Per prima cosa, solidarizziamo, anche solo per un istante, con le speranze del periodo di Dickens, con quell'allegro problema del cambiamento. Se la democrazia vi ha deluso, non vedetela come una bolla di sapone esplosa, ma almeno come un cuore spezzato, una vecchia storia d'amore. Non sogghignate per il periodo in cui il credo dell'umanità era in luna di miele; trattatelo con la terribile riverenza che si deve alla giovinezza. Per voi, forse, una filosofia più tetra ha coperto ed eclissato la terra. Il feroce poeta del Medioevo scrisse: “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”, sopra le porte del mondo sotterraneo. I poeti emancipati di oggi lo hanno scritto sulle porte di questo mondo. Ma se vogliamo capire la storia che segue, dobbiamo cancellare quella scrittura apocalittica, anche solo per un'ora. Dobbiamo ricreare la fede dei nostri padri, anche solo come atmosfera artistica. Se dunque siete pessimisti, nel leggere questa storia rinunciate per un po' ai piaceri del pessimismo. Sognate per un solo folle momento che l'erba sia verde. Disimparate quel sinistro apprendimento che ritenete così chiaro; negate quella conoscenza mortale che credete di conoscere. Rinunciate al fiore della vostra cultura; rinunciate al gioiello del vostro orgoglio; lasciate la disperazione, o voi che entrate.
Gilbert Keith Chesterton, Charles Dickens - A Critical Study.
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