Sgreccia: “Chi chiede l’eutanasia abusa del corpo di Monicelli”. Parla il neo cardinale e grande esperto di bioetica: rispettare il suicidio in sé e non la persona è ideologia ingiusta
3 dicembre 2010 -
Il neo cardinale Elio Sgreccia, 82 anni, nel suo appartamento all’ultimo piano dell’ex Sant’Uffizio legge i giornali di buon mattino e sobbalza sulla sedia: “Ci risiamo”, dice. In che senso? “Ancora una volta una triste e dolorosa vicenda viene sfruttata da una minoranza per fini politici indebiti. Quanto sto leggendo sui giornali può essere descritto con una sola parola: sfruttamento. E’ sfruttamento del gesto estremo di una persona che, morta suicida, non può nemmeno più dire nulla, difendersi, controbattere”.
La dolorosa vicenda è il suicidio di Mario Monicelli. Il capo dello stato ha detto l’altro ieri che Monicelli “se n’è andato con questa sua ultima manifestazione della sua personalità, con un estremo scatto di volontà, che bisogna rispettare”. In scia a Napolitano si sono sentite tante parole elogiative di questo “ultimo atto di libertà”, una libertà, quella di uccidersi, che dovrebbe essere concessa a tutti per legge. Dice Sgreccia: “Se c’è qualcuno da rispettare, questi è Monicelli. Mi sembra, invece, che ci sia chi non lo rispetti. Perché utilizzare il suo suicidio per perorare l’approvazione di una legge eutanasica come è avvenuto in queste ore significa non rispettare Monicelli, significa appiccicare addosso a Monicelli un manifesto ideologico che non mi sembra lui abbia mai voluto, cercato, richiesto. Credo che al posto di rispettare il suicidio in sé, occorra rispettare fino in fondo Monicelli, la sua persona, e lasciare che sia Dio a giudicare del suo atto il quale, come la dottrina della chiesa ha sempre detto, resta moralmente illecito. Se uno non ha fede può sempre scegliere la strada del silenzio. Anche il silenzio è una profonda forma di rispetto”.
Sgreccia fino a un paio di anni fa era il massimo esperto di bioetica in forza alla curia romana. Ex presidente della Pontificia accademia per la vita, oggi si è “ritirato” all’Istituto di bioetica della Cattolica di Roma dove dirige la storica rivista “Medicina e Morale” fondata nel 1951 da padre Agostino Gemelli. Il 20 novembre Papa Benedetto XVI ha voluto Sgreccia cardinale: “Probabilmente voleva in qualche modo premiare il mio lavoro di questi anni. Sono rimasto stupito ma anche contento”, dice. Un lavoro, quello di Sgreccia, tutto dedicato alle tematiche della vita, “sempre a lottare per mostrare come la posizione della chiesa sulla vita può essere condivisa da tutti ragionevolmente”. Dice: “Mi ha colpito che Monicelli se ne sia andato senza lasciare nulla di scritto. Non una parola, non un biglietto, un messaggio. Non ha comunicato nulla. Forse il suo gesto è stato l’atto finale di una vita divenuta per mille ragioni insopportabile, una vita difficile a quell’età col fisico che non ti sostiene più.
Di certo non è stato il gesto di uno che pubblicamente sbandiera un suo diritto a morire, come è stato invece il caso di Piergiorgio Welby. Monicelli non ha fatto nessuna battaglia ideologica per l’eutanasia, per il suicidio legalizzato. Chi chiede questo diritto oggi compie un abuso sul corpo di Monicelli. E’ un’ingiustizia”. Sul Corriere della Sera il filosofo Giovanni Reale dice che in passato qualche prelato, vittima del paradigma scientistico, ha sbagliato a criticare coloro che tenuti in vita dai macchinari chiedono il diritto alla morte. Dice Sgreccia: “L’atto di togliersi la vita si chiama suicidio. E come tale va criticato e condannato sempre. Ho visto che Reale cita anche Platone il quale sosteneva che la vita non è nelle mani dell’uomo e come tale nessuno ha il diritto di togliersela. Io, oltre a Paltone, citerei Immanuel Kant che diceva che una cosa è lecita soltanto se può essere fatta da tutti. In questo senso secondo Kant il suicidio non è un gesto lecito perché se tutti lo commettessero l’umanità intera scomparirebbe. Se c’è arrivato Kant, se l’ha capito Kant, tutti possono arrivarci”.
Reale parla anche del caso Welby. E spiega che la chiesa ha sbagliato a negargli i funerali. Dice Sgreccia: “Welby pubblicamente non li ha voluti. Se li avesse voluti la chiesa glieli avrebbe concessi. Welby ha fatto come Ugo La Malfa che è morto senza i funerali. La chiesa non è chiusa nei confronti di nessuno. La chiesa non condanna né nega i funerali a nessuno a meno che vi sia chi, di proposito, rifiuti esplicitamente la sua misericordia”. La chiesa di Benedetto XVI è ancora convinta della necessità di lottare per difendere la vita o su certe tematiche etiche può arrivare a dei compromessi? “Non credo che la chiesa possa fare compromessi sulla vita. Perché la battaglia in difesa della vita non è una battaglia cattolica, è una battaglia che ogni uomo può fare propria nel nome della ragione. Su questo non c’è discussione. E nemmeno dubbi”.
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