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Roma ha disposto il non luogo a procedere nei confronti del dottor Mario Riccio, che si era reso disponibile ad operare secondo le indicazioni di Piergiorgio Welby, il malato che lo scorso 20 Dicembre ha chiesto ed ottenuto di morire (non credo sia opportuno edulcorare la faccenda. Le cose sono andate così).
Cliccando il titolo verrete portati nel sito de Il Giornale di oggi 25 Luglio 2007, dove trovate un commento al fatto di Eugenia Roccella, una dei due portavoce del Family Day dello scorso 12 Maggio.
Io sono ancora del parere di quello che ho scritto su questo blog lo scorso 1° Aprile.
Io non sono ottimista come la Roccella che giustamente cerca di correre ai ripari depotenziando la portata del fatto.
Lei dice: "Il proscioglimento del dott. Mario Riccio, il medico che ha staccato la spina a Piergiorgio Welby, dimostra in modo evidente che non c'è bisogno di nessuna legge sul diritto a morire, e che la battaglia radicale o era perfettamente superflua, o tragicamente ambigua. La Costituzione italiana prevede, come è noto, il diritto ad abbandonare le terapie, ed è quello che fa, ogni anno, un piccolo numero di malati gravi. Lo fanno senza scandalo e senza clamore, garantiti da una norma costituzionale che mai nessuno ha messo in discussione".
La realtà, secondo me, è un'altra. Qui hanno sdoganato con una truffa l'eutanasia, non i giudici (che bene o male hanno giudicato un caso che era stato sottoposto alla loro attenzione in un regolare procedimento penale) quanto tutto l'ambaradam orchestrato da Pannella, Cappato e soci. Nell'opinione pubblica l'idea adesso è: si può fare, è accettabile, è crudele chi lo impedisce.
La Roccella fa delle considerazioni interessanti.
Come di contro le fa assolutamente non condivisibili sullo stesso numero del quotidiano il giornalista Filippo Facci, che dà degli autolesionisti in malafede a tutti. Grazie. Meno male che c'è lui che ci salva.
Mi piacerebbe che ci si confrontasse su queste cose.
Il confine tra il sano e l'insano, tra il senso comune e il buon senso del bar, anche nel discutere, a volte sembra sottile ma non lo è assolutamente.
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