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venerdì 15 giugno 2018

Il vecchio paradosso popolare - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

Chesterton, che fin da bambino amava allestire il teatrino domestico e ritagliare le figure di carta di teste di draghi, di San Giorgio a cavallo e di principesse inermi, assisteva spesso e con molto diletto a rappresentazioni teatrali medioevali, come i “Misteri di Coventry”. Questi “Misteri” (la parola derivava dal latino medievale e significava “cerimonia”) costituivano quel genere teatrale apparso durante il cosiddetto Basso Medioevo in cui era previsto l’utilizzo del verso e della lingua volgare. Pertanto i dialoghi contenuti in quei “Misteri” erano adatti per un pubblico vasto e costituivano un ricco repertorio di storie e leggende che affascinavano le credenze popolari e suscitavano l’immaginazione. 
Uno dei soggetti preferiti di queste rappresentazioni teatrali popolari era la Passione di Cristo, oppure altri soggetti erano presi soprattutto con riferimento alle Sacre Scritture o alle vite di Santi (chiamati “Miracoli”) . Tutto questo mondo, che catturò la fantasia e l’intelligenza di Chesterton, è andato col tempo perduto, assieme alle società organizzatrici di questi allestimenti scenici, che erano spesso confraternite di artigiani. Questi spettacoli cui Chesterton assisteva, come risultava anche dai registri delle corporazioni, combinavano assieme elementi comici, seri e potenza rappresentativa. Ecco cosa registrava il grande scrittore londinese dopo aver goduto di uno di questi spettacoli: “Se affermassi di essermi molto divertito assistendo a una rappresentazione della Natività del XIV secolo, forse potrei essere frainteso. E ciò che più conta, potrebbero essere fraintesi circa mille anni di storia davvero eroica…le persone erudite sembrano davvero ignorare questo bel divertimento medievale…penso che l’arte popolare del passato fosse un po’ più allegra di quella odierna e nel vedere questo dramma di Betlemme ho avvertito la sensazione che le buone notizie si prestano a essere rappresentate in scena come quelle cattive e che probabilmente apprendere la notizia della nascita di un bambino è eccitante quanto essere informati sull’uccisione di un uomo”. 
Chesterton affermava di amare queste rappresentazioni teatrali non tanto perché appartenevano al passato e quindi spesso considerate come “vecchie”, ma proprio perché erano da lui considerate “nuove”: “Lo sono dal punto di vista immaginativo poiché è come se la prima stella ci conducesse al primo bambino”. In questo dramma della Natività cui Chesterton assistette le madri cantavano una ninnananna ai bambini prima che arrivassero i soldati di Erode a compiere quella strage degli innocenti, come rilevava lo scrittore di Beaconsfield: “Nulla potrebbe essere più completamente farsesco della scena in cui re Erode finge di aver provocato il temporale…in altre parole, quella semplicità popolare capace di considerare il potere arbitrario come una pantomima assurda che si presta a burle, è stata alterata da un processo triste perché lento e accurato. Era una specie di satira da quartieri poveri”. 
Nell’Inghilterra dei suoi tempi, oltre a queste rappresentazioni popolari che univano senso del sacro con elementi farseschi e drammatici, vi era spazio anche per giornali umoristici come ad esempio il “Punch”dove – annotava sempre Chesterton – possiamo riscontrare questo passaggio dalle burle contro il palazzo alle burle contro il pub. Le classi raffinate sono materia per la commedia raffinata e soltanto la gente comune è materia per la farsa comune. E’ corretto definire moderna questa raffinatezza…”. Si ri-presentava così il vecchio paradosso popolare laddove dinanzi al tragico crimine di Erode la sua punizione era comica: “Ha compiuto un massacro di bambini ed è stato ridicolizzato in una pantomima natalizia per il divertimento di altri bambini. Egli ha compiuto assassini tramite proclami e in risposta è stato oggetto di caricature”. Un vecchio paradosso popolare in difesa dell’antica tradizione risalente al Medioevo cristiano.

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