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giovedì 15 dicembre 2016

Chesterton, il Papa, giacchette e citazioni - 4

Riceviamo da Andrea Monda un'ulteriore coda della nota discussione in oggetto...

Roberto Prisco mi condanna (all'inutilità e all'oblio se ho capito bene) perchè non ho spiegato bene dove e quando i critici del Papa non appoggiano correttamente su GKC la loro critica al Papa. Stimolato dalla provocazione mi sono andato a rileggere il mio articolo, esperienza sempre molto dura (per chiunque immagino) e quindi, ripercorriamolo insieme.
L'articolo nasceva dallo stupore (tutto inizia dalla meraviglia, come insegnano Platone, Aristotele e anche Chesterton, giusto?) di vedere il Papa attaccato "in nome" di Chesterton, cioè il povero Gilbert diventato malleus pontificorum.. un'eventualità che lo scrittore non avrebbe sospettato nemmeno nei suoi peggiori incubi, lui che di incubi se ne intendeva!
Come si fa a criticare il Papa "usando" uno scrittore "papalino" come GKC? Già, come si fa? Allora provo a mettermi nei panni degli altri (esercizio che i gesuiti fanno fare a livello retorico-dialettico durante le prove che impartiscono ai loro novizi) e cerco di vedere se è corretta, chestertonianamente parlando, la critica al Papa, che già è scorretta a livello di principio: Gilbert aveva simpatia per tutti, anche per i suoi "nemici", figuriamoci per il Papa! Ed era proprio la simpatia che gli permetteva di capirli (secondo un meccanismo, quello dell'anticipo di simpatia, spiegato molto bene da Benedetto XVI quando ha presentato il suo volume du Gesù). E' forse la mancanza di simpatia che acceca i detrattori del Papa? 
Personalmente conosco due di questi detrattori e mi sono simpatici e dunque cerco di comprendere come si sia arrivati all'assurdo di non cogliere (sempre "in nome di Chesterton") la forza e bellezza, molto chestertoniana, di questo pontificato. 
Una spiegazione del mistero potrebbe essere che questi critici sono quelli che Chesterton avrebbe definiti come "eretici", cioè hanno una visione parziale della realtà, si innamorano di una idea e la assolutizzano, escludendo le altre. Emilio Cecchi diceva che "Visto davanti Chesterton ha la figura di un vescovo. Ma il vescovo si rigira e visto di dietro ha la figura di un clown", ecco, questi critici si sono fermati al volto anteriore di Chesterton, come se fosse un disegno egizio di quelli bidimensionale, mentre la mole di Gilbert va vista a tutto tondo. Da qui il mio articolo che è come la ricomposizione di un puzzle a cui mancava qualche tassello fondamentale. 
Quindi io non trovo che questi critici "errano nel sostenere che le loro opinioni sono sostenute dal pensiero di GKC" secondo l'arzigogolata richiesta di Prisco, ma "errano" nel senso che ne danno, di questo Papa, una visione parziale, senza profondità, ideologica, piatta, fermandosi alla superficie e vedendo nel Vescovo di Roma solo il Vescovo. Sia GKC che Bergoglio invece sono dei Vescovi che sono anche dei Clown. Da qui il mio riferimento alla gioia, alla vitalità, al gusto per il paradosso (mai fine a se stesso) di questo Papa che incendia il mondo proprio come GKC che, come scrive nell'Autobiografia: "Questo fu il mio primo problema, quello di  indurre gli uomini a capire la meraviglia  e  lo splendore dell'essere vivi." Un UomoVivo è Bergoglio, lo ribadisco, è un uomo che sente come compito urgente quello che Stevenson (un autore molto amato da Chesterton come è noto) poneva con parole che più cristiane di così non si può: "C'è  un'idea che circola tra i moralisti, e cioè che si  debba rendere buono il prossimo. Debbo rendere buona una sola  persona: me stesso. Mentre il mio dovere verso il prossimo si esprime più efficacemente dicendo che debbo, per quanto posso, renderlo felice". Quanto volte questo Papa ci parla del "coraggio di essere felici", ecco è qui il punto, è un uomo "carico", coraggioso che incoraggia, proprio come GKC, e di fronte a questa "carica" è triste vedere che si risponde contrapponendo verità e carità, mettendole "diabolicamente" una contro l'altra, e dicendo che Chesterton è il maestro della verità e non il cantore della gioia che proviene dalla carità. Per questo ho citato quel meraviglioso passaggio de L'uomo eterno quando parla di Gesù che "non è venuto in realtà ad insegnare nulla. Se c'è un  episodio che  personalmente mi colpisce  come grandemente e  gloriosamente umano, è l'episodio del vino per la festa nuziale.". Nessuno mi ha risposto analizzando il mio articolo, pezzo per pezzo, che invece è stato liquidato come vago e generico, mi dispiace.. e poi soprattutto questa revisione l'ho dovuta fare io, terribile... un articolo (almeno i miei) dopo qualche minuto che è stato licenziato è già vecchio, superato, pieno di difetti.. questa me la pagate! Ma se poi vogliamo andare a bere un po' di vino insieme, tutti noi innamorati di GKC (e di Gesù, spero), anche se sono astemio come sa bene il nostro Presidente, farò volentieri un'eccezione, offro io!

Roma, 15 dicembre 2016

Andrea Monda

Sì, confermo, Andrea Monda è astemio e non fatelo bere, soprattutto a digiuno, non è il caso…!

E ora? Stiamo a vedere

Marco Sermarini

1 commento:

  1. Rispondo a Monda in merito alla citazione tratta da:"L'uomo eterno" Capitolo III - La più strana storia del mondo-. Chesterton sta analizzando Gesù, così scrive la frase prima di quella citata da Monda: "Anche dal lato della pura simpatia umana, comunque, il Gesù del Nuovo Testamento mi sembra avere per molti versi la nota di qualche cosa di sovrumano, cioè di qualche cosa di umano e di più che umano". Non c'è un Gesù che disdegna gli insegnamenti, come sembrerebbe dalla frase isolata maldestramente da Monda e fatta passare come operazione contro la dottrina.Invito nuovamente tutti ad occuparsi di Chesterton studiandolo integralmente ed oggettivamente. Nel V Capitolo dell'Uomo eterno scrive: "Nella teologia liberale la sola parte liberale è la parte dogmatica. Il dogma è incredibile, perché è incredibilmente liberale". Potrei continuare a citare GKC in difesa della dottrina, del dogma, dell'autorità, della ragione. Ripeto: c'è un Chesterton gioioso che coniuga, al contrario di Monda, gioia e dottrina, umorismo e dogma, autorità e libertà. Fabio Trevisan

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