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giovedì 5 marzo 2020

I Chesterton e i bambini - 1 - È così che si scrive davvero un articolo.

I Chesterton, entrambi, avevano un rapporto vitale con i bambini. Non ebbero dal Cielo il dono di figli propri (e su questo torneremo), ma mantennero con tutti i bambini che incontrarono una relazione costante, ricca, affettuosa, generosa, bella.
Nel pezzo che segue, che Chesterton scrisse per il Daily News, viene fotografata in tutta la sua realtà una giornata a casa Chesterton: Gilbert amava stare con loro, ne facevano di tutti i colori insieme, e chi si divertiva davvero era lui per primo, i bimbi subito dopo.
Le numerose testimonianze di chi, bambino, lo ha avuto come amico convergono tutte immancabilmente su un aspetto: chi stava con lui si sentiva una persona unica. Chesterton d'altro canto non faceva solo il simpatico zio con questi bimbi, ma entrava (o forse era sempre rimasto?) tutto intero nella seria gravità dei bimbi.
Ma ci torneremo.
La fotografia qui sotto è sufficiente a descrivere il fracasso, la gioia, l'ansia, lo sfuggire di mano della situazione per un uomo geniale come lui. Un indizio della genuinità del racconto è la sottolineatura del trovarsi perennemente all'ultimo minuto, con l'ansia che ti corrode. L'abbiamo vista, cari amici, nei racconti circa la gestazione di ogni articolo della rubrica fissa sull'Illustrated London News. Altro indizio saporoso è l'immedesimazione nelle faccende dei bimbi, caratteristica tutta chestertoniana. Tutto quanto descritto accade ad Overroads, tanto per cambiare.
La traduzione è artigianale, campagnola e mia. Il brano lo trovate in Wisdom and Innocence - A Life of G. K. Chesterton, di Joseph Pearce, che merita un grande plauso per aver focalizzato l'attenzione sulla vita di Chesterton su questi due splendidi binari, quello della saggezza e quello dell'innocenza.

Marco Sermarini

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Un uomo mostruosamente pigro si guadagna da vivere a South Bucks* in parte scrivendo una rubrica sul Saturday Daily News. Nel momento in cui la scrive di solito (che è sempre all'ultimo momento) la sua casa viene inaspettatamente invasa da bambini di tutte le forme e dimensioni. La sua segretaria viene richiamata e deve affrontare i pigmei invasori. 
Giocare con i bambini è una cosa gloriosa; ma il giornalista in questione non ha mai capito perché sia considerato rassicurante o idilliaco. Gli ricorda non l'annaffiatura di piccoli fiori in boccio, ma la lotta per ore con angeli e diavoli giganteschi. Problemi morali della più mostruosa complessità lo assediano incessantemente. Deve decidere davanti agli occhi terribili dell'innocenza se, quando una sorella ha buttato giù i mattoncini di un fratello, per vendicarsi del fatto che il fratello ha tolto due caramelle dalla propria parte, è sopportabile che il fratello si vendichi scarabocchiando il libro illustrato della sorella, e se tale condotta non giustifichi la sorella per aver spento il fiammifero illegalmente acceso del fratello. 
Proprio mentre sta risolvendo questo problema secondo i principi della più alta moralità, gli viene in mente all'improvviso che non ha scritto il suo articolo del sabato; e che c'è solo un'ora circa per farlo. Chiama selvaggiamente qualcuno (probabilmente il giardiniere) per telefonare da qualche parte per un fattorino; si barrica in un'altra stanza e si strappa i capelli, chiedendosi di cosa diavolo scriverà. Si siede disperato; il fattorino suona il campanello, i bambini picchiano alla porta, la servitù corre di tanto in tanto a dire che il fattorino si sta annoiando, e la matita barcolla, facendo al mondo un regalo di millecinquecento parole senza importanza. Poi il giornalista invia la sua copia e rivolge la sua attenzione all'enigma se un fratello debba requisire la collana di una sorella perché la sorella lo ha pizzicato a Littlehampton. È così che si scrive davvero un articolo.

Gilbert Keith Chesterton, The Daily News, 17 Dicembre 1910

* South Bucks è l'area dove sorge Beaconsfield, la parte meridionale della contea del Buckinghamshire.

1 commento:

  1. Bello. Allora anche lui...

    (credo però manchi la foto, almeno, io non la vedo)

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