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giovedì 2 dicembre 2010

Alla ricerca di Peter Pan.

Allora, questo libro l'ha scritto anche un amico, Paolo Gulisano (insieme a Chiara Nejrotti). Lo ha scritto su un amico di Chesterton, James Matthew Barrie (ne abbiamo parlato nel blog almeno un paio di volte). Chesterton è nostro amico, amico di Gulisano e amico di Barrie. Una bella storia di amicizia, no?

Esce per i tipi di Cantagalli, Siena. Ecco la presentazione:



Quante volte sentiamo parlare di “sindrome di Peter Pan”, con severità o con un pizzico di invidia, davanti ai comportamenti infantili di chi bambino non è più? Ma dietro la figura del fanciullo che non voleva diventare mai grande, creata più di un secolo fa dallo scrittore inglese James Mattew Barrie, c'è tutto un universo complesso di simbologie e miti letterari che forse non tutti conoscono. Paolo Gulisano e Chiara Nejrotti in questo libro cercano di condurci per mano attraverso i giardini di Kensignton alla scoperta di Peter Pan, dei pensieri felici che gli permettono di volare, ma anche delle contraddizioni nascoste nella sua anima che rivelano in filigrana la nostalgia, i sogni e le paure del suo autore.
Peter vive il suo eterno presente con apparente spensieratezza e in uno stato di natura che sembra destinato a non subire l'influenza del mondo degli adulti. La sua esistenza però non è al riparo dalla più grande lacerazione che segna ogni essere umano, la scelta e il peso delle conseguenze che comporta. Il rifiuto del “mondo reale” e di ogni legame affettivo fa di lui un eterno vagabondo, impossibilitato a stabilirsi in alcun luogo, sempre alla ricerca della sua ombra che sembra, come lui, incapace di ancorarsi al posto che le è proprio.
Barrie bambino senza tempo accettava a fatica il ruolo che gli era imposto come uomo (e come marito), e sognava un mondo in cui i rapporti tra i sessi potessero restare puri come quelli dell'infanzia. Questa consapevolezza, accresciuta dalla sua educazione e dal suo senso di responsabilità, lo feriva profondamente, facendolo sentire inadeguato. 
Nella figura di Peter Pan, Barrie cercò di raccontare i suoi tormenti interiori trasformandoli, come solo un artista è in grado di fare, nella capacità di volare alto. La vita dell'immaginazione è una grande avventura ma solo in pochi hanno abbastanza coraggio da lasciare la finestra di casa e attraversare il mare per affrontare immensi pericoli. La fantasia di Barrie è forza creatrice e dirompente che apre a una conoscenza profonda della realtà e di se stesso. “Quello che rese grande l'immaginario di questo piccolo uomo malinconico - scrivono Paolo Gulisano e Chiara Nejrotti - fu il suo umorismo semplice, il suo phatos spontaneo, la sua capacità di delineare i personaggi e soprattutto di considerare le cose con il candore di un bambino”.
Nella sua Isola-che-non-c'è, con i piccoli Davies nei giardini di Kensington e tra gli indimenticabili personaggi delle sue storie, Barrie ritrovava quella gioia di vivere dei fanciulli ancora alla ricerca della propria identità e cullava la sua malinconia nell'utopia di un'infanzia senza fine.


DAL IV CAPITOLO “L'ISOLA-CHE-NON-C'È”:
All'Isola-che-non-c'è si arriva solo volando e per volare, dice Peter occorrono “pensieri felici”. Nell'originale Peter dice a Wendy, Gianni e Michele: “Pensate a cose belle e sorprendenti… e sono esse che vi tireranno su”. Le “cose belle e sorprendenti” sembrano indicare nel contesto del racconto non soltanto i momenti e i ricordi felici della vita reale, seppur trasfigurata dalla luce poetica dell'infanzia, ma un'autentica capacità di immaginare l'Oltre: ciò che non è presente nell'esistenza quotidiana, che affascina, ma che può anche presentare dei pericoli. È l'espressione del desiderio di avventura che alberga in ciascuno di noi e che è certamente più forte nell'età giovanile: quello che ci fa sognare scenari esotici e magari anche un po' rischiosi, nei quali possano avvenire incontri e situazioni che mettano alla prova le nostre abilità e che ci rivelino te sori impensati, nei quali poter essere, almeno nell'immaginazione, eroici e pieni di coraggio. […]
L'uomo da sempre produce immagini come stazioni situate tra visibile ed invisibile; esiste un'energia immaginativa che permette di passare dall'immagine come semplice rappresentazione mentale all'immaginazione come Einbildungkraft, ossia capacità di creare il nuovo, trasformando e trasfigurando il mondo esterno; essa è presente in ciascun essere umano ma si esprime pienamente nella creazione artistica e maggiormente in quella che ha a che fare direttamente con la fantasia.

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