(…) Ciò a cui aspiravano era la libertà per il popolo e la ragione per le menti. In loro vi era un odio profondo per la società borghese, che sapevano essere essenzialmente antidemocratica e fondamentalmente corrotta. Ciò contro cui si battevano senza requie era l'insidiosa invasione della morale e dei valori borghesi in tutti gli stili di vita e in tutte le classi sociali. In effetti combattevano contro qualcosa di molto sinistro di cui raramente i socialisti - il cui partito politico, secondo Péguy, «era composto unicamente da intellettuali borghesi» - si rendevano pienamente conto, mi riferisco all'influenza onnipervasiva della mentalità borghese nel mondo moderno.
E' un fenomeno degno di nota, e qualcosa che dovrebbe far riflettere i nostri progressisti, che in termini di mera polemica tali cattolici convertiti o neocattolici si sono rivelati i veri vincitori. Non vi sono polemiche più devastanti, divertenti o meglio scritte contro quell'insieme di superstizioni moderne che vanno dalla scienza cristiana alla ginnastica come mezzo di salvezza, dal proibizionismo a Krishnamurti, di quelle contenute nei saggi di Chesterton (…).
Hanna Arendt, in Archivio Arendt, 1. 1930-1948, a cura di Simona Forti, Feltrinelli, Milano. Originariamente pubblicato in The Nation, 161/12, 22 Settembre 1945
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