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lunedì 30 luglio 2007

Ravasi e Chesterton.


Il giornalista di Radio Vaticana Alessandro Ghisotti ha intervistato recentemente mons. Gianfranco Ravasi, che ha pensato bene di citare il nostro caro Gilbert:
Vorrei partire da una frase di uno scrittore inglese, Chesterton, che in una sua opera diceva: “Il mondo perirà non per mancanza di meraviglie, ma perirà per mancanza di meraviglia”. L’umanità, ad un certo momento, scomparirà quasi nella sua umanità profonda e nella sua identità, quando non avrà più la capacità di stupirsi, di contemplare. Soprattutto nella visione religiosa, ciò che importa è riuscire ad intravedere nell’interno del cosmo - non per nulla lo si chiama cosmo, che è una parola greca che significa "ordinato" - riuscire a trovare un messaggio trascendente, riuscire a trovare i segni del Creatore. In questa luce, è indiscutibile che sia necessario avere questo stupore.
Il resto dell'articolo si trova cliccando il titolo.

mercoledì 25 luglio 2007

IL MITO SEMPLICE DI HARRY POTTER

Pubblichiamo l'intervento su Harry Potter uscito sull'ultimo numero di Tempi, a cura del nostro caro Paolo Gulisano. Bello.

“La magia era tutt’altra cosa dall’agitare
semplicemente la bacchetta magica”
(J.K. Rowling)

La saga di Harry Potter rappresenta uno dei più incredibili successi editoriali degli ultimi anni, e in qualche modo una sorta di “caso letterario” che ha fatto molto discutere e versare, come si suol dire, tantissimo inchiostro.
Che Harry Potter potesse assurgere alla dimensione di “mito” era stato profetizzato dalla sua creatrice fin dalle prime battute del primo libro della saga, Harry Potter e la Pietra filosofale”, anche se l’opinione della Rowling riguardo al successo, che tanto ha presa sui cuori degli uomini del nostro tempo, è drasticamente negativo. La scrittrice mette in bocca alla professoressa McGranitt queste parole:«Questa gente non capirà mai Harry Potter. Lui diventerà famoso… leggendario! Non mi stupirebbe se in futuro la giornata di oggi venisse designata come la festa di Harry Potter. Su di lui si scriveranno volumi, tutti i bambini del mondo conosceranno il suo nome!» «Proprio così» disse Silente fissandola tutto serio. «Ce ne sarebbe abbastanza per far girare la testa a qualsiasi ragazzo. Famoso prima ancora di parlare e di camminare! Famoso per qualcosa di cui non avrà conservato neanche il ricordo! Non riesce a capire quanto starà meglio, se crescerà lontano da tutto questo fino al giorno in cui sarà pronto per reggerlo?» (p. 17-18).
La fama di Harry è davvero cresciuta, è dilagata ben oltre i confini del suo mondo letterario, e forse davvero Harry Potter non è stato capito. Rappresenta un mistero da esplorare, un mito da interpretare, un mito semplice, ma non semplicistico.
J.K. Rowling ha seminato nelle pagine incantate della saga di Hogwarts tanta saggezza, oltre che tanta bellezza, e vale davvero la pena cercare di scoprire quello che c’è dietro lo specchio delle avventure di Harry e il suo incredibile successo. Tra l’altro, quando la Rowling fa notare che il successo non è un valore fondante dell’esistenza, non scherza affatto. Basti pensare a quando, già mondialmente famosa, nel 2000 viene invitata a Londra dalla regina Elisabetta II per ricevere l’ onorificenza Ordine dell’Impero britannico “per servizi resi alla letteratura”. All’ultimo minuto la Rowling comunica l’impossibilità a parteciparvi a causa dell’influenza della figlia che ha bisogno di lei e la cerimonia viene rimandata. Avrebbe potuto lasciare qualcun altro vicino alla figlia e andare alla cerimonia? Sì, molti avranno pensato, se teniamo presente che l’occasione era unica e i bambini poi guariscono, ma la bambina di sette anni nel cuore di una mamma valeva di più del successo.
Questo aneddoto ci fa comprendere da quale penna – e da quale cuore- sia stato scritto Harry Potter. Per questo la “biografia gastronomica” che questo volume presenta ci può dire molto sull’Autrice.

La madre omosessuale spagnola. Altra "bella" storia.


Qui sopra: Chesterton (al centro della fila seduto) nel 1891, a diciassette anni. Foto rara.



Il fatto: un magistrato di Murcia in Spagna ha pronunciato una sentenza resa nota soltanto ieri e che sta dividendo l’opinione pubblica spagnola: Fernando Ferrin Calamita, giudice per la famiglia del capoluogo della regione sud-ovest, ha tolto a una madre la custodia delle due figlie di 6 e 12 anni affidandola al padre perché la donna è lesbica.
Nelle motivazioni della sentenza -secondo me con una logica così pacifica che era pure superfluo dirlo, ma evidentemente non lo è più!- si legge che «l'ambiente omosessuale aumenta sensibilmente il rischio che anche i minori lo diventino» e, quindi, secondo il giudice, la madre, che attualmente ha una relazione con un’altra donna, «deve scegliere fra l’educazione e la tutela delle proprie figlie e la sua nuova compagna».

Chesterton: «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto» (da Eretici, 1905).

Il Corriere della Sera di ieri: "sentenza shock in Spagna"...

Cliccando il titolo c'è un articolo che parla della faccenda tratto da Il Giornale.

Il caso Welby. Lo avevamo detto.

Il fatto lo sapete: il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Roma ha disposto il non luogo a procedere nei confronti del dottor Mario Riccio, che si era reso disponibile ad operare secondo le indicazioni di Piergiorgio Welby, il malato che lo scorso 20 Dicembre ha chiesto ed ottenuto di morire (non credo sia opportuno edulcorare la faccenda. Le cose sono andate così).
Cliccando il titolo verrete portati nel sito de Il Giornale di oggi 25 Luglio 2007, dove trovate un commento al fatto di Eugenia Roccella, una dei due portavoce del Family Day dello scorso 12 Maggio.
Io sono ancora del parere di quello che ho scritto su questo blog lo scorso 1° Aprile.
Io non sono ottimista come la Roccella che giustamente cerca di correre ai ripari depotenziando la portata del fatto.
Lei dice: "Il proscioglimento del dott. Mario Riccio, il medico che ha staccato la spina a Piergiorgio Welby, dimostra in modo evidente che non c'è bisogno di nessuna legge sul diritto a morire, e che la battaglia radicale o era perfettamente superflua, o tragicamente ambigua. La Costituzione italiana prevede, come è noto, il diritto ad abbandonare le terapie, ed è quello che fa, ogni anno, un piccolo numero di malati gravi. Lo fanno senza scandalo e senza clamore, garantiti da una norma costituzionale che mai nessuno ha messo in discussione".
La realtà, secondo me, è un'altra. Qui hanno sdoganato con una truffa l'eutanasia, non i giudici (che bene o male hanno giudicato un caso che era stato sottoposto alla loro attenzione in un regolare procedimento penale) quanto tutto l'ambaradam orchestrato da Pannella, Cappato e soci. Nell'opinione pubblica l'idea adesso è: si può fare, è accettabile, è crudele chi lo impedisce.
La Roccella fa delle considerazioni interessanti.
Come di contro le fa assolutamente non condivisibili sullo stesso numero del quotidiano il giornalista Filippo Facci, che dà degli autolesionisti in malafede a tutti. Grazie. Meno male che c'è lui che ci salva.
Mi piacerebbe che ci si confrontasse su queste cose.
Il confine tra il sano e l'insano, tra il senso comune e il buon senso del bar, anche nel discutere, a volte sembra sottile ma non lo è assolutamente.

martedì 24 luglio 2007

Papa Benedetto, la guerra e la pace.


Discorso importantissimo all'Angelus di domenica scorsa di Papa Benedetto, in vacanza a Lorenzago di Cadore. Leggere bene. Capire bene. Diffondere.
Come sempre viva il Papa, il più lucido di tutti, non c'è storia.


Cari fratelli e sorelle!

In questi giorni di riposo che, grazie a Dio, sto trascorrendo qui in Cadore, sento ancor più intensamente l'impatto doloroso delle notizie che mi pervengono circa gli scontri sanguinosi e gli episodi di violenza che si verificano in tante parti del mondo. Questo mi induce a riflettere ancora una volta sul dramma della libertà umana nel mondo. La bellezza della natura ci ricorda che siamo stati posti da Dio a "coltivare e custodire" questo "giardino" che è la Terra (cfr Gn 2,8-17). Se gli uomini vivessero in pace con Dio e tra di loro, la Terra assomiglierebbe veramente a un "paradiso". Il peccato purtroppo ha rovinato questo progetto divino, generando divisioni e facendo entrare nel mondo la morte. Avviene così che gli uomini cedono alle tentazioni del Maligno e si fanno guerra gli uni gli altri. La conseguenza è che, in questo stupendo "giardino" che è il mondo, si aprono spazi di "inferno".

La guerra, con il suo strascico di lutti e di distruzioni, è da sempre giustamente considerata una calamità che contrasta con il progetto di Dio, il quale ha creato tutto per l'esistenza e, in particolare, vuole fare del genere umano una famiglia.
Non posso, in questo momento, non andare col pensiero ad una data significativa: il 1° agosto 1917 – giusto 90 anni or sono – il mio venerato predecessore, Papa Benedetto XV, indirizzò la sua celebre Nota alle potenze belligeranti, domandando che ponessero fine alla prima guerra mondiale (cfr AAS 9 [1917], 417-420). Mentre imperversava quell'immane conflitto, il Papa ebbe il coraggio di affermare che si trattava
di un'"inutile strage". Questa sua espressione si è incisa nella storia. Essa si giustificava nella situazione concreta di quell'estate 1917, specialmente
su questo fronte veneto. Ma quelle parole, "inutile strage", contengono anche un valore più ampio, profetico, e si possono applicare a tanti altri conflitti che hanno stroncato innumerevoli vite umane. Proprio queste terre in cui ci troviamo, che di per se stesse parlano di pace e di armonia, sono state teatro della prima guerra mondiale, come ancora rievocano tante testimonianze ed alcuni commoventi canti degli
Alpini. Sono vicende da non dimenticare! Bisogna fare tesoro delle esperienze negative che purtroppo i nostri padri hanno sofferto, per non ripeterle. La
Nota del Papa Benedetto XV non si limitava a condannare la guerra; essa indicava, su un piano giuridico, le vie per costruire una pace equa e duratura: la forza morale del diritto, il disarmo bilanciato e controllato, l'arbitrato nelle controversie, la libertà dei mari, il reciproco condono delle spese belliche, la restituzione dei
territori occupati ed eque trattative per dirimere le questioni. La proposta della Santa Sede era orientata al futuro dell'Europa e del mondo, secondo un progetto
cristiano nell'ispirazione, ma condivisibile da tutti perché fondato sul diritto delle genti. E' la stessa impostazione che i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni
Paolo II hanno seguito nei loro memorabili discorsi all'Assemblea delle Nazioni Unite, ripetendo, a nome della Chiesa: "Mai più la guerra!". Da questo luogo di
pace, in cui anche più vivamente si avvertono come inaccettabili gli orrori delle "inutili stragi", rinnovo l'appello a perseguire con tenacia la via del diritto, a rifiutare con determinazione la corsa agli armamenti, a respingere più in generale la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi.

Con nel cuore questi pensieri e questi auspici, eleviamo ora una speciale preghiera per la pace nel mondo, affidandola a Maria Santissima, Regina della Pace.

venerdì 20 luglio 2007

Papa Montini e Chesterton. Grazie a Bottone.


Ricevo dall'attentissimo amico Angelo Bottone una segnalazione di questo interessante, intelligente e singolare scritto del giovane sacerdote bresciano Giovanni Battista Montini, ai più noto come Papa Paolo VI, datato 1927, che paro paro vi ripropongo.

Ringrazio Angelo Bottone della preziosa segnalazione, che ci dà modo di apprezzare un sinora ignoto Montini "chestertoniano", che non può che farci piacere. Invito tutti a fare queste segnalazioni. Sono ottime e servono allo scopo della Società Chestertoniana, cioè rendere sempre più noto Chesterton e riaprire una finestra su di lui che ha detto cose oggi non solo ancora attualissime, ma se possibili ancora più attuali di quando sono state dette. Queste segnalazioni inoltre rendono onore all'intelligenza di chi lo leggeva.

http://bottone.blogspot.com Questo è il blog dell'amico Bottone, che spero prima o poi di incontrare.

Montini recensisce Chesterton

G. K. Chesterton, L’Ortodossia, traduz. dall’inglese e pref. di R. Ferruzzi, Roma, Casa Editrice Ausonia, 1927, pp. 205, L. 12.


Ormai è un libro noto.
Di quelli che sembran doversi leggere da quanti, più o meno modestamente, fanno professione di intellettualità. Ed ora che una buona traduzione italiana, dopo circa venti anni da che era apparso in inglese, lo volgarizza da noi, se ne parla un po’ dappertutto. Si fa notare l’umorismo dell’autore, il quale paragona se stesso ad un “yacthman inglese, che, per un lieve errore di calcolo nella sua rotta, scoprì l’Inghilterra, credendo di aver scoperto una nuova isola nei mari del Sud”, ad uno, cioè, “che ha tentato di fondare una eresia, e quando stava per darle gli ultimi tocchi, ha capito che non era altro che l’ortodossia” (pp. 2-5)
Si fa notare anche che il libro fu scritto quando il Chesterton non era ancora ufficialmente convertito al cattolicesimo, e che, nonostante il titolo, non si deve cercare nel libro una esposizione chiara e organica di idee ortodosse, come, per esempio, l’esposizione fatta dallo Stoddard, col suo Ricostituendo una fede perduta; ma una precisa orientazione verso la concezione religiosa, anzi verso “la teologia cristiana”.
Si è anche detto del singolare valore apologetico del libro, non solo per il nome dell’autore, ch’è tra i principi della letteratura inglese contemporanea, ma altresì per le acute, originali, salaci osservazioni ch’esso contiene contro il complicato e formidabile arsenale dell’ideologia moderna avversaria alla fede. E si è cercato d’afferrare una trama del libro, ma la cosa non è stata facile. C’è, intanto, una trama?
Perchè far emergere questo, o quell’altro punto, che sembra fondamentale, o spiegarne altri oscuri o paradossali, come hanno fatto alcuni, non è già cogliere il contenuto dialettico del libro. Vero è che il libro è tutta una polemica, e che le pagine dedicate ad ognuna delle principali correnti di pensiero (razionalismo, cap. II; materialismo e determinismo, pp. 20-64-68; scetticismo, 22-27; positivismo, 54; immanentismo, 85-154; naturalismo, 87; liberalismo, 150, ecc. ecc.) ed altre consacrate a precise affermazioni apologetiche (tradizione, pp. 50, 74, 126, 137, 189; ottimismo, c. III; miracolo, 151-183; suicidio e martirio, 83; Cristo, 165-178; ecc. ecc.); ma a torto, credo io, si cercherebbe nel libro una costruzione sistematica.
Perciò il libro riesce, nel suo svolgimento, tutt’altro che chiaro. Non solo l’umorismo, diffuso con elegantissima finezza, adopera tutto un apparato di allusioni, di scorci, di sottintesi, di riferimenti impliciti, che reclamano o familiarità consumata con la cultura moderna ed inglese, o un’attenzione riflessiva e sottile. Ma spesso si ha l’impressione che l’autore scrivendo una cosa voglia dimostrarne un’altra; che cioè lo scritto abbia un significato recondito secondo l’esposizione di tesi quanto mai inattesi e bizzarre. (v., per es., il cap. IV: la morale delle favole, dove con l’esaltazione del meraviglioso e fanciullesco mondo fantastico è fatta la difesa del senso comune, del criterio di necessità, di casualità e dei principi etici fondamentali del cristianesimo, ecc. ecc.)
Con questa ricerca in chiave filosofica si potrebbe estrarre, almeno approssimativamente, il valore concettuale dei singoli capitoli (I, attualità del Credo; II e III, critica del razionalismo; IV, i principi sani della logica, della metafisica e dell’etica; V, bontà dell’essere; VI, razionalità complessa del cristianesimo e sua apologia per elisione o combinazione di obiezioni contrarie; VII, progresso ed evoluzione; VIII, critica del liberalismo, materialismo e immanentismo; IX, aspetti particolari del cristianesimo).
Ma quest’indagine sarebbe contro l’indole del libro. La quale ci sembra esattamente questa: il cristianesimo è vero, perché è strano. Cioè la verità, per eccellenza dogmatica e tradizionale, è quella che risponde alle esigenze più irrequiete e spinte del cerebralismo moderno. La forma normale per antonomasia è, per la sua singolarità, la forma più capace di meravigliare. La via maestra è la più traversa di tutte. O meglio, viceversa, l’eccentricità più originale, più artistica, più libera, più feconda e più viva deve fissarsi nel centro immobile del Credo antico. Ecco la scoperta della patria, di cui parla il primo capitolo.
É quindi un libro eminentemente romantico. Ecco come si esprime l’Autore: “Questo è il sensazionale romanzo dell’ortodossia. Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell’ortodossia come qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c’è, invece, niente di così pericoloso e di così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza, e l’esser saggi è più drammatico che l’esser pazzi: è l’equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio, che pare si chini da una parte, si spenzoli dall’altra, e pure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia della statuaria, e la precisione dell’aritmetica” (p. 118).
Questo è il motivo che si ripete in tutto i libro. Si spiega allora come le più capricciose argomentazioni siano continuamente usate. Gli argomenti ad hominem e di convenienza, le conclusioni estreme di principii errati introdotte per assurdo, le ipotesi più sconcertanti, le similitudini più divertenti sono all’ordine del giorno, per sboccare qua e là in meravigliose ed esattissime osservazioni e in pagine di grandissimo valore artistico (p. es., p. 186). La schermaglia precede l’apologetica. Un andamento quasi distratto e svogliato, bonario e dinoccolato prende improvviso slancio verso una meta che sembrava inaccessibile: la mossa è sempre elegante e sicura. Tanto che le risorse logiche ed illogiche d’una simile argomentazione lasciano pensare a quel gioco che i fanciulli fanno con lo spago teso e complicato fra le mani, prendendoselo l’un l’altro sempre diversamente e inattesamente annodato.
Ciò potrebbe deporre per un’inferma efficacia persuasiva, e per una discutibile autenticità della sua “ortodossia”. Ma si vorrà tener calcolo dell’aspetto assai soggettivo del libro, il quale più che dal rigore logico, trae la sua forza dalla psicologia dell’autore, e più che costruire, vuole demolire i paralogismi avversari con gli stessi sistemi o procedimenti dialettici con cui furono contrapposti al cristianesimo. Si vorrà tenere calcolo, altresì, della libertà artistica che l’opera originale reclama e che certamente nessuno può incolpare in questo caso, di superficialità. E infine occorrerà scoprire nel libro un ricorso a quelle idee di senso comune, che sono patrimonio dello spirito inglese, e che, senza ricorrere alla errata sistemazione filosofica fattane dalla scuola scozzese, contengono tanta sapienza autentica ed immortale.
Accettiamo quindi ben volentieri il contributo apologetico che la traduzione di Ortodossia può portare anche fra i lettori italiani.

(g. b. m.).

In Studium, a. 23 (1927), n. 6 (giugno) pp. 338-339.

lunedì 16 luglio 2007

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 12


Primo piano di Cristina Pavone/voce narrante e -diciamolo!- regista degli sketch chestertoniani!

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 8

Francesco D'Ercoli/Innocenzo Smith e Gianluca Ascani/Il Cinese.

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 7


Francesco D'Ercoli/Innocenzo Smith, Marco Capecci/Luigi Hara e Cristina Pavone/voce. narrante

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 6


Fasi della recitazione di alcuni brani di "Uomo Vivo con due gambe" (Editrice Fede&Cultura) di Fabio Trevisan, riduzione teatrale de "Le Avventure di un Uomo Vivo".

Qui vedete Francesco D'Ercoli/Innocenzo Smith con rastrello d'ordinanza e panza posticcia alla ricerca di quella casa, proprio di quella casa con la cassetta della posta rossa e il lampione verde dinanzi...

Convincentissimo.

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 5


Un momento altissimo della serata: il canto de "La canzone di padre Brown", sigla della serie televisiva cantata da Renato Rascel (oggi reperibile -pagando € 0,99 su iTunes Store che potete trovare sul sito www.apple.it). Guidava l'impavido e potente tenore Fabio Trevisan, e noi tutti dietro altrettanto impavidi.

Tutti hanno cantato allegrissimi, è stato veramente bello!

Il testo è qui sotto ed è una summa in sedicesimo del Chesterton-pensiero. Fa bene cantarla molto spesso:

"Ho la sottana celebre,
e sono un prete celibe
che si interessa al crimine
solo per salvar l'anima d'un povero ladro.

Il vero crimine è il pessimismo
di chi non crede nella vita.
Si sbaglia per sfiducia,
si sbaglia per pigrizia,
si sbaglia per rancore o per invidia.

Rit.: Giusto, padre Brown! Giusto, padre Brown! Ma la vita è molto spesso faticosa
Dicci, padre Brown, che cos'è la vita.


Spesso ruba la gente

perché non ha niente,
così crede la gente
d'esser nullatenente.
Ma se ciò che hai
fosse solo quello che ti resta
da un naufragio
sopra un'isola deserta...

Grideresti di gioia

di avere una coperta
da mettere addosso
ed un bottone d'osso
e un berrettino rosso,
una cannuccia,
un temperino nelle tue mani.
Avresti un piffero dai suoni strani
per fare il verso ai gabbiani,
sapessi che bellezza,
sapessi che ricchezza,
sapessi che allegria e così sia.

Rit.: Giusto, padre Brown! giusto, padre Brown, questa vita è una cosa favolosa!
Grazie, padre Brown! Grazie, padre Brown! Ora noi sappiamo la Verità!

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 4

Un momento prosaico, ma non per questo meno chestertoniano -anzi-, della serata: la mescita del vino cotto, specialità marchigiana che ha reso più fluidi i pensieri dei relatori e più ricettive le orecchie del pubblico...

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 3


Un'altra veduta del palco, alle spalle dei protagonisti del 5° Chesterton Day i musicisti Ricky Di Sante e Stefano Almonte, ribattezzati là per là Ricky and his Chestertons...

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007 - 2


La proiezione di un brano dell'episodio "Il duello del dottor Hirsch" tratto da I Racconti di padre Brown, sei episodi diretti da Vittorio Cottafavi, interpretati da Renato Rascel (padre Brown) e Arnoldo Foà (Flambeau), andati in onda negli anni 1970 e 1971.

Le immagini del 5° Chesterton Day - 30 Giugno 2007


Ecco le immagini del 5° Chesterton Day 2007, svoltosi il 30 Giugno 2007 a Grottammare (AP) nel corso dei festeggiamenti promossi dalla Compagnia dei Tipi Loschi in onore del beato Pier Giorgio Frassati.

Le dobbiamo soprattutto alla disponibilità e maestria di un bravo, simpatico e attento fotografo, Giuseppe Di Caro, di cui potete ammirare i capolavori a questo indirizzo: www.giuseppedicaro.it, ed a cui va il nostro sentito ringraziamento.

Questa è una veduta d'insieme del palco. Da sinistra: don Guido Bennati, Alessandro Gnocchi, Fabio Trevisan e il presidente della Società Chestertoniana Italiana Marco Sermarini.

martedì 10 luglio 2007

C'è una sola Chiesa vera, quella cattolica. Lo ha detto il Papa.

Cliccate il titolo e andrete al documento della Congregazione per la Dottrina della Fede che parla dell'unica Chiesa di Cristo.
Per me era già tutto chiaro. Ora è chiaro anche per chi non voleva lo fosse.
Viva Papa Benedetto!

giovedì 5 luglio 2007

Un gradito grazie da don Guido Bennati.

I ringraziamenti del caro don Guido Bennati, brillante relatore al 5° Chesterton Day, espositore facondo di un originale e lucido parallelo tra il libro di Giobbe e L'Uomo che fu Giovedì. Li gradisco particolarmente e spero di rivedere molto presto il caro don Guido, la stima è tutta mia verso di lui.

Con un po’ di ritardo e un po’ di pazienza ecco i ringraziamenti!
Dovuti e voluti!
È stata una giornata davvero bella e credo che le considerazioni al riguardo siano comuni.
Ti ringrazio per l’invito e per la generosità che, sinceramente, non era dovuta!
Il detto ormai proverbiale del Nostro: “Se una cosa vale la pena di farla…”
credo che per questa volta possa essere lasciato nel cassetto!!
Ancora un grazie sincero e buone vacanze!

Con stima, don Guido.

mercoledì 4 luglio 2007

La vicenda di Gianluca Pessotto.




Vi proponiamo quest'intervista a Gianluca Pessotto, ex giocatore della Juventus che lo scorso anno tentò di suicidarsi e che è invece sopravvissuto e -diciamo- rinato.

Cliccando il nostro titolo si viene portati al sito di Repubblica.

Dice delle cose chestertoniane, come queste:

Il primo passo di una seconda vita: è retorico, se diciamo così?
"No, è vero. Nessuno di noi ricorda la prima volta che camminò, da piccolo, però io sono sicuro che avevo la stessa paura, lo stesso desiderio di scoprire, di andare".

Cos'è successo quando hai riaperto gli occhi?
"Ero pieno di fili, di tubi, di ferri. Non potevo parlare perché mi avevano fatto la tracheotomia. Ho trascorso tre mesi come una pianta dentro un vaso. Tre mesi da neonato assoluto: cambiato, svestito, lavato, girato e rigirato. In quelle condizioni vinci i tabù di qualsiasi tipo. Però, appena sei presente a te stesso pensi che tutto quello che hai è guadagnato, ogni gesto, ogni respiro in più. E sei felice".

La vita, dopo, come funziona?
"Con l'amore degli altri, con le tonnellate d'amore che ti rovesciano addosso. E non solo i tuoi cari, le tue bimbe, anche gli sconosciuti che t'incontrano per strada e ti dicono di essere contenti perché sei vivo. E neanche uno ti giudica".

Sono arcifelice per lui e per quello che dice.

Ecco quello che diceva Chesterton sull'esserci e il non esserci:

(...) Il libro "Robinson Crusoe" (...) deve la sua perenne vitalità al fatto che esso celebra la poesia dei limiti o meglio ancora il romanzo stravagante della prudenza. Crusoe è un uomo sopra un piccolo scoglio con poca roba strappata al mare: la parte più bella del libro è la lista degli oggetti salvati dal naufragio. La più grande poesia è un inventario. Ogni utensile da cucina diviene ideale perché Crusoe avrebbe potuto lasciarlo cadere nel mare. E' un buon esercizio nelle ore vuote o cattive del giorno stare a guardare qualche cosa, il secchio del carbone o la cassetta dei libri, e pensare quanta sarebbe stata la felicità d'averlo salvato e portato fuori del vascello sommerso sull'isolotto solitario. Ma un migliore esercizio ancora è quello di rammentare come tutte le cose sono sfuggite per un capello alla perdizione: tutto è stato salvato da un naufragio. Ogni uomo ha avuto una orribile avventura: è sfuggito alla sorte di essere un parto misterioso e prematuro come quegli infanti che non vedono la luce. Sentivo parlare, quand'ero ragazzo, di uomini di genio rientrati o mancati; sentivo spesso ripetere che più d'uno era un grande "Avrebbe-potuto-essere". Per me, un fatto più solido e sensazionale è che il primo che passa è un grande "Avrebbe-potuto-non-essere".

(da G. K. Chesterton, Ortodossia, Morcelliana, Brescia)

martedì 3 luglio 2007

Dopo il Chest Day

Dopo diversi giorni torniamo al blog: la lontananza è dovuta all'incombere del Chesterton Day, che è andato, a mio avviso, molto molto bene.
E' stata una bella occasione per rivedere cari amici e per risentire le parole belle, coinvolgenti, illuminanti e piacevoli di Gilbert dalla voce di amici.
Appena le avremo a disposizione, pubblicheremo le foto di questa bella serata.

Io mi sono divertito, e ho visto delle facce divertite attorno a me.

Gli spari sono stati fantastici, degni di lui.

Ottantacinque anni dopo la conversione, Gilbert è più che mai vivo e vegeto. Grazie a Dio.