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lunedì 28 maggio 2012

Elia e Gilbert - di Roberto Prisco


Evidenziare i riferimenti ad Elia che si possono individuare dalla lettura non affrettata delle opere di GKC ha lo scopo di metterne in evidenza l'ispirazione più che una citazione intenzionale. L'ispirazione può essere stata sia diretta, derivata cioè dalla lettura dei testi sacri, sia indiretta cioè mediata dalla cultura dei suoicontemporanei, sia essere casuale dovuta cioè ad un convergere non preordinato di temi e di valori, ed allora sarebbe il meno casuale. Non siamo assolutamente in grado di distinguere quale sia la strada che Elia ha seguito per giungere sulla pagina del nostro, ci sembra comunque già interessante riconoscerne la presenza. Almeno tre sono le vicende della vita di Elia che trovano eco sulle pagine del nostro.

§1 La prima riguarda la vigna di Nabot ([I Re 21;1-26] oppure in forma breve [I Re 21;4-7]) Questo episodio viene citato esplicitamente nell'Uomovivo quando Innocenzo Smith seguito dal curato si incammina sui tetti per eseguire il presunto "esproprio proletario" ante litteram. ed il curato Percy la porta come esempio di un qualcosa che va rispettato perché vuoto balocco (pagina 124).
Anche senza questo richiamo esplicito potremmo affermare comunque l'interesse del nostro per questa vicenda, se pensiamo a quella vigna da un punto di vista simbolico. Riusciamo ad individuare due ambiti di interesse di GKC che sarebbero mossi da Nabot. Due motivi per i quali lo avrebbe certamente difeso contro le pretese del Re Acab.

Come primo ambito troviamo la difesa della tradizione come fonte e limite del potere sociale.
Nabot infatti si presenta come un difensore della propria tradizione familiare, dato che rifiuta di cedere la vigna dei suoi padri in cambio di un pagamento che possiamo ritenere allineato con quelli di mercato. Il rifiuto, abbiamo sentito è motivato proprio da queste parole Mi guardi il Signore dal cederti l'eredità dei miei padri. Sappiamo bene dal quarto capitolo  di Ortodossia quanto contasse per GKC la tradizione vista come una forma estesa di democrazia, del potere del popolo appunto (pagina 50: La democrazia ci insegna di non trascurare l'opinione di un saggio anche se è il nostro servitore; la tradizione ci chiede di non trascurare l'opinione di un saggio anche se è nostro padre). Ma in questa vicenda, il popolo, istigato dalla demagoga Gezabel opprime Nabot il difensore della estensione e restringe l'ambito della verità e di qui della libertà.
L'alleanza tra Stato (il Re e chi agisce per lui) e Società (gli anziani ed i capi) schiaccia il difensore della tradizione.

Come secondo ambito questa oppressione riguarda l'attività economica. Il richiamo va  al testo di Belloc Lo Stato Servile e da questo al distributismo. La tesi principale sostenuta da Belloc era che uno Stato nel quale non è concesso vivere se non si cede ad altri il proprio lavoro o per lo meno il suo frutto è uno Stato che ci tiene in una condizione servile. Uno degli slogan di questo movimento, quindi, "tre acri ed una vacca", ne riuniva le due componenti: l'aspirazione all'autosufficienza materiale e all'indipendenza della persona dal mercato.
Acab disprezza, di fatto con la sua offerta, l'opera che ha portato ad impiantare la vigna su quel terreno e vi ha quindi incorporato grandi quantità di lavoro non remunerato. Chiede che il frutto di quell'operare attento e prolungato nel tempo sia sradicato per far posto ad un orto e propone in cambio del denaro od altri beni fungibili e quindi economici. Nabot non accetta (ed i Chesterbelloc sono certamente con lui) perché non sono in ballo soltanto valori economici ma anche la relazione che una persona (in questo caso una famiglia) istituisce con il proprio lavoro, al fine di assicurarsi una indipendenza che non è soltanto economica.

§2 La seconda vicenda riguarda la controversia con i profeti di Baal ([1 RE 18;16-40]).
Lo scontro tra Elia ed i profeti di Baal è la lotta per la vita o la morte, non è possibile né perdono né tregua finché non sia ristabilito chi è Dio.
GKC vede la stessa radicalità nello scontro tra Roma e Cartagine concretizzata attorno alla figura di Annibale (etimologicamente la grazia di Baal).
Certo GKC non ha mai sgozzato falsi profeti, però la sua avversione proprio per Baal ed i Fenici è ben riconoscibile e viene data esplicitamente in numerosi passi dell'Uomo Eterno. Il senso che il nostro dava alle guerre Puniche ci consente di comprendere questa sua avversione per i Fenici e per la loro religione incentrata sulla venerazione di Baal (Moloch) al quale dedicavano sacrifici di bambini. Chesterton considerava i Romani come i portatori di quelle virtù virili, civili, militari e famigliari così poco pratiche come il coraggio, l'onestà, il rispetto della parola, .. ..  che fanno la grandezza dei popoli; al contrario (pagina 133) dice: quello dei Fenici era un popolo pratico che sapeva produrre, commerciare ed arricchirsi. Il contrasto tra il popolo pratico e quello virtuoso era insanabile. Era tanto insanabile da farlo tornare più volte nell'Uomo Eterno ad esprimere questa sua ostilità e ad esaltare Roma ed Israele (Catone ed Elia) per la loro strenua lotta contro Cartagine e Baal. Ora se il popolo è desideroso di efficienza cosa c'è mai di più pratico di offrire sacrifici anche umani al Dio? Aggiungeremmo noi cosa di così poco pratico come il Dio che sacrifica sé stesso per espiare le colpe degli uomini? Non sarebbe più pratico un Dio che chiede agli uomini i sacrifici per essere compensato dei loro peccati?
Poi, Chesterton ricorda (ancora a pagina 133), queste due visioni così distanti come quella di Roma e quella di Israele si troveranno alle origini del cristianesimo per salvare il mondo.

Storicamente la sconfitta di Cartagine maturò proprio dalla sua praticità. Infatti Annibale aveva distrutto la forza di Roma e si era fermato a Capua ad attendere rinforzi prima dell'attacco finale all'Urbe; ma a Cartagine si chiesero che aspetta a tornare? Perché non congeda quel costoso esercito di mercenari? Tanto i soldi per costruire quelle complicate macchine da assedio per attaccare Roma non glieli manderemo! Queste erano le valutazioni estremamente pratiche fatte nella madrepatria. D'altronde la storia riporta che gli eserciti Cartaginesiavevano posto sotto assedio diverse città ma non ne avevano espugnate molte, sia per la mancanza delle macchine adatte allo scopo sia per le frequenti epidemie, che scoppiavano per le scarse condizioni igieniche in cui vivevano i soldati negli accampamenti. Va appena ricordato che, unici nell'epoca antica, gli accampamenti romani erano dotati di latrine con acqua corrente(si trattasse pure di un'asse posta attraverso un rigagnolo d'acqua derivato da un fiume). Annibale poi, intanto che Cartagine nicchiava, fu costretto a tornare per fronteggiare una inaspettata offensiva romana.
I Romani erano risoluti e testardi ed alla fine il loro coraggio e la loro determinazione (così poco pratica) vinsero sulla praticità dei Fenici e la distruzione fu condotta ferocemente. Come altrettanto feroce era stata la distruzione dei profeti operata da Elia.

§3 La terza vicenda è la più misteriosa perché riguarda direttamente Dio e la sua conoscenza a partire dall'esperienza del mondo ([1 RE 19;8-18]). Da un lato abbiamo nell'"Ortodossia", al termine del quarto capitolo , un'esposizione di per sé rassicurante ([Ortodossia pagine 70-71])nella quale si accenna al principio di creazione paragonando il mondo agli oggettiche Robinson Crusoe aveva salvato dal naufragio tutto è stato salvato da un naufragio. Da un'altra partenell'Autobiografia è rivissuta da GKC tutta l'angoscia che Elia prova di fronte al vento impetuoso, al terremoto ed al fuoco, un'angoscia alimentata da una insana immaginazione che lo aveva portato a scavaretanto in basso da trovare il diavolo e, perfino confusamente, da riconoscere il diavolo. Presto riconoscerà la grandezza di ciò che esiste anche la sola esistenza, ridotta nei sui limiti più semplici è tanto straordinaria da essere stimolante La conclusione è Tutto era magnifico paragonato al nulla ([Autobiografia pagine 494-495]). Ecco, Dio verrà riconosciuto come la presenza ineliminabile che fonda l'esistenza delle cose, eccoci al mormorio di un vento leggero segno del divino per Elia e per Gilbert.

La prima raccolta di saggi del 1901 (L'imputato)conterrà la difesa di tanti piccoli oggetti di cattivo gusto e sarà il modo con cui metterà a disposizione di tutti queste conclusioni. I suoi contemporanei, ignorando il travaglio che aveva portato a quelle conclusioni, ne godettero la prosa come un esempio di raffinata acutezza ed humour, a noi chestertoniani riconoscerlo come un inno all'esistenza ed in definitiva come un esempio dell'umorismo più elevato.


Riferimenti bibliografici
Bibbia di Gerusalemme Edizioni Dehoniane, Bologna 1982
G. K. Chesterton 
Racconti e AutobiografiaCasini Editore 1988
G. K. Chesterton 
Ortodossia Morcelliana , Brescia, 1926
G. K. Chesterton Le avventure di un uomo vivo, Istituto Geografico de Agostini,Novara, 1984
G. K. Chesterton L'uomo Eterno La Nuova Italia, Perugia, 1930


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