Tempo fa abbiamo presentato un'altra opera di Chesterton tradotta dal giovane Giulio Mainardi, Magia, una delle poche commedie scritte da Chesterton (nonostante il pressing che subiva da George Bernard Shaw, che voleva si applicasse al genere). Oggi tocca ad una raccolta giovanile di poesie, Il cavaliere pazzo e altre poesie (titolo originale: The Wild Knight).
Mainardi per la pubblicazione si è servito della piattaforma Il mio libro del gruppo editoriale L'Espresso, uno dei servizi di self publishing (ma dai! Usiamo l'italiano: di autopubblicazione!) più diffusi. Al di là delle giustificate lamentele del traduttore per il colophon errato (e che fa ridere e a tratti sperare - andatelo a leggere!), è un sistema che permette di oltrepassare il collo di bottiglia degli editori, per cui talvolta vi ricorrono personaggi ben descritti da Chesterton nelle primissime pagine del capitolo Il maniaco del libro Ortodossia (cercate e capirete!), da cui un editore fuggirebbe a gambe levate nel suo retrobottega, ma a volte danno la possibilità di esprimersi a molti che poi hanno successo partendo da zero. E dà una chance anche a malati cronici come noi chestertoniani di tirare fuori un titolo dopo averlo tradotto e di tornare a diffonderlo dopo che era andato disperso, come quello che vi presento.
Anzitutto la poesia di Chesterton: molti ingiustamente la sottovalutano. Ingiustamente, dico, e con cognizione di causa, perché se volete essere convinti che valga la pena leggere il poeta Chesterton l'acquisto di questo libro può essere adatto. Ma vi suggerisco di sfogliare una pagina qualsiasi de Il cavallo bianco e direte: hai ragione! Poi potete non credere a Sermarini, e in genere fareste bene ma non in questo caso, perché c'è un signore che pensava la stessa cosa e si chiamava John Ronald Reuel Tolkien.
La recensione potrebbe terminare qui con sollievo per tutti, e tutti chiuderemmo queste inutili righe con un grazie e i codici per acquistare il libro, però altre due cosette le voglio dire, così tra buoni amici.
Anzitutto il traduttore premette una nota al libro che va letta, perché dà ragione delle proprie scelte ed approfitta della nota per parlare della necessità di tradurre i versi in rima, così come lo ha voluti Chesterton: "il verso libero... non è un nuovo metro più di quanto dormire in un fosso sia una nuova scuola architettonica" (da Ghiribizzi contro mode). Ma non finisce qui, proseguite nella lettura e capirete.
C'è poi una prefazione e dei brevi commenti ad ogni singola poesia. Sono confluite anche le note di Chesterton.
L'opera è una delle prime di Chesterton, poco dopo Burloni Barbagrigia (Greybeards at play), sempre nel 1900. Quindi sono opera del ventiseienne Gilbert, prossimo a sposare Frances, ancora sotto la guida di suo padre Edward (o Mr. Ed, come lo chiamavano gli amici del figlio). Uno dei suoi primi recensori scrisse che "l'egoismo non esiste nel signor Chesterton; ma le sue idee lo possiedono perfettamente, ed il suo dono di saper esprimere la propria personalità è pari al suo candore". Aveva visto lontano.
È il libro dove troverete By the babe unborn, la poesia del bimbo non nato che promette che sarà buoni se solo lo faranno venire al mondo, e di The donkey, l'asinello che porterà Gesù in trionfo a Gerusalemme, solo per citare alcuni dei versi più noti che vi troverete. La poesia di Chesterton è un lampo di luce che lascia intravedere in sedicesimo ma tutte intere le cose magnifiche che leggerete nei suoi libri più famosi ed espressivi della sua personalità. Considerate che molte di queste poesie risalgono agli anni della sua rinascita, dopo quelli della sorda disperazione. I motivi espressi sono gli stessi che ritroverete con soddisfazione nelle sue opere più grandi, come Ortodossia è L'Uomo che fu Giovedì, o nella splendida Autobiografia. È giovane, questa poesia ma esprime una soddisfazione attiva, una spinta affettuosa verso la Vita.
È un bel libro e quindi Giulio Mainardi si merita un bel grazie.
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