Una grande nazione, e una grande civiltà, ha seguito per cento o più anni una forma di progresso che si considerava indipendente da certi vecchi collegamenti, i quali coincidevano con antiche tradizioni riguardanti la terra, il focolare e l'altare. Quella nazione è progredita sotto la guida di leader che erano sicuri di sé, per non dire arroganti. Erano persuasi che le loro regole economiche fossero immutabili, che la loro teoria politica fosse giusta, che il loro commercio fosse benefico, che i loro parlamenti fossero popolari, che la loro stampa fosse illuminata, che la loro scienza fosse umana. Sulla base di questa certezza, hanno convinto il popolo a partecipare a nuovi e smisurati esperimenti; a fare della loro nazione indipendente un'eterna debitrice di pochi ricchi; ad accumulare un gran numero di proprietà private fidandosi dei finanzieri; a ricoprire al loro terra di ferro e pietre e a spogliarla di erba e grano; a eliminare il cibo dal proprio paese per poi ricomprarlo dai confini del mondo; a permettere che i ricchi diventassero ancora più ricchi e meno numerosi, e i poveri ancora più poveri e più numerosi; a perdere ogni forma di prosperità moderata e di schietto patriottismo, finché non ci sono più stati né indipendenza senza lusso né lavoro senza bruttezza; a lasciare che milioni di uomini dipendessero da una disciplina e da un sostentamento indiretti e lontani, ammazzandosi di lavoro senza sapere per chi e prendendo i mezzi di sussistenza senza sapere da dove. […] Se posso dire una parola ai principi e ai governanti di questo popolo, dirò con la stessa serietà di qualsiasi affermazione fatta da un uomo ad altri uomini: 'Per l'amor di Dio, nel nostro interesse, ma soprattutto nel vostro, non abbiate la fretta sconsiderata di dire alla vostra gente che non c'è modo di uscire dalla trappola in cui la vostra stoltezza vi ha guidato; che non esiste progresso tranne quello che è approdato a questo risultato […]. Gli uomini forse vi perdoneranno di avere sbagliato, ma potrebbero non perdonarvi di avere disperato.
Gilbert Keith Chesterton, Il profilo della ragionevolezza
Nessun commento:
Posta un commento