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venerdì 29 luglio 2011

Anche in Colombia leggono Chesterton!


di Maria Grazia Gotti
Porto una bella notizia: anche in Colombia leggono Chesterton!
Ho trovato questo bell’articolo che raccomando ai lettori di castigliano (anzi meglio: a tutti gli amanti di GKC che si destreggino un po’ col castigliano) scritto da Jesus Dulce Hernandez, su un quotidiano che si chiama “El Informador” e viene pubblicato a Santa Marta, Colombia.
L’ho trovato particolarmente piacevole, non solo per quel che dice di quello che sta leggendo, ma anche per la storia del suo primo incontro con Chesterton, con “la saggezza di Padre Brown” avvenuto in un Ostello a Firenze dove si praticava lo scambio di libri, e dove è iniziata una intensa relazione […]“Quel libro che scambiai nell’ostello fu l’inizio di una relazione, io la chiamerei sudditanza, fra l’opera di GKC e me. Non mi lasciò nemmeno un istante mentre rimasi a Firenze, o, per meglio dire, io non lo lasciai. Oggi mi rendo conto che la serie poliziesca non solo mi ha accompagnato in quel viaggio ma che ha deciso di fermarsi con me per sempre […]
Jesus Dulce Hernandez (JDH) sta leggendo “un libro del grande Gilbert K. Chesterton intitolato I libri, la pazzia e altri saggi” (potrebbe essere Lunacy and Letters?), che raccoglie articoli pubblicati sul  Daily News fra il  1901 e il 1911. Del libro JDH  dice che “[...] mostra la freschezza classica della letteratura di Chesterton. E dico classica perché non è scontato che al leggere questi saggi oggi, dopo più di 100 anni, sembra che ogni parola si adatti alla perfezione alla quotidianità dei nostri giorni [...]”.
Fra i saggi in esso contenuti JDH  parla in particolare di uno che si intitola “Lo specchio”, dedicato alla grandezza dell’uomo nella grandezza della natura, e di come il primo possa diventare lui stesso creatore della seconda attraverso l’arte.
Nel saggio per riferirsi all’uomo e alla creazione GKC utilizza il termine lillipuziano.
Traduco le parole di JDH  usa per commentare il saggio:
Lillipuziano è l’uomo in quanto  specchio di Dio, e lillipuziani sono i quadri che l'uomo dipinge, che sono lo specchio della creazione. Chesterton dice che il compito dell'artista è quello di rifare di nuovo il mondo. Quindi, anche se il pittore cerca di dipingere le cose come sono, le dipingerà invece come dovrebbe essere. Questa è la ragione più umana dell’arte.
Dalle riflessioni che fa Chesterton rimane sempre una sensazione di pienezza e, di più, di certezza. La sua prosa mi ha fatto sentire il più lillipuziano di tutti. Il suo esame sull’arte ha lasciato nella mia mente l’idea che il mondo così com'è, sarà sempre meno di quello che dovrebbe essere. Però, anche così, sono esistiti le sirene, i minotauri e gli unicorni.
La domanda è se siamo disposti a vivere felicemente a Lilliput, dove cerchiamo di essere dei, sapendo che siamo nani, o morire ingannandoci nella terra dei giganti, dove non solo cerchiamo di essere Dio, ma crediamo anche di esserlo.”

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