La vita del signor Chesterton fu piena di episodi assurdi. Ci fu quel pomeriggio in cui ospitò a casa sua il famoso scrittore americano Henry James, vecchio gentiluomo cortese e formale che venerava la società e i costumi europei con un idealismo astrattissimo. Il colloquio domestico tra GKC e James fu dei più solenni, finché un imprevisto turbò la scena. Una voce fuori dalla finestra di casa Chesterton improvvisamente urlò: «Gilbert! Gilbert!». Era il signor Hilaire Belloc che, reduce da un viaggio in Francia, era rimasto senza il becco d'un quattrino e aveva miracolosamente raggiunto la casa del suo miglior amico da cui implorava di essere rifocillato con birra e prosciutto. A quel punto la casa ospitò un'antitesi: l'idolatria dell'Europa (il signor James) condivise il tavolo del tè con l'Europa in carne e ossa (il signor Belloc), che non era lì per chiacchierare ma per sfamarsi. Solo il signor Chesterton poteva dedurre da una tale visione un significato simbolico così sensato: «Io penso che lo scopo dell'apertura mentale, come dell'apertura della bocca, sia di richiuderla su qualcosa di solido». Non è una riflessione o un punto di vista, è un'ipotesi di battaglia; quella battaglia, tra una verità incarnata e un'ideologia illusoria, che viene messa in scena nel romanzo L'osteria volante (riedito da Lindau con la traduzione di Gian Dàuli). L'apertura mentale è pericolosa, se praticata solo con la mente. L'essere umano è anima e corpo, la straordinarietà della sua normalità è figlia del matrimonio d'amore tra esperienza e riflessione. Diversamente, si cade o nella lussuria o nell'astrattezza. Il romanzo, scritto nel 1914, si apre con una scena che oggi si sta puntualmente realizzando sotto i nostri occhi. La mente del politico Lord Ivywood si è spalancata fino ad accogliere tutte le assurdità di un ideologo musulmano di nome Mysisra Ammon, la cui fascinosa capacità oratoria è riuscita a convincere buona parte della nobiltà inglese che ogni tradizione britannica deriva dall'islam. E così Lord Ivywood si è persuaso che estendere la religione islamica all'Inghilterra significhi farla progredire; il primo effetto politico di tale visione è la messa al bando degli alcolici e della carne di maiale – e ne deriva anche la chiusura forzata dei pub. Gli mette i bastoni tra le ruote un tipo dalla tempra tosta, l'irlandese Patrick Dalroy a cui Chesterton affida il compito di testimoniare e custodire quella sana visione umana, cristiana ed europea, che fa del corpo un alleato imprescindibile per la mente: «Lord Ivywood – continuò Dalroy – non è crudele, è inumano. Ed è ignorante, come tante persone ben istruite. Ciò che è strano in loro è che si sforzano di essere semplici, ma non rinunciano mai a una cosa complicata. Se devono scegliere tra la carne di bue e qualche cibo in salamoia, rinunciano alla carne di bue. Se devono scegliere tra un prato e un'automobile, scelgono l'automobile. E volete sapere il perché? Perché essi rinunciano solo a quelle cose che li legano agli altri uomini. […] Egli rinuncia solo alle cose più semplici e più comuni: al manzo, alla birra, al sonno, perché questi piaceri gli ricordano che egli è solo un uomo».
La politica di Ivywood viene sfidata da Dalroy insieme al suo compagno di avventure, l'oste Humprey Pump: viaggiano in coppia per l'Inghilterra portandosi dietro l'insegna del pub "La vecchia nave", una botte di rum e del formaggio. Nei luoghi dove fanno sventolare quest'insegna, arriva sempre gente a chiedere da bere e da mangiare. È ciò che Chesterton avrebbe voluto dire a Henry James: l'Europa non fu pianificata a tavolino da un gruppo di intellettuali, fu nutrita dall'idea cristiana di compagnia, una condivisione carnale e spirituale nata attorno a quella tavola dove dodici uomini presero il pane e il vino offerto dal loro amico e maestro. Lord Ivywood è solo e rimugina astrattamente su visioni politiche votate al dio Progresso; di fronte a lui Dalroy e Pump imbandiscono una tavolata di uomini che – come Belloc quel giorno! – amano stare in compagnia per bere, mangiare e confrontarsi seriamente sulle questioni della vita.
La rivolta contro ogni riduzione dell'umano comincia al pub, che Chesterton riteneva il vero organo della democrazia inglese: «La vera socievolezza comincia sempre con un fuoco, del cibo, qualcosa da bere e con qualche parola sul fatto che piove o fa freddo. Quelli che non partono dal fine corporeo delle cose sono degli insolenti. Ogni anima umana deve provare su se stessa la gigante umiltà dell'Incarnazione. Ogni uomo deve vestirsi della carne per poter incontrare l'umanità».
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