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martedì 15 marzo 2016

La difesa dell’Araldica - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Ogni bottega era, al pari di ogni maniero, caratterizzata non da un nome, ma da un'insegna"

zzzzgkc150316Nella prefazione alla sua prima raccolta di saggi, dal titolo: "The Defendant" (tradotta in italiano con: "Il bello del brutto"), Gilbert Keith Chesterton esplicava in modo chiaro il piano dell'opera: "M'è parso dunque ingiusto che l'umanità si accanisse senza requie a chiamare cattive quelle cose che sono state tanto buone da farne apparire migliori altre, e si ostinasse a buttar continuamente giù la scala che è stata usata per salire". Lo scrittore londinese desiderava così difendere tutto ciò di cui la modernità voleva disfarsi, esattamente come quella scala che ci aveva permesso di salire ad un piano superiore e tuttavia era ora disprezzata e trascurata.

Chesterton difendeva così tutto ciò che era considerato antiquato, brutto e biasimevole, perorando così in favore delle pastorelle di porcellana, dei cosiddetti voti avventati, della farsa, dei romanzi d'appendice, del patriottismo, dell'araldica. Proprio di quest'ultima ne esaltava i simboli, i colori, la vitalità e quel rimando al Medioevo cui era molto legato come artista e disegnatore, ancor prima che come scrittore. Egli era consapevole della perdita della ricchezza della analogia entis, di tutto ciò che rimandava per analogia allo splendore del Creatore: "Ho capito che il progresso non poteva essere solamente un costante parricidio; ho pertanto frugato in mezzo ai mucchi di spazzatura dell'umanità e in ognuno ho trovato un tesoro…Mi sono persuaso che il compito precipuo dell'uomo, per quanto umile, sia la difesa". 

Con il suo caratteristico umorismo paradossale, preoccupato di suscitare meraviglia per la bellezza e la bontà del creato, Chesterton intendeva indicare la strada per il riconoscimento della realtà e della verità, così come volute da Dio: "Ecco la vera caduta di Adamo, una caduta spirituale…l'uomo non serba memoria del suo ambiente e, nel senso più pregnante e letterale del termine, si dimentica di se stesso". L'araldica era per lui un costante richiamo in tante sue opere, se pensiamo all'insegna dell'osteria volante "La vecchia nave"o ai vividi colori di Notting Hill del valoroso Adam Wayne. In quelle vecchie insegne fuori dalle locande, in quei gloriosi simboli egli riconosceva quella tradizione, quell'umanità che lo facevano sentire a casa: "Le locande sono ormai quasi le uniche botteghe che conservano le antiche insegne e la misteriosa attrazione che esse esercitano…ci sono taverne con nomi così fantastici ed incantevoli". 

Che cosa contestava Chesterton alla modernità e perché volle difendere ad oltranza quelle tradizioni? Egli spiegava così il grande errore: "Quando fu suonata la grande tromba dell'uguaglianza, venne quasi subito commesso uno degli sbagli più marchiani della storia del genere umano. Tutta quell'alterigia e quello splendore, i simboli eccelsi e le insegne rutilanti, si sarebbero dovute estendere all'umanità intera. Il tabaccaio avrebbe dovuto avere un cimiero ed il commerciante di formaggi un grido di guerra…un droghiere dovrebbe avere uno stemma degno della sua bizzarra mercanzia; un postino dovrebbe avere un blasone in grado di raffigurare l'onore e la responsabilità, il farmacista dovrebbe avere uno scudo gentilizio che simboleggi gli arcani della guarigione". 

Ecco perché contestava e temeva l'omologazione e la standardizzazione verso il basso, provocata soprattutto dall'industrialismo, dal grande magazzino, dal grande capitale. La difesa dell'araldica, così come tutta l'apologia del "bello del brutto" aveva un ruolo fondamentale per la difesa della libertà, della dignità della persona, dei diritti di Dio. L'araldica rivelava tutto il suo potenziale di umanità, di bellezza, di verità, facendosi specchio variopinto e nobile del Creatore. Ecco perché bisognava difenderla, ecco perché non bisognava dimenticare il passato.

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