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martedì 5 aprile 2016

Un aforisma al giorno (questo spettacolo di libro lo trovate su Pump Street!)

C'era un tempo in cui tu ed io, e tutti noi, eravamo davvero vicino a Dio, tanto che anche adesso il colore di un sassolino (o di un quadro), il profumo di un fiore (o dei fuochi d'artificio) ci entrano nel cuore con una specie di autorevolezza e di fiducia; come se fossero frammenti di un messaggio confuso, o tratti di un volto dimenticato. Versare a piene mani questa solida semplicità dentro la vita è l'unico vero scopo dell'educazione; e più la donna sta stretta al suo bambino – lei capisce. Dire cosa lei capisca è al di là di me; solo questo intuisco, che non è una cosa solenne. Si tratta piuttosto di un'imponente leggerezza, uno strepitoso dilettantismo universale, come quella che sentivamo da piccoli, quando ci piaceva cantare tanto quanto lavorare in giardino, dipingere tanto quanto correre. Balbettare le lingue degli uomini e degli angeli, dilettarsi di scienze spaventose, giocherellare con colonne e piramidi e lanciare per aria pianeti come fossero palline, questa è la recondita audacia e incoscienza che l'anima umana, come il giocoliere che lancia le arance, deve conservare per sempre. Questa è l'insana frivolezza che chiamo sanità. E l'elegante nobildonna, che si chinava con i "suoi boccoli sugli acquerelli, lo sapeva e faceva di conseguenza. Si destreggiava tra i fuochi e le fiamme del sole. Manteneva il netto equilibrio degli umili che è la più misteriosa tra le cose sublimi, e forse la più irraggiungibile. Affermava la prima verità della donna, della madre universale: tutto ciò che vale la pena fare, vale davvero la pena farlo alla meno peggio.

Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo

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