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giovedì 30 giugno 2011

Riceviamo e volentieri pubblichiamo - Echi di Chesterton Day...


Preg. ma ed unica banda di mattacchioni Chestertoniani,
a seguito della nostra partecipazione al Chesterton day di sabato scorso,
tenutasi a Grottammare, chiedo con assoluta ed improcastinabile "urgenza"
di potermi iscrivere e ricoverare al più presto al Vostro "manicomio" di associazione.

Ergo, (inciso di discutibile utilità) attendo con ansia i documenti per l'iscrizione in modo da provvedere
al versamento: anch'io ho bisogno di cure ed interventi di igiene mentale quanto prima.

Grazie comunque per la meravigliosa serata passata con tutti Voi,
è valsa la pena fare un'esperienza così unica e decisamente stimolante,
facendo la conoscenza di tantissimi personaggi unici, anche se 
la vera protagonista e "disturbatrice ufficiale" è stata la figlia piccola di Marco Sermarini,
vera grande star insieme al Padre (con la P maiuscola dedicata), dello spettacolo straordinario di sabato.

Spero di rivedervi tutti quanto prima come spero sinceramente di poter iniziare
anche qui nel Salento la costruzione di un "nosocomio virtuale" dedicato al grande Chesterton.

Attendo fiducioso, tra "fede e nonsense" vostre gradite notizie.

Ancora grazie per la gioia che ci avete trasmesso.

Raffaele Bello

LA BIOGRAFIA DI ASIA BIBI, CRISTIANA PAKISTANA CONDANNATA ALL'IMPICCAGIONE PER AVER BEVUTO DA UN POZZO PER SOLE MUSULMANE

Che siano colpevoli o no, nel mio Paese gli accusati di blasfemia sono segnati: di solito vengono uccisi in cella o, se escono dal carcere, saranno assassinati poco dopo
di Asia Bibi

In carcere i giorni e le notti sono uguali. Non so più dire che cosa provo. Paura, questo è sicuro... ma non mi opprime più come all'inizio. I primi giorni arrivava a farmi battere un tamburo in petto. Ora si è un po' calmata. Non è più un soprassalto continuo. Le lacrime no, non mi hanno mai lasciata. Scendono a intervalli regolari. I singhiozzi, invece, sono cessati. Le lacrime sono le mie compagne di cella. Mi dicono che non mi sono ancora arresa, mi dicono che sono vittima di un'ingiustizia, mi dicono che sono innocente. Non so molto del mondo al di fuori del mio villaggio. Non ho studiato, ma so che cosa è bene e che cosa è male. Non sono musulmana, ma sono una buona pakistana, cattolica e patriota, devota al mio Paese come a Dio. Abbiamo amici musulmani. Non ci sono mai stati problemi. E anche se non abbiamo avuto sempre vita facile, abbiamo il nostro posto. Un posto di cui ci siamo sempre accontentati. Quando si è cristiani in Pakistan, ovviamente bisogna tenere gli occhi un po' più bassi.
Certi ci considerano cittadini di seconda categoria. A noi sono riservati lavori ingrati, mansioni umili. Ma il mio destino non mi dispiaceva. Prima di tutta questa storia ero felice con i miei, laggiù a Ittan Wali. Oggi sono come tutti i condannati per blasfemia del Pakistan. Che siano colpevoli o no, la loro vita viene stravolta. Nel migliore dei casi stroncata dagli anni di carcere. Ma il più delle volte chi è condannato per l'oltraggio supremo, che sia cristiano, indù o musulmano, viene ucciso in cella da un compagno di prigionia o da un secondino. E quando è giudicato innocente, cosa che capita assai di rado, viene immancabilmente assassinato appena lascia il penitenziario.
Nel mio Paese l'accusa di bestemmiatore è indelebile. Essere sospettati è già un crimine agli occhi dei fanatici religiosi che giudicano, condannano e uccidono in nome di Dio. Eppure Allah è solo amore. Non capisco perché gli uomini usino la religione per fare il male. Mi piacerebbe credere che prima di essere esponenti di questa o quella religione siamo anzitutto uomini e donne. In questo momento mi rammarico di non saper né leggere né scrivere. Solo ora mi rendo conto di quale enorme ostacolo sia. Se sapessi leggere, oggi forse non mi ritroverei chiusa qui dentro. Sarei A senz'altro riuscita a controllare meglio gli eventi. Invece li ho subiti, e li sto subendo tuttora. Secondo i giornalisti, 10 milioni di pakistani sarebbero pronti a uccidermi con le loro mani.
A chi mi eliminerà, un mullah di Peshawar ha addirittura promesso una fortuna: 500.000 rupie. Da queste parti è il prezzo di una bella casa di almeno tre stanze, con tutti i comfort. Non capisco questo accanimento. Io, Asia, sono innocente. Comincio a chiedermi se, più che una tara o un difetto, in Pakistan essere cristiani non sia diventato semplicemente un crimine. Il mio unico desiderio, in questa minuscola cella senza finestre, è quello di far sentire la mia voce e la mia rabbia. Voglio che il mondo intero sappia che sto per essere impiccata per aver aiutato il prossimo. Sono colpevole di avere manifestato solidarietà. Il mio torto? Solo quello di avere bevuto dell'acqua proveniente da un pozzo di alcune donne musulmane usando il «loro» bicchiere, quando c'erano 40 gradi al sole. Io, Asia Bibi, sono condannata a morte perché avevo sete. Sono in carcere perché ho usato lo stesso bicchiere di quelle donne musulmane. Perché io, una cristiana, cioè una che quelle sciocche compagne di lavoro ritengono impura, ho offerto dell'acqua a un'altra donna. Voglio che la mia povera voce, che da questa lurida prigione denuncia tanta ingiustizia e tanta barbarie, trovi ascolto. Desidero che tutti coloro che mi vogliono vedere morta sappiano che ho lavorato per anni presso una coppia di ricchi funzionari musulmani. Voglio dire a chi mi condanna che per i membri di quella famiglia, che sono dei buoni musulmani, il fatto che a preparare i loro pasti e a lavare le loro stoviglie fosse una cristiana non era un problema. Ho passato da loro 6 anni della mia vita, ed è per me una seconda famiglia, che mi ama come una figlia!
Sono arrabbiata con questa legge sulla blasfemia, responsabile della morte di tanti ahmadi, cristiani, musulmani e persino indù.
Da troppo tempo questa legge getta in prigione degli innocenti, come me. Perché i politici lo permettono?
Solo il governatore del Punjab, Salman Taseer, e il ministro cristiano per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, hanno avuto il coraggio di sostenermi pubblicamente e di opporsi a questa legge antiquata. Una legge che è in sé una bestemmia, visto che semina oppressione e morte in nome di Dio. Per avere denunciato tanta ingiustizia questi due uomini coraggiosi sono stati assassinati in mezzo alla strada. Uno era musulmano, l'altro cristiano. Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c'è un messaggio di speranza. Supplico la Vergine Maria di aiutarmi a sopportare un altro minuto senza i miei figli, che si chiedono perché la loro mamma sia improvvisamente sparita di casa. Dio mi dà ogni giorno la forza di sopportare questa orribile ingiustizia. Ma per quanto ancora?

 
Fonte: Avvenire, 15/06/2011

Ancora sui "bambini senza sesso"...

Segnalato da Maria Grazia Gotti (grazie!), ecco un articolo con ancora un po' di tristezza, di gender e di altre...

http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2011/6/29/SVEZIA-Asilo-per-bambini-senza-sesso/190500/

Adesso anche il Governo italiano si è messo a fare la cultura di genere. Presto avremo quella di gender. Noi non ci stiamo.


Questo (insieme a tanti altri) è uno dei motivi per cui ci siamo sempre battuti, nel solco di Chesterton, per una reale libertà di educazione. Oramai il politicamente corretto (che è strutturalmente inventato, scientificamente inesistente, umanamente deleterio) non ha più confini.

Nonostante i toni concilianti e da professoressa (genere) molto "avanti", questo documento si merita ed ottiene di essere allibrato tra le migliori performance della mai sospesa tenzone del premio "Uomini e tristezza" (a questo punto, in onore alla cultura di genere -che diventerà molto presto di gender- "Donne e Uomini e tristezza").


Promozione della cultura di genere nel mondo dell'istruzione

Presentazione

I Ministri per le Pari Opportunità e dell’Istruzione, Carfagna e Gelmini, hanno firmato il 15 giugno 2011 un protocollo d'intesa per la "promozione della cultura di genere nel mondo dell’Istruzione". L’accordo punta ad introdurre nelle scuole italiane all'interno dell'insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, una nuova disciplina sul tema del rispetto e della valorizzazione delle differenze.
È opportuno contestualizzare l'Intervento per la promozione della cultura di genere nel mondo dell'istruzione, proprio attraverso una innovativa opera di sensibilizzazione in grado di coinvolgere cinque  fondamentali ambiti, vale a dire:
  • Famiglia;
  • Lavoro e pari opportunità;
  • Donne e Scienza;
  • Spazio pubblico e Gruppi sociali;
  • Linguaggio e Media.

Spieghiamoci meglio:

Famiglia - Nel corso della storia la famiglia è da sempre considerata il nucleo centrale e basilare di tutte le società  È  grazie a questa prima “agenzia” educativa che ognuno si trova inserito in ruoli precisi fin dalla nascita. Non è un caso se il significato dell'essere genitori ed il ruolo riconosciuto rispettivamente alla  maternità ed alla paternità, contribuiscano ad influenzare il modo stesso in cui ognuno dì noi intende questo  nucleo.
In ambito familiare vengono sostenute aspettative sociali dense di prescrittivi codici di comportamento  per ragazze e ragazzi, aspettative agite in modo consapevole e inconsapevole, alle quali le aspirazioni di  ragazze e ragazzi anche post adolescenti, nel corso dell'avventura del crescere, finiscono con l'adeguarsi.

Anche in questo caso  la famiglia ha il compito di aiutare le adolescenti e adolescenti a riconoscere i  desideri autentici e a costruire un progetto di vita concreto, realistico e perseguibile attraverso percorsi di  sviluppo di auto stima e percezione di sé,
Lavoro e pari opportunità - Questa materia è particolarmente delicata nella progettazione del  proprio futuro, nella formazione e nella  crescita dì giovani donne e uomini.
È perciò necessario rafforzare la componente femminile ed intervenire sulle questioni di genere  con dinamiche innovative capaci di rivalutare dal punto di vista sociale il ruolo e presenza delle donne,  affinché esse siano riconosciute come risorse per nuove condivisibili progettualità.
Donne e Scienza - Le riflessioni precedenti introducono al problema della scarsa presenza femminile in ambito scientifico, Da qui la necessità di ridiscutere e riprogettare sia da un punto di vista teorico che pratico alcuni aspetti  dell'insegnamento della scienza. Una delle strade indicate è quella del superamento della separazione delle due culture, umanistica e  scientifica. La direzione diventa quella di una contestualizzazione delle discipline scientifiche, al fine di  ridare memoria al procedere della scienza in termini di occasioni colte o mancate, forze motrici e/o frenanti  all'interno della scienza, evoluzione dei metodi e delle prassi scientifiche, passioni e interessi dei  protagonisti, per meglio percepire e interpretare la modernità.
Questo processo di rinnovamento radicale delle metodologie dell'insegnamento scientifico, già avviato con iniziative di formazione - condotte nell'ambito del Piano Scientifiche realizzato dal Miur in  collaborazione con 34 sedi universitarie, gli Uffici Scolastici Regionali e Confindustria metodologie didattiche riconducibili all'apprendimento attivo (problem solving, inquire learning, curricola  grounded in  real-life experiences)che di per sé promuovono e valorizzano le differenze e quindi possono  portare ad un maggior coinvolgimento delle ragazze.
Spazio pubblico e Gruppi sociali - All’interno della dìversa stratificazione dei gruppi sociali esistenti, il contributo formativo di sensibilizzazione può essere generato attraverso "incontri di genere" (o "gender forum"), dando vita così a delle vere e proprie occasioni privilegiate in cui scambiare esperienze e dialogare tra gruppi pari su tematiche di equità, in un clima disteso e informale.
Appuntamenti di questo tipo contribuiscono a favorire dinamiche di networking tra tutte e tutti coloro che vi prendono parte.
Linguaggio e Media - Il processo identificativo è fondamentale e necessario in una fase di vita in cui è in costruzione l’identità dei ragazzi: in questo senso i media - giornali, riviste, televisione, pubblicità - svolgono un ruolo da attori protagonisti nella costruzione dell'identità maschile e femminile. La stretta relazione tra linguaggio e questione dì genere deve contribuire a dare visibilità ad entrambi i generi, tenendo conto dei loro reali bisogni ed aspettative, con l'uso di immagini che contemplino il femminile, soprattutto evitandone il superamento dell'uso strumentale ed offensivo come di desiderio ed il superamento di un linguaggio sessista e dì espressioni che possano offendere l'identità dì  genere.
E' di tutta evidenza che i media hanno un grande importanza nell'orientare l'opinione sui due concetti di femminilità e dì mascolinità, nella misura in cui sono diventati dei “costruttori della realtà sociale, poiché rendono più visibile e quindi rafforzano a livello simbolico determinati comportamenti sociali e categorie, cosi come ne celano o ne mettono in secondo piano altri,  decretando gerarchie di valori".
Ma occorre insistere sulla funzione educativa della scuola, che assume un ruolo insostituibile: educare, infatti, non è semplice atto intellettuale ed è pertanto necessario conoscere i "movimenti dell'anima" per permettere di partecipare, comprendere meglio le emozioni e rispettare i sentimenti degli altri ed ogni forma di convivenza umana, lavorare sulle emozioni come possibile lettura per il riconoscimento delle paure e degli stereotipi. I valori, più che da una mente all'altra, passano da una vita all'altra: nascono dall'esperienza e si pongono come "testimonianza".
L'educare tramanda la sapienza di vita di quanti ci hanno preceduto, adattandola ai bisogni di chi vive Ma un educatore è credibile solo se si coinvolge dì persona, se si fa compagno di viaggio, secondo la “pedagogia  della vicinanza”. I docenti sono artefici importanti di questo processo e influenzano sensibilmente la formazione dell’identità degli allievi, con la programmazione disciplinare e curriculare, con l'approccio c le pratiche didattiche che mettono in atto. con le modalità educative che realizzano.
A partire dal prossimo anno scolastico ogni Istituto sarà invitato ad organizzare corsi di formazione e sensibilizzazione per il personale docente e per gli studenti. Saranno promossi gruppi di lavoro sulle pari opportunità e le differenze di genere, che potranno avvalersi del confronto e della collaborazione con le associazioni e le istituzioni che a livello territoriali si occupano di tali tematiche.
Approfondire il processo di costruzione di genere è essenziale per acquisire adeguate competenze e conoscenze che rendano possibili efficaci interventi al fine di consentire il raggiungimento di reali pari opportunità  tra cittadine e cittadini e per orientare il mondo della scuola verso lo  sviluppo di quella che, riguardo alle differenze di genere, possiamo a ragion veduta definire "DIDATTICA SENSIBILE".
I docenti sono artefici importanti di questo processo e influenzano sensibilmente la formazione dell’identità degli allievi, con la programmazione disciplinare e curriculare, con l'approccio c le pratiche didattiche che mettono in atto. con le modalità educative che realizzano.
 Il sistema scolastico è chiamato a:
  • stimolare la riflessione degli studenti sul valore fondamentale dei diritti propri del vivere civile, facendo leva sulla loro identità autoreferenziale;
  • facilitare la consapevolezza del proprio modo di comunicare e proporsi all'altro, tramite anche la gestione dei propri vissuti emozionali, fornendo una conoscenza dell'aspetto emotivo della persona nel contesto delle relazioni;        
  • incentivare il miglioramento della qualità dell'offerta formativa delle scuole in materia di pari opportunità, orientamento e attenzione alla differenza di genere;
  • promuovere, con iniziative specifiche, la documentazione di esperienze educative e formative e la produzione di materiale fruibile da più soggetti in vari contesti territoriali, sostenendo, a livello locale, la disseminazione di buone pratiche nelle tematiche di genere;
  • realizzare azioni di analisi della situazione territoriale, progettazione e realizzazione di iniziative di formazione, eventi dì sensibilizzazione, monitoraggi e valutazioni conclusive, attraverso l'operato di Gruppi di Lavoro territoriali sulle Pari Opportunità e differenze dì genere;
  • creare un tessuto di relazioni efficaci con soggetti del territorio che a diverso titolo sì occupano del tema.

Per concludere: nel quadro di riferimento nazionale, in cui la  legislazione e le opportunità delle donne sono  maggiormente cresciute negli ultimi anni, è urgente il contributo della scuola, se non alla piena soddisfazione dei bisogni di pari opportunità, quantomeno allo sviluppo e all’affinamento di tali bisogni in una ricerca  permanente ed interistituzionale, volta alla costruzione di una rinnovata “società delle opportunità genere”.

Fonte: Pari Opportunità - Ministero dell'istruzione, dell'Università e della ricerca

martedì 28 giugno 2011

Benedetto XVI - Angelus del 26 Giugno 2011 - Eucarestia, farmaci dell'intelligenza e della volontà. Bellissimo!

In una cultura sempre più individualistica, quale è quella in cui siamo immersi nelle società occidentali, e che tende a diffondersi in tutto il mondo, l'Eucaristia costituisce una sorta di "antidoto", che opera nelle menti e nei cuori dei credenti e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione, insomma, la logica del Vangelo.

I primi cristiani, a Gerusalemme, erano un segno evidente di questo nuovo stile di vita,perché vivevano in fraternità e mettevano in comune i loro beni, affinché nessuno fosse indigente (cfr At 2,42-47).

Da che cosa derivava tutto questo? Dall'Eucaristia, cioè da Cristo risorto, realmente presente in mezzo ai suoi discepoli e operante con la forza dello Spirito Santo. E anche nelle generazioni seguenti, attraverso i secoli, la Chiesa, malgrado i limiti e gli errori umani, ha continuato ad essere nel mondo una forza di comunione.

Pensiamo specialmente ai periodi più difficili, di prova: che cosa ha significato, ad esempio, per i Paesi sottoposti a regimi totalitari, la possibilità di ritrovarsi alla Messa Domenicale! Come dicevano gli antichi martiri di Abitene: "Sine Dominico non possumus" – senza il "Dominicum", cioè senza l'Eucaristia domenicale non possiamo vivere.

Ma il vuoto prodotto dalla falsa libertà può essere altrettanto pericoloso, e allora la comunione con il Corpo di Cristo è farmaco dell'intelligenza e della volontà, per ritrovare il gusto della verità e del bene comune.

Da Rob Prisco, che ringraziamo.

"Forse non c'entra con GKC però la possiamo considerare tra le notizie più scioccanti, alle quali tra l'altro ci stiamo abituando:

http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-lunicef-sponsorizzail-boia-dei-neonati-2257.htm

Grazie ancora per la Festa e per il Day

Ciao
Rob"

C'entra eccome...

In questi giorni due conference su Chesterton in Inghilterra

http://www.shu.edu/news/article/352256

http://www.catholicherald.co.uk/commentandblogs/2011/06/22/chesterton's-prophetic-voice-now-increasingly-being-heard-once-more-is-still-relevant-to-the-new-age/

Oltre alla conference sul "Chesterton profeta" menzionata da Oddie nel collegamento qui sopra, che si terrà il 2 luglio ad Oxford, nella stessa città il giorno precedente padre Boyd ed altri ricorderanno il centenario del Cavallo Bianco (collegamento più in alto).

Tutti e due sono stati ricordati tempo fa sul nostro blog.

Qualcuno pensa di andare o si troverà là per altri motivi?

Fatecelo sapere, siamo interessati. Lo scorso anno ad ottobre due di noi andarono alla conference autunnale della Società.

Un interessante articolo di William Oddie, presidente della Società Chestertoniana Inglese, sul Chesterton anglicano e sulla sua attualità e che fa cenno alla prossima Conference.


L'articolo è interessante, proviene da William Oddie, presidente della Società Chestertoniana Inglese, editorialista del Catholic Herald e a sua volta convertito dall'anglicanesimo ed ex membro del suo clero.

Tocca molteplici aspetti, tra cui il Chesterton anglicano ed ex anglicano, il suo essere erede di Newman, il suo ruolo profetico, la sua attualità, le sue idee sociali e politiche e da ultimo la Conference sulla virtù profetica di GKC.

Qui sotto un breve brano in inglese e più sotto il collegamento:

"By the end of the last century, his prophetic voice was being rediscovered. Chesterton's distaste for state socialism, his suspicion of monopoly capitalism, and his support for the independence from imperial domination of small nations like Poland had once more become understood as being at the centre of Catholic thinking, and they were validated by the disintegration of Yugoslavia and the Soviet bloc".

domenica 26 giugno 2011

IX Chesterton Day - Ci siamo divertiti come pazzi, e questo sembra bello ed istruttivo.

Ieri 25 Giugno 2011 abbiamo celebrato il IX Chesterton Day.

Quest'anno per definire l'evento non uso la solita metafora della rissa (cioè che una rissa sarebbe stata organizzata meglio, che pure è vero), ma devo dire che mi sembrava di stare in uno di quei bei reparti psichiatria allegri, pieni di sana follia e di accese discussioni sempre su quel bel confine tra lusco e brusco, tra sano e malato con vistose allegre accelerazioni e improvvise marce indietro, con punte di lirismo assoluto che volgevano allegramente verso la fissa. Ma bisogna fissarsi: chi non si fissa rischia la patologia più grave che è quella dell'imborghesimento unita a quella del vieto progressismo.

Non so quello che avranno pensato Maria Grazia Gotti e gli amici di Bologna, la graziosa inglesina Marteen Thompson, l'intrepido Giovanni Borghi di Modena e il dottore di Savignano sul Rubicone, Piergiuseppe Ravagli: qualcuno sapeva già come eravamo messi, ma vederlo in diretta non è sempre confortante...
Scuote, diciamo.

Tutto è partito dall'Ode a Rob e Fab, che trovate qui sul blog: tutto vero quel che c'è scritto.

Quello che è uscito in maniera chiara è che noi sappiamo che Chesterton ha prodotto le sue cose migliori in osteria o nei pub, in mezzo al vociare della gente comune, quella gente comune tanto amata da Dio "perché ne ha fatta molta".

Altrettanto chiaro è che Chesterton è uno che fa ridere: Paolo Pegoraro, il più serio del reparto (reparto nel senso di cui sopra, ma se nel reparto si è sentito a suo agio, un motivo, cavolo, ci sarà...), ha detto che anni fa, quando lesse il primo libro di Chesterton in biblioteca ad un certo punto dovette uscire perché non riusciva a smettere di ridere.

Gulisano, veterano della ghenga, ha detto che l'eutrapelia è per San Tommaso d'Aquino la virtù di far ridere (si fissa, a ragione), che è il "prendere la giusta direzione": proprio vero!

Gnocchi dice che Guareschi dice cosa fa un uomo sano, cioè un cristiano, mentre Chesterton dice come pensa un uomo sano.

Trevisan ci ha fatti commuovere con La leggenda del Piave e il suo autore, il canto napoletano, la differenza tra il nazionalismo e l'amore per la propria patria, idea tanto cara a Guareschi come a Chesterton.

Prisco ci ha ricordato il principio di creazione e il fatto che siamo molto più belli di quanto immaginiamo.

Ma c'è dell'altro, che di certo uscirà. Intanto grazie ai pazienti, nel senso di degenti nel suddetto reparto e pure in quello di chi pazientemente ascolta...

GKC e Veronesi (non i Gruppi Chestertoniani, purtroppo...)

Cari amici, vi seguo sempre e questa volta vi anticipo, inviandovi questo gustoso articolo di Costanza Miriano con citazione del Nostro GKC:
 
 
Ciao
Buona estate!
 
Oscar Tordi
Cesena

Ode a Rob e Fab




Rob e Fab, esattamente da sinistra a destra, estremamente tonici

di Alessandro Gnocchi

Adesso vi racconto la storia di Rob e Fab. (A capo).
Rob viene chiamato Rob perché si firma Rob, ma per esteso si chiama Roberto Prisco. Rob è un cervellone della statistica di cui l’università di Verona si è servita a lungo in qualità di docente.
Fab viene chiamato Fab anche se non si firma Fab e il suo nome per esteso è Fabio Trevisan. Fab è quello che in un mondo normale si potrebbe definire un imprenditore illuminato da un sorriso. Che è molto diverso dagli imprenditori illuminati dalla presunzione radicaleggiante che vanno di moda da duecento anni a questa parte. (A capo).
Fab mi scuserà se lo chiamo Fab. Ma bisogna sapere che, come c’è chi va in crisi di astinenza da tabacco, da alcol, da calcio (nel senso di sport), da tempo libero e persino da lavoro, io vado in crisi di astinenza da simmetria. La quale simmetria è un paradosso che si presenta con discrezione, un paradosso perbene, insomma. Dunque, se Roberto diventa Rob, le poche sinapsi di cui è dotato il mio cervello hanno l’esigenza che Fabio diventi Fab. (A capo).
Ma tutto questo sarebbe secondario se Rob e Fab non fossero miei amici e io non fossi orgoglioso di essere loro amico. (Di seguito). È vero che anche questo è secondario per gran parte del resto del mondo, ma non lo è per me. Però, quello che può interessare uno spicchietto di mondo un po’ più grande è che Rob e Fab sono chesteroniani e pure veronesi. Tant’è vero che hanno dato vita agli etilici Gruppi Chestertoniani Veronesi (d’ora in avanti GCV). (A capo).
Chi dubitasse della qualifica di Veri Chestertoniani spulci questo blog e troverà la prova. Si vedrà che Rob è l’unico essere umano al mondo a chiamare “calcolatore” il computer, quasi volesse dargli quel poco di anima che l’anglofonomania italiota gli ha tolto. E si vedrà pure che il mondo di Fab ruota attorno a quel passo in cui GKC se la prende con chi pretenderebbe di recitare il Pater Noster dicendo "dacci oggi i nostri crostini quotidiani". (A capo).
Come si può non essere orgogliosi di due chestertoniani così? (Di seguito). Chestertoniani e veronesi, cioè una razza particolare nel più vasto genere chestertoniano. (A capo).
La prova della loro chestertonianità veronese sta, ovviamente, a Verona ed è la seguente. (A capo). (No, di seguito). Non più tardi dello scorso autunno, in una dolce serata veronese, in loro compagnia mi è accaduto qualcosa di strano. Uscito con loro dal Duomo, mi sono avviato verso la macchina, che stava a non più di 700 (settecento) metri di distanza. Ebbene, per arrivare in fondo a quei 700 (settecento) metri credo di averne camminati almeno 4.000 (quattromila). Giusto perché Rob, che portava a mano una splendida bicicletta chestertoniana, ha pensato bene di prendere una scorciatoia. Il problema stava nel fatto che, dal Duomo alla mia macchina, la strada sarebbe stata completamente dritta, ragion per cui qualsiasi scorciatoia era destinata a diventare un’allungatoia. E questo sempre per quel paradosso discreto che è la simmetria. (A capo).
Ogni tanto Rob e Fab confabulavano su quale fosse la scorciatoia migliore fino a quando si è spalancato davanti ai nostri occhi uno spettacolo inatteso e unico. (Di seguito): non l’Arena, non il balcone di Giulietta e Romeo, non Giulietta e Romeo in persona, ma “La casa dove sono nato”. Dove è nato Rob, per essere precisi. Cosa dire davanti a uno spettacolo simile? 4.000 (quattromila) metri spesi bene. Con un carico messo lì come a briscola da Fab il quale ha spiegato che un palazzo poco lontano non sarebbe piaciuto troppo a GKC dato il nome scipito di “Palazzo Bevilacqua”. (A capo).
Non sarà una storia rarefatta di quelle che piacciono a Umberto Eco, ma chi se ne frega? (A capo).
A me basta che piaccia a pezzi di cristiano come Marco Sermarini. (Punto).

PS
Mi sono accorto che a metà della storia avevo promesso di citare da lì in avanti i Gruppi Chestertoniani Veronesi come GCV e di non averlo fatto: lo faccio ora GCV, GCV, GCV, GCV.

PPS
Gli (A capo) e i (Di seguito) li ho messi perché nelle e-mail non si sa mai che cosa succede e si finisce sempre per schiacciare dei bottoni che rovinano tutto. Siccome, visti così, mi sembrano la cosa migliore di questo scritto, chiederei di lasciarli.

PPPS
Pubblicare  anche il PS, il PPS e, se vogliamo abbondare, pure il PPPS

Da Zenit - Padre Brown diventa Papa - intervista al nostro Paolo Gulisano sul romanzo Il destino di Padre Brown

Da Zenit

Al Chesterton Day avremo Paolo Gulisano e naturalmente parleremo anche del suo libro


ROMA, giovedì, 23 giugno 2011 (ZENIT.org).- Poco meno di un secolo fa il genio letterario di G.K. Chesterton inventò il suo personaggio più fortunato, padre Brown, prete investigatore che, insieme alla sua spalla, il ladro convertito Flambeau, ha affascinato generazioni di lettori,

Chesterton abbandonò il suo personaggio intorno alla Prima Guerra Mondiale per dedicarsi ad altre opere.

Padre Brown è un personaggio di fantasia, ma se fosse realmente esistito cosa avrebbe fatto?

Paolo Gulisano, biografo di Chesterton, Vicepresidente della Società Chestertoniana Italiana, nonché tra i maggiori esperti della letteratura inglese moderna (ha scritto su Tolkien, Lewis, Wilde) ha provato a scrivere un romanzo di fantastoria immaginando che nel Conclave del 1939 non fosse stato eletto Papa Eugenio Pacelli, ma un certo Cardinale Brown, ovvero padre Brown assurto ai vertici della carriera ecclesiastica.

Il romanzo dal titolo "Il destino di Padre Brown"(Sugarco Edizioni) ripercorre questa carriera, a partire dal 1917 (quando Chesterton abbandona padre Brown) fino al decisivo Conclave.

Troviamo quindi padre Brown sul fronte italiano di guerra, a Caporetto tra Cadorna e l'agente segreto Kipling, lo troviamo nell'Irlanda rivoluzionaria di Michael Collins, nella Roma della Marcia di Mussolini, nella Torino di Frassati con don Sturzo.

Un padre Brown che diventa prima monsignore e poi Cardinale, amico e collega di Eugenio Pacelli, al servizio di Pio XI, nonché di un misterioso Cardinale anglo-spagnolo, Rafael Merry del Val, che lo usa in missioni segrete per il Vaticano.

Nel libro, oltre a personaggi storici, tra i quali Churchill e Tolkien, ritroviamo un Flambeau ritiratosi in Spagna, con un figlio che - nell'immaginario di Gulisano- diventa prete e quindi segretario del Cardinale Brown.

Troviamo gli amici di Chesterton, come Belloc o padre McNabb, e personaggi letterari come Basil Grant e Patrick Dalroy.

Un romanzo insomma dove storia vera del '900 e fantasia si intrecciano e portano il lettore in una trama avvincente e divertente, emozionante e commovente.

Per saperne di più ZENIT ha intervistato Paolo Gulisano.

Dopo anni di attività da saggista, un romanzo d'esordio piuttosto particolare…

Gulisano: Ho scelto la forma del romanzo fantastorico, un genere letterario poco praticato in Italia, ma diffuso nel mondo anglosassone, basti pensare al celebre Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson. Ho voluto ripensare la storia della prima metà del '900, tra le due guerre mondiali, attraverso gli occhi di un personaggio d'eccezione, il padre Brown di Chesterton che conduco in nuove avventure non più nel ruolo di "prete-detective" creatogli da Chesterton ma in quello di monsignore al servizio, più o meno segreto, di Sua Santità.

Un padre Brown che quest'anno compie cento anni…

Gulisano: Esattamente: cento anni fa il genio di Gilbert Keith Chesterton creava il personaggio di padre Brown. Uno tra i più significativi autori della cultura inglese ed europea del Novecento, il brillante saggista e giornalista che da una decina d'anni incantava i lettori inglesi con le sue pagine brillanti, diede vita al suo personaggio più fortunato e famoso.

Quale fu il segreto del successo delle storie di padre Brown?

Gulisano: Si potrebbe dire che il prete cattolico (creato quando Chesterton non aveva ancora portato a termine il suo percorso di conversione, che si concluse nel 1922) operava un'efficacissima difesa della Verità nella Carità. Chesterton mostrò come si testimonia la fede in una società a essa largamente indifferente, non solo non più cattolica, ma nemmeno più cristiana. Le decine di racconti di padre Brown sono tutti uno straordinario omaggio alla verità. A mia volta, riprendendo questo personaggio, e mettendolo accanto a figure storiche come il Cardinale Merry del Val, che nel mio romanzo diventa il grande mentore del prete inglese, o Eugenio Pacelli o Pio XI, ho fatto di Padre Brown un cercatore, un investigatore della Verità.

Il padre Brown del suo romanzo, monsignore e poi Cardinale, va incontro al proprio destino nel corso degli anni fino al Conclave del 1939 dove diventa Pontefice. Si presenta come una figura coraggiosa, che affronta i drammi della Prima Guerra Mondiale, che vede nascere – contrastandole - le dittature, che vive diverse appassionanti avventure, ma come sacerdote, come pastore d'anime, cosa vuole dire ai lettori?

Gulisano: Che il Cristianesimo nel corso della storia è sempre risorto, perché è fondato su un Dio che conosce la strada per uscire dal sepolcro. Le civiltà del mondo possono passare, tra drammi e tragedie, eccitazioni e delusioni, ma le parole di Cristo non sono passate. Il compito di padre Brown, dalle strade di Roma fino al Soglio Pontificio è quello di farle risuonare, di farle ascoltare a questo mondo che le vuole rifiutare. Dobbiamo avere speranza: il pessimismo non è proprio degli esseri stanchi del male, ma di quelli stanchi del bene.

giovedì 23 giugno 2011

Un aforisma al giorno

"La verità è che, ancora prima di convertirmi veramente al cattolicesimo, avvertivo già un forte senso di repulsione intellettuale nei confronti del modernismo".

Gilbert Keith Chesterton, La mia fede

Un aforisma al giorno

"Il mondo si troverà sempre più in una posizione in cui perfino i politici e gli uomini che esercitano una professione si troveranno a dire: 'Se il Papa non esistesse, bisognerebbe inventarlo'".

Gilbert Keith Chesterton, La mia fede

Un articolo di Libero parla del Meeting e cita l'evento chestertoniano



"Tra gli altri, vogliamo segnalare un appuntamento interessante: lunedì 22 agosto sarà messo in scena un testo "dimenticato" di uno dei più grandi scrittore europei, Gilbert Keith Chesterton, a sua volta torppo poco preso in considerazione, data la sua assoluta grandezza, ossia il suo poema "La ballata del cavallo bianco", scritto nel 1991, recitato dall'attore Massimo ".

L'articolo è di Caterina Maniaci (che ha seguito parte dell'evento romano del tour di padre Boyd e amici).

Brava anche stavolta.

mercoledì 22 giugno 2011

Un aforisma al giorno

"La fede cattolica, che conserva sempre le virtù fuori moda, è in questo momento l'unica a sostenere l'intelletto indipendente dell'uomo".

Gilbert Keith Chesterton, La mia fede

Segnalazione chestertoniana duplice di Maria Grazia Gotti (che ringraziamo)


Ciao Marco
ti segnalo questo articolo arrivato fresco fresco sulla mia posta elettronica.

Aggiungo anche un link a un altro articolo, pubblicato sulla Bussola quotidiana. Parla di un film in uscita sulla vita di MIchel Petrucciani, spirito indomito in un corpo disobbediente, artista geniale, non nonostante ma grazie ai sui "difetti di fabbrica", che se nascesse oggi avrebbe buone probabilità di non vedere la luce in quanto oggetto di aborto terapeutico

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Buon pomeriggio
MGrazia

CHESTERTON CONTRO IL "COMUNISMO COSMICO"
di Emiliano Fumaneri


«L’idea che la natura sia buona e l’uomo cattivo è davvero stupida. Se davvero pensassimo che la natura sarebbe meglio senza l’uomo allora tanto varrebbe suicidarsi». Così si è espresso Patrick Moore, uno dei fondatori  di Greenpeace, l'associazione portabandiera del radicalismo ecologista  (1). La sua lucida e coraggiosa confessione conferma il sospetto che dietro l'eccessivo, per non dire idolatrico, amore per la natura non si celasse altro che l’odio per l’uomo.

Con intuizione profetica, G.K. Chesterton ha previsto con largo anticipo i rovinosi effetti dell’ideologia ambientalista. Crollato miseramente il «comunismo scientifico», agli orfani di Marx non è rimasto che rifugiarsi in quello che G.K.C. con indovinata espressione definisce «comunismo cosmico» (2). La variazione dottrinale riguarda solo degli elementi accidentali, perché rimane immutata la cifra filosofica, la vera tara genetica dell'uomo di sinistra: l'odio per la realtà, per l'essere stesso così come è fino a quando non verrà trasformato in conformità alle fantasie utopistiche dettate dall’ideologia (3).
Per il comunista cosmico «non esiste una grande differenza tra il corpo dell'uomo e quello degli animali» (4). È svelata qui la sua ispirazione materialistica col negare «la semplicissima verità che fra l'uomo e i bruti c'è differenza non di grado ma di specie» (5).
Non occorre meravigliarsi dunque che una pletora di scienziati-ideologi, da Singer a Veronesi, si prodighi tanto per convincerci che l’uomo non è altro che una bestia, una specie animale solo più evoluta, infinitamente evolvibile e modificabile.
Non va dimenticato che in ogni ideologo vive un adoratore della forza, il cultore di un sogno di potere sconfinato. Il che spiega perché questo tipo umano sia così attirato dall’utopia dell’«impero dell'insetto». Un uomo-insetto è facilmente plasmabile secondo i disegni dei detentori di un potere assoluto: «Quando si comincia a pensare all’uomo come a un essere che cambia e può essere alterato, il forte o l’astuto possono facilmente deformarlo, dandogli nuove forme per scopi innaturali. L’istinto popolare vede in questi sviluppi la possibilità di avere schiene appositamente piegate e gobbe per portare fardelli, e membra distorte per adattarle al compito che devono svolgere. Esso ritiene, in maniera fondata, che qualunque cosa sia fatta velocemente e sistematicamente sarà compiuta da una classe di vincitori, che agirà in modo pressoché esclusivo nel proprio interesse» (6).
Anche l'amore idolatrico e insano verso gli animali - che per Chesterton è il portato di ideologie materialiste come l'evoluzionismo - «può esser motivo per essere insanamente crudeli e insanamente sentimentali; non per un sano amore verso gli animali. Sulla base evoluzionistica si può essere inumani o si può essere assurdamente umani. Essere tutt'uno con una tigre può esser motivo per esser teneri verso la tigre o può esser motivo per esser crudeli come una tigre». Per questo «è più probabile che gli uomini moderni mangino carne umana per affettazione che non l'uomo primitivo ne abbia mangiata per ignoranza» (7).
Gli adoratori moderni della natura condividono questa proposizione: "la natura è nostra madre". Chesterton replica loro che «disgraziatamente se considerate la natura come una madre, scoprirete che è una matrigna» (8). Per il cristianesimo invece «la natura non è nostra madre, ma nostra sorella; possiamo esser fieri della sua bellezza perché abbiamo lo stesso padre, ma essa non ha autorità su di noi; dobbiamo ammirarla. Ciò aggiunge alla gioia tipicamente cristiana su questa terra uno strano tocco di leggerezza ch'è quasi frivolezza. [...] Per San Francesco la natura è una sorella, e anche una sorella più giovane, una piccola sorella che danza per farci sorridere e per essere amata» (9). L'amore cristiano vissuto dall'Assisiate, vero manifesto anti-gnostico, riesce nell'incredibile prodigio di restituirci la gloria di Dio attraverso la contemplazione delle realtà create: «I cieli narrano la gloria di Dio, e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento» (Sal 18, 2).
Grazie a San Francesco, infatti, «i fiori e le stelle hanno recuperato la loro innocenza. Fuoco e acqua sono considerati degni di essere fratello e sorella di un santo. La purificazione del paganesimo è finalmente compiuta, poiché l’acqua stessa è stata lavata e il fuoco stesso è stato purificato dal fuoco. L’acqua non è più quella in cui si gettavano gli schiavi in pasto ai pesci. II fuoco non è più quello attraverso il quale i fanciulli erano sacrificati a Moloch. I fiori non hanno più il profumo delle ghirlande colte nei giardini di Priapo. Le stelle non sono più le rappresentazioni di divinità indifferenti, fredde come la loro luce. Tutte le cose sono fatte di nuovo e aspettano un Uomo che verrà a dar loro un nome. Né l’universo né la terra hanno più il sinistro significato del mondo. Aspettano una nuova riconciliazione con l’uomo e sono già pronti a effettuarla. L’uomo ha strappato dalla sua anima gli ultimi stracci dell’adorazione della natura e può ritornare a essa» (10).
NOTE
(1) «Ecologisti, nemici dell'uomo», intervista a cura di Riccardo Cascioli, in La Bussola Quotidiana, 02 giugno 2011 - http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-ecologisti-nemici-delluomo-2034.htm
(2) G.K. Chesterton, La Chiesa viva, Paoline, Alba 1954 (ed. or. 1939), p. 217.
(3) Cfr. Thomas Molnar, La sinistra, Il Borghese, Milano 1972.
(4) G.K.C., Ibidem.
(5) Idem, L'uomo eterno, Rubbettino, Catanzaro 2008 (ed. or. 1925), p. 46.
(6) Id., L’impero dell’insetto, in Ciò che non va nel mondo, Lindau, Torino 2011 (ed. or. 1910), pp. 258-259.
(7) Id., Ortodossia, Morcelliana, Brescia 1995 (ed. or. 1908), p. 153.
(8) Ibid., p. 154.
(9) Ibid.
(10) Id., San Francesco d'Assisi, Mursia, 2007 (ed. or. 1923), pp. 33-34.

Le "benedizioni" delle unioni tra omosessuali e le considerazioni politicamente corrette della Aspesi

http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_21885.pdf

In questo collegamento trovate un articolo di Repubblica (e già...) sulla "benedizione" delle "nozze" tra due omosessuali in una chiesa valdese prossimamente.

E' forse questo (così, a titolo di esempio) che Chesterton intendeva questo quando parlava di una chiesa che si muove col mondo e di una chiesa che muova il mondo.

Costanza Miriano cita San Tommaso d'Aquino


SAN TOMMASO D'AQUINO: ''L'UOMO HA PER NATURA UN PIU' VIGOROSO DISCERNIMENTO DI RAGIONE''
Papa Pio XI: ''Se l'uomo è il capo, la donna è il cuore''; io sarò anche il cuore, ma se fossi sola sarei davvero una catastrofe di portata devastante

di Costanza Miriano


"L'uomo ha per natura un più vigoroso discernimento di ragione" dice san Tommaso (la citazione la devo a Don Luigi Moncalero, che ha scritto un articolo sul tema su La tradizione cattolica). In piena emergenza di Murphy, posso scrivere solo una piccola riflessione per dire che il filosofo medievale anche qui l'aveva vista giusta, e spero che il fatto che io sia d'accordo con lui non lo allarmi.
La ragione a casa nostra la discerne senz'altro mio marito. Ogni tanto mi avvicino a lui chiedendogli: "ma questo secondo te che è? Un brufolo o un tumore?". Lui neanche si gira a guardarmi. Quando al primo malore di un figlio – guaribile generalmente con l'acquisto dell'ultimo numero de Gli incredibili X men deluxe – gli chiedo con voce strozzata se sia meglio portarlo dalla pediatra o direttamente al pronto soccorso è lui a mantenere la calma (non mi risponde). 
Quando io rendo una giornata in casa uno sport di ultraresistenza, quando attraversare il mio corridoio ingombro di ogni sorta di oggetto richiede capacità atletiche sopraffine, quando preparo i bagagli per partire coprendo tutte le gamme dei possibili climi previsti all'interno della mesosfera terrestre, quando mi lascio prendere dalla frenesia di socializzazione e rischio di dimenticare i nomi dei miei figli (ce n'è una con la L, ma adesso non mi viene) per ascoltare le amiche, quando c'è un ospite e cucino come se l'invitato avesse annunciato che arriverà con tutti i parenti fino al quarto grado, quando sono terrorizzata dai compiti in classe sulle frazioni, quando sento l'esigenza impellente di comprare regali sconsiderati ai pargoli che mi infinocchiano con una faccetta da attori (detti Oscar goes to), è lui a mantenere salda la barra della ragione. Dandomela anche in testa, all'occorrenza.
E anche se io, per scegliere qualcosa che gli piace e avere una qualche speranza di indovinarci prendo quello che mi sembra più lontano dal mio gusto – siamo praticamente opposti – confermo che "se l'uomo è il capo, la donna è il cuore", come dice Pio XI (grazie Don Luigi) nell'enciclica Casti Connubii. Io sarò anche il cuore, ma se fossi sola sarei davvero una catastrofe ecologica di portata devastante.
 
Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 25/05/2011