Come ci ha insegnato il grande creatore di miti J.R.R. Tolkien
la letteratura dell'immaginario può essere lo specchio dei gusti, degli umori e addirittura della condizione psicologica dell'epoca moderna, esprimendo i dubbi, le paure, le domande insoddisfatte, le esigenze profonde dell'animo umano. I miti, i simboli, le leggende e le tradizioni ci rivelano noi stessi.
Non è un caso, probabilmente, che molti di questi grandi
frequentemente prefigurando scenari decisamente inquietanti. Non così i grandi interpreti dell'epica religiosa, radicata nel realismo ed espressa attraverso il linguaggio simbolico del Mito.
L'eroe cristiano di questa nuova epica è diverso da quello antico, poiché ha una diversa consapevolezza del destino, che è disegno di Dio, e non fato inesorabile.
Tra i massimi esponenti della Fantasy contemporanea si può annoverare Silvana De Mari, l'autrice del capolavoro L'ultimo elfo e di tanti altri straordinari romanzi fantasy e fiabeschi. Negli ultimi anni la De Mari ci ha offerto una testimonianza della sua sapientia cordis anche con una produzione saggistica di tutto rilievo, ma la narrativa è e rimane il terreno sul quale la scrittrice torinese ama di più cimentarsi.
In questi giorni è arrivata nelle librerie La nuova dinastia, Edizioni Lindau, 122 pagine, 9,50 euro), un romanzo breve, una lettura per tutta la famiglia, dai ragazzi agli adulti. Una vicenda narrata come caratteristica dell'autrice, ma non priva di una sua profondità, di un messaggio che non è difficile da decifrare. Il protagonista della storia si chiama Astridius, e si definisce "principe dei folletti, re degli stracci, ultimo miserabile rampollo di una stirpe perseguitata". Questa stirpe è quella dei "divinatori". Chi sono costoro? Sono individui che possono vedere i folletti, creature fatte di aria e di follia. Vederli e ascoltarli: i folletti non tacciono mai. I folletti – ci viene raccontato- ci danno la capacità di conoscere il futuro, perché ce lo raccontano con le loro piccole voci. E del futuro ci raccontano soprattutto i disastri. Il divinatore viene così a conoscenza delle sciagure che stanno per arrivare, e quindi cerca di mettere in guardia la gente, col risultato di essere considerato uno iettatore, un disturbatore dell'ordine costituito. Il divinatore dice verità scomode, ed è quindi visto come un "profeta di sventura". Il romanzo ci racconta allora delle avventure di Astridius, figlio di un divinatore, un uomo buono che cercava semplicemente di mettere in guardia il suo prossimo da pericoli imminenti. Il ragazzo finisce per raccogliere l'eredità di suo padre, e nel corso delle pagine di quello che può essere considerato anche come un romanzo di formazione, lo vediamo diventare un eroe, e assumersi l'arduo compito di diventare egli stesso divinatore, in grado di sentire la voce dei folletti, intenzionato a diffondere la loro saggezza e i loro avvertimenti tra gli uomini sordi a questi richiami, nella speranza che "qualcuno faccia qualcosa di intelligente, ma l'intelligenza è un bene prezioso e non sempre abbondante", come ci dice l'Autrice. Quello che puntualmente ottengono i divinatori sono odio e persecuzioni. "Le persone non vogliono conoscere le verità terribili e odiano chi le preannuncia. Ci accusano di essere noi a causare, evocandolo, il dolore che invece vogliamo solo evitare. Quando ho scoperto di avere lo stesso dono di mio padre, di essere anche io un divinatore, per qualche istante ho avuto la scelta: tapparmi le orecchie, vivere in pace, pascolare le mie pecore, fabbricare il formaggio. Oppure come mio padre intervenire e battermi con tutte le mie poche forze perché il male non inghiotta il mondo. Ho fatto la scelta di combattere. Mi chiamo Astridius, principe degli stracci, re dei folletti, e ho vinto la mia guerra."
La bella e appassionante fiaba della De Mari ci diverte, ci commuove, ma soprattutto ci fa pensare. L'autrice ci ricorda che la verità è scomoda, è sgradita, è osteggiata, ma nondimeno deve essere proclamata e difesa.
Chi lo fa deve sapere di essere uno straniero in un mondo ostile, impegnato in una lotta che non può finire sinchè il mondo durerà.
Paolo Gulisano
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