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giovedì 24 febbraio 2011

L'imputato - Il non essere conformisti.

Pubblichiamo questo articolo, a firma del nostro presidente Marco Sermarini, uscito sul  numero i Gennaio 2011 del mensile Vivere! e non vivacchiare..., organo ufficiale della Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati. L'articolo compare nella rubrica L'Imputato - La difesa dell'indifendibile.



I lettori di questa insofferente rubrica dovranno subire, all'inizio del 2011, una difesa da "discorso sui massimi sistemi".

Anzitutto l'imputato: chi lo conosce? Che cos'è il non essere conformisti? Mi devo spiegare. Non è certo andare in giro in abito originale o cose del genere (perché è di moda pure l'essere anticonformisti, il che è di per sé un ossimoro). Infatti il nome è volutamente posto al negativo, non c'era niente di meglio. Viviamo nell'epoca della massima libertà in cui tutto e il contrario di tutto sono leciti se non addirittura dovuti. Il punto è proprio questo: sono "dovuti". Per uno strano processo, sono talmente dovuti che se non li fai ti prendono per marziano. Ed ecco come la libertà diventa libertà obbligatoria, come diceva in una canzone molto vera il simpatico cantautore Giorgio Gaber. Per cui l'imputato di oggi, se fosse in carne e ossa, sarebbe uno di quelli dimenticati a marcire in qualche segreta di qualche regime autoritario, uno di quelli che stanno dentro senza processo (un po' come gli oppositori degli "italiani" dopo l'Unità d'Italia, rinchiusi in posti come Fenestrelle, in Piemonte: chissà se qualcuno parlerà di loro quest'anno di celebrazioni a senso unico? Mah!).

Mi guardo intorno e cosa vedo? Persone, tante persone, che vivono così come capita, anzi -come dicono molti di loro- "come sentono". Non c'è nulla di casuale, però. Ci si guarda intorno e si osservano gli altri. Gli altri osservano te, e commentano. Ci si sente improvvisamente tranquilli solo se si vede una certa rassicurante uniformità, ma tutto questo avviene che manco te ne accorgi. Tutto quello che si fa sembra debba per forza essere conforme a quello che fanno e dicono gli altri. Dal vestire al parlare, ma soprattutto al ragionare. E al fare. Tutto è abbastanza già scritto e c'è molta, molta pressione intorno. Questo modus vivendi, pur nella sua multiformità (ed è questa multiformità che inganna!), ha dei punti fermi propagandati con grande forza da televisioni, giornali, internet e soprattutto discorsi da bar o da banco taglio del supermercato. La vita, secondo questa metalità, ha un suo svolgersi piuttosto preciso. Nasciamo, ed è un miracolo coi tempi che corrono (basta che nella pancia di tua madre ti vedano con un banale labbro leporino e sei morto, il medico dice con faccia costernata che avrai delle gravissime malformazioni e che "per il tuo bene" -?!?- è meglio che tua madre abortisca... Ma avranno studiato per corrispondenza? Attento, avvocato, potresti beccare una denuncia - querela per diffamazione, ingiurie e falso: abortire per questi non è uccidere...). Dopo che riesci faticosamente a nascere, di solito ti danno pure un fratello o una sorella (perché te lo danno i genitori, mica il Padre Eterno: pure quello si programma, sino al colore dei capelli e degli occhi. Andate su internet e vedete alla luce del sole i traffici di ovociti nei siti di interesse femminile), ma devi essere proprio fortunato, sennò rimani figlio unico. Poi ti rimpinzeranno di attenzioni, coccole e regali inutili, perché se tu avessi dei fratelli "non potresti avere le stesse attenzioni" (una pensata da premio Nobel, e guardate che c'è chi lo dice sul serio e se lo contraddici ti sputa!). Le attenzioni che ti riversano addosso sono la Play Station, il Nintendo, il computer con allegate 18 ore al giorno di Facebook "perché sennò mio figlio non socializza e si sente un disadattato, invece un po' al giorno e con le regole si può fare tutto" (io dico: anche le pere o tirare i sassi dai cavalcavia, allora!). C'è più ebbrezza nel nascere quindicesimo figlio in una famiglia africana, credimi. Corollario di questo principio è che se vuoi fare l'università tuo padre e tua madre non potranno "darti dei fratelli" e comunque è meglio così perché sennò "sarete tutti dei precari" quindi meglio non nascere che "vivere da precari". Acutissimo.

Superati quasi indenne i primi anni di vita, i tuoi di solito ti iscrivono ad una bella scuola  (rigorosamente pubblica perché "quelle private rubano soldi alle pubbliche") dove ti confronterai con un battaglione di maestre (i maestri maschi sono ovviamente in via di estinzione! Pensa, ai miei tempi erano quasi tutti maschi, ma sono nato in un altro secolo...). Di queste ce ne sarà di certo qualcuna che avrà preferito fare la maestra a -che so?- fare l'impiegata alle poste o in qualche ente pubblico o la segretaria in qualche azienda (quindi con una solidissima vocazione per l'insegnamento, si dirà, visto che ha rinunciato a ben altra carriera...). Qualche volta lo spirito materno ha la meglio sul politicamente corretto per cui dovresti salvarti dallo svuotamento della testa (anche se a questo provvederanno alacremente i tuoi genitori affinché tu non ti senta un disadattato, ricordatelo. La solfa è sempre quella: disadattato, se non sei come gli altri sei un disadattato, tienilo bene a mente). Tieni conto che a Natale non festeggerai più il Natale bensì la Festa dell'Inverno (o qualche altra amenità del genere), accenderete le stelle e di Gesù non sentirai mai parlare a scuola (ma che c'entra? Babbo e mamma, da genitori moderni ed acuti dal punto di vista educativo, ti diranno che sono cose che si dicono e che si fanno a casa, come ai tempi in cui gli irlandesi cattolici erano perseguitati dai protestanti inglesi e andavano a dire la messa sulle mass rock in mezzo alle brughiere, o come ai tempi dei cristeros del Messico. All'educazione religiosa ci devono pensare le famiglie, che -messe così- hanno indubbiamente un vigore educativo tutto loro!).

In chiesa potrai trovare una catechista (anche qui quasi sempre di sesso femminile: ma come mai?) che ti spiegherà che Dio è amore (va bene, ma quale Dio? Chi è Dio? Se farai queste domande potresti sentire rispondere che "Dio o Allah o Budda è la stessa cosa, l'importante è credere ed essere sinceri e coerenti". Tu forse dirai in un sussulto di umanità e di logica: "ma cos'è vero? Quale di queste religioni è quella vera?" e forse ti verrà detto che "risposta non c'è/o forse chi lo sa/caduta nel vento sarà". A posto). Sorvoliamo su quello che potrai sentire sull'Eucarestia, sui Quattro Novissimi e sul contenuto del Credo di Nicea-Costantinopoli. Se sei fortunato potresti trovare il prete che, prima di fare la Prima Confessione e la Prima Comunione, giustamente pretenderà di sapere che cosa hai capito e forse ti dirà qualcosa di sano. Mamma e babbo potrebbero saperti dire ben poco perché sono giovani e dovrebbero aver subito la stessa tua sorte. Io no, perché sono troppo vecchio... Poi, fatta la cresima, addio messa (ammesso che tu ci andassi), chiesa e cose del genere, che "si fanno da bambini"... Difficilmente qualcuno ti correrà dietro, "sei libero, è una tua scelta".

A dieci - undici anni ancora dovresti essere un innocente, per quanto molti tuoi coetanei, in nome della "fiducia" (?!?) concessa loro da improvvidi genitori, potrebbero aver passato molte e molte ore su internet ed in televisione già da anni e aver appreso cose che manco tuo padre e tua madre messi insieme (droghe, sesso, satanismi vari, per tacere poi dell'idea che ti sarai fatto dell'amicizia, se come parametro avrai quella di Facebook...), quindi potrebbero trasmetterti il tutto gratuitamente. Qualora tu vivessi ancora nella beata innocenza (ma lo dico sul serio, non con compatimento! L'innocenza è una cosa beata e da non perdere quanto prima, bensì da conservare a spada tratta), i tuoi ti iscriveranno subito ad una bella scuola media (anche qui pubblica, scherziamo? "sono stati nella bambagia fino adesso e tu me li vuoi portare dai preti e dalle suore"...) che avranno scelto dopo uno dei fantastici open day dove tutto è perfetto, svizzero, impeccabile. Lì ne sentirai di cotte e di crude e il cervello, faticosamente preservato sinora, rischierà di subire un processo di fusione e di liquefazione. Imparerai che meno farai, meno ti chiederanno, che saprai se vorrai (sennò, eugeneticamente e darwinisticamente, ti attacchi: se studi perché lo vuoi, va bene, sennò sono cavoli tuoi. E poi, anche se studi, studierai tanto tempo ma poche cose, della cui utilità permettimi di dubitare). Prenderai tanti nove a scuola e i tuoi genitori faranno la ruota, poi ti accorgerai che quelli che proprio manco aprono il libro verranno ugualmente promossi. Per lungo tempo sarai convinto di essere un genio ma forse avrai qualche dubbio. Naturalmente in tutto questo studio non ti venga in mente di preoccuparti dei tuoi amici che non vanno bene a scuola (ammesso che tu ne abbia qualcuno): babbo e mamma ti diranno che non va bene, che non hai tempo, che devi studiare, fare sport, danza, ippica, "socializzare" ma non con questi amici...

Alle superiori avrai questa sorte: se avrai preso una strage di nove alle medie (della cui origine ho già detto...) i professori e i tuoi ti consiglieranno minimo un Liceo Scientifico, ma se vuoi fare bella figura un bel Liceo Classico, che ha ancora la nomina di essere "un posto dove si studia" (poi si lamenteranno o gioiranno, a seconda se buonisti o darwinisti, se "lì si fa competizione")... Sennò a scalare, in base ai voti (vedi sopra...) qualche istituto tecnico fino alle famose scuole professionali: sentirai che a qualche tuo amico che non distingue l'uovo dalla gallina avranno consigliato di andare all'Alberghiero, ad un altro che non distingue la sinistra dalla destra il Professionale per l'Industria e l'artigianato, magari anche con l'indirizzo elettronico - elettrotecnico (perché la sinistra dalla destra no, ma il verde dal rosso dell'interruttore del quadro elettrico sì!). Nel frattempo "farai delle esperienze": quali? Non è importante, l'essenziale (sempre per non essere un disadattato, attento) è farle. Il tutto con metodo e concentrazione. In questo contesto la sbornia e la canna del sabato sera ci stanno, ogni tanto, anche qui "con le regole". Tuo padre e tua madre diranno: "l'abbiamo fatto anche noi alla sua età. E poi che fai? Lo leghi? Si deve pur divertire, studia!" (e sullo studiare abbiamo già detto...). L'acume e il vigore educativo sono sempre più solidi.

Poi l'università! "Che fai, non ti iscrivi? Guarda che senza «pezzo di carta» non si va da nessuna parte!". D'altronde chi non si iscriverebbe ad un bel corso di laurea in tecnologia della penna a sfera? Gli esami lì sono "difficilissimi" e dopo ben tre anni ti fregi del titolo di dottore, un titolo con cui sarai uno degli "emigranti precari che non tornano in Italia ed è un peccato" e che servono a tanti giornalisti e politici per dire qualcosa di estremamente corretto dal punto di vista politico. Anche lì continuerai a fare esperienze: andrai ad abitare in una bella casa piena di maschi e di femmine tutti insieme, sarà un bel tritume ma è tanto di moda ed è "moderno", anzi è "avanti"! Discuterai la tesi di laurea dove parlerai di fantargomenti, ci infilerai una decina di a senz'acca, la sintassi zoppicherà ma forse non se ne accorgerà nessuno e comunque "non è quello che conta".

A questo punto dovresti trovarti "il posto". Fisso, stai attento. Lo sai che non va più di moda, lo dicono tutti, tra un po' anche i sindacalisti più bolscevichi in circolazione. Però proprio per questo è un obiettivo che dal punto di vista di Darwin consoliderebbe le sue rabberciate tesi: è la lotta per la sopravvivenza e vince solo la razza più forte, chi tenacemente persegue l'obiettivo del "massimo rendimento col minimo sforzo". E quando lo avrai trovato potrai dedicarti alla cosa più bella della tua vita: occupare il tempo libero con qualcosa che riscatti il non senso del lavoro.

Mettere su famiglia: se proprio devi, pensaci bene! Non ti legare, cerca i diritti e rifuggi i doveri. Il matrimonio, anche quello civile, è un'anticaglia, non ci devono essere legami di nessun genere, le unioni iniziano e finiscono quando vogliamo noi, durano finché ne siamo soddisfatti. Poi, se hai proprio la malsana idea di sposarti, prima fai un bel periodo di convivenza "così vediamo, facciamo la prova" (ma il tuo futuro coniuge è una potente coupé che devi provare dal concessionario? un bue di cui devi accertare le capacità di traino dell'aratro? Eh, magari...!). D'altronde, dopo il tritume di cui sopra, oramai l'altro sesso non avrà più segreti per te, quindi a che serve il "dopo" quando sono anni che lo si è provato e riprovato? Sui figli non mi ripeto. Poi se decidi di cambiare orientamento sessuale (perché anche questo è possibile, oggi. Non esistono maschi e femmine, esistono almeno cinque gender e non provare a negarlo ché ti denunciano per razzismo...), non c'è problema.

Si può fare tutto, basta volerlo.

Dopo tutto questo percorso a ostacoli cosa troveremo?

Ho volutamente scritto tutto col colore nero, non per pessimismo ma per aver visto con i miei occhi tutto quello che ho appena descritto. Ognuno dei passaggi di questo percorso di guerra (ed è bene pensarlo così, credetemi: non è per niente scontato che le cose vadano tutte per il verso giusto, ed esiste anche colui che questa guerra ce l'ha dichiarata ed è il maligno) contiene una possibilità di bene anzi di Bene (quindi: qualcosa da scrivere non con il color nero ma con l'oro delle tante belle cose che viviamo e facciamo tenendo presente quello che dirò tra qualche riga), che però non è scontato, va riconosciuto e scelto in maniera chiara e decisa e va coltivato e difeso ogni giorno. E' un nostro diritto, per cui tutta questa trafila che abbiamo visto non è obbligatoria: non è obbligatorio fare quello che fanno tutti, ma bisogna pure ricordarsi che è possibile non farlo! Bisogna che qualcuno ce lo ricordi. Non è vero che esistono solo le scuole dove si incontra il primo che capita da cui -come disse Cesare Pavese- "non accetteremmo nemmeno una sigaretta", esistono pure quelle dove tutti gli insegnanti vanno con lo stesso passo verso lo stesso obiettivo, ed il fatto che la gran massa vada da un'altra parte non farà di noi, statene certi, dei disadattati. Forse mantenerci fuori dalla sarabanda farà sì che puntiamo dritti all'obiettivo, e cioè una vita veramente felice e bella. Lo stesso dicasi del nostro tempo libero, del nostro lavoro e delle nostre scelte: è vero che non si vive per lavorare ma è altrettanto vero che l'importante è il vivere prima ancora che il lavorare. Per cui: per cosa viviamo? San Benedetto da Norcia diceva: "nihil amori Christi praeponere", nulla preporre all'amore di Cristo, e dice Gesù nel Vangelo: cercate il Regno di Dio, il resto vi sarà dato in sovrappiù (non c'è scritto: cercate il sovrappiù e il resto vi sarà dato in aggiunta, tanto meno c'è scritto di cercare il posto fisso...).

Sarà forse una strada un po' scoscesa, in salita, ma i frutti li vediamo negli occhi dei santi, nelle nostre città, nelle nostre chiese, nella nostra arte, e vi ricorriamo tutte le volte che vogliamo avere tra le mani qualcosa di Bello e di Vero.

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