di Nirmala Carvalho
Nel 2009 si sono uccisi 47 contadini al giorno, con un incremento del 7 per cento rispetto all'anno precedente. Essi si tolgono la vita a causa di indebitamenti. In una società in cui la vita è “svuotata di senso” e si è “soli in mezzo alla folla”. C'è chi prega per loro.
Mumbai (AsiaNews) – Circa 127.151 persone in India si sono tolte la vita nel corso del 2009, con un incremento dell’1,7% rispetto alle cifre dell’anno precedente (125.017). Di queste cifre, in almeno 17.368 casi si tratta di agricoltori: 47 morti al giorno, per un aumento oltre il 7% rispetto al 2008. A rivelare queste tragiche statistiche è il rapporto annuale 2009 del National Crime Records Bureau (Ncrb) sulle “Morti accidentali e suicidi in India”, stilato nel dicembre 2010. Le prime due settimane di quest’anno non sembrano pronosticare un’inversione di tendenza: nove agricoltori nella regione di Vidarbha (Maharashtra) si sono tolti la vita perché la neve e la grandine hanno rovinato il raccolto quasi pronto; da novembre, 11 contadini nel distretto di Sambalpur (Orissa) si sono uccisi.
P. Paul Thelakat, portavoce della Chiesa siro-malabarica, commenta ad AsiaNews i dati del rapporto: “Il suicidio è un male serio che affligge la nostra società. Quando una persona non riesce ad affermarsi in una cultura basata su terribili valori consumistici, è portata alla disperazione e a togliersi la vita. Una società materialista non considera utile una persona ‘fallita’. Inoltre, il valore della vita sta nell’avere successo, potere e soldi. Le sofferenze e i fallimenti hanno perso ogni significato, perché la vita è svuotata di senso: è ridotta ad ‘avere’, non a ‘essere’”.
“Tutto questo – continua il sacerdote – denota anche un fallimento delle religioni, che dovrebbero dare alla gente valori positivi di fede e speranza nella vita, nonostante gli ostacoli e le sconfitte. È anche sintomo di una mancanza del senso di comunità e delle relazioni, del sentirsi soli in mezzo alla folla. Nel nostro mondo le relazioni sono diventate merce di scambio, basate sul potere e sul successo, non sull’amicizia personale e l’amore”.
Il sacerdote conclude: “Il suicidio degli agricoltori deve scioccare la società e l’autorità. Racconta di una vita sociale che è contro la nostra natura. La nostra vita è diventata anti-natura, e i contadini sono i meno voluti nella nostra società. Questo è semplicemente l’espressione del nostro malato vivere insieme, che sta affliggendo la società”.
Per p. Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale indiana, “i dati del 2009 sui suicidi e sulle morti accidentali sono davvero disturbanti, e chiedono sforzi maggiori da parte del governo, di gruppi sociali e altre organizzazioni volontarie per ridurre questa tendenza autodistruttiva, ormai dilagante nella società indiana. Con tristezza, noto i nostri politici rivendicare l’incredibile crescita del Pil, mentre la realtà degli strati più bassi della popolazione rimane piuttosto cupa: con sempre più agricoltori che commettono suicidi a causa di indebitamenti; giovani che non trovano lavoro; donne vittime di costumi sociali arcaici”.
Una suora carmelitana di clausura, convertita dall’induismo, racconta di pregare per gli agricoltori suicidi ogni giorno. “È ancora più deplorevole – dice la suora – che proprio tra i contadini sia così diffusa tale pratica: loro, che seminano i campi e faticano giorno e notte per far crescere il grano che mangiamo tutti noi. Lo stesso grano che viene macinato per fare il pane dei padroni, e per dare l’eucarestia a tutta Mumbai”.
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