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mercoledì 21 luglio 2021

“La testa di Cesare”: l’idolatria per le cose di questo mondo - Luca Fumagalli su Radio Spada.


La testa di Cesare (The Head of Caesar), sesto racconto della raccolta La saggezza di Padre Brown (1914), per quanto ben congeniato e scritto, non è nulla di speciale. La storia ha dalla sua uno stile spumeggiante, venato di quel surrealismo fiabesco che è il marchio di fabbrica del miglior Chesterton, ma è decisamente manchevole dal punto di vista dei paradossi memorabili. Scarsi sono pure gli spunti apologetici, il più notevole dei quali è forse quello dedicato all'ateismo: dopo una brillante definizione dell'uomo come mistero con un cuore, il sacerdote investigatore chiosa: «Ciò che tutti noi temiamo di più è un'incertezza senza nessun cuore. E' proprio per questo che l'ateismo è un incubo».

Padre Brown, con il suo «volto non troppo dissimile da quello di un innocente fantasma» e l'amico Flambeau si trovano in una locanda di Brompton, a Kensngton, per trascorrere la serata. Il prete, «già parroco di Cobhole nell'Essex ed ora in missione a Londra» nota attraverso la finestra una losca figura che si aggira per strada con un naso adunco, certamente finto. Insospettito, invita Flambeau a seguirlo. Dopo essere stato lasciato solo, al suo tavolo si avvicina una giovane dai capelli rossi, Cristabel Carstairs, che confida a Padre Brown che è entrata nella locanda proprio per sfuggire a quell'uomo inquietante che da qualche tempo la sta ricattando.

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