Pagine

martedì 2 novembre 2010

Fabio Trevisan recensisce L'Ultima Messa di Padre Pio di Gnocchi e Palmaro



L’ULTIMA MESSA DI PADRE PIO

Con questo saggio-inchiesta: “L’ultima Messa di Padre Pio” (Edizioni Piemme), Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro hanno cercato di scandagliare in profondità “l’anima segreta del santo delle stigmate” , come recita il sottotitolo del libro.

Significativa è la scansione del ritmo dell’indagine che, già dal prologo, evidenzia luoghi, date, festività collegate, come un resoconto-diario di un viaggio di due pellegrini sulle tracce di un santo che, nonostante la sua umiltà, i suoi patimenti,la sua riservatezza, ha fatto molto parlare di sé.

Questo percorso di ricerca della verità incontra così tappe inedite ed impreviste, come il santuario di Santa Maria del Monte a Campobasso, dove un quadro del 1971 del pittore Amedeo Trivisonno

dal titolo: “L’apparizione della Madonna a Padre Pio” commissionato da padre Pellegrino da Sant’Elia a Pianisi, ha riprodotto l’apparizione della Vergine a padre Pio nel giorno dell’Assunzione nel lontano 1905. Fu in quell’occasione che padre Pio accettò, come ricordano gli Autori, di essere l’Alter Christus che tutti noi abbiamo conosciuto.

Nella cronologia-biografia del santo di Pietrelcina, stilata a fine libro da Gnocchi e Palmaro, è possibile rinvenire che, precedentemente all’apparizione della Vergine del 1905 sopra menzionata, padre Pio ebbe tre visioni nel 1903, nelle quali gli venne prospettato il suo futuro.

Nella nostra mentalità secolarizzata di uomini post-moderni increduli ed indifferenti, diventa assai difficile cogliere il senso autentico e potente di queste visioni, nelle quali cielo e terra comunicano e corrispondono ben oltre i nostri mondani progetti, ben oltre i nostri fini terreni.

Avendo ridotta tutta la realtà ad un “problema” che l’uomo può decifrare con le sole sue forze, si è compiuta una duplice operazione negativa: da una parte si è sottratto il “mistero” dalla stessa realtà e, dall’altra, si è eretta una palizzata egocentrica e soggettivistica alla comprensione oggettiva. In altre parole, ci si è resi refrattari all’azione della grazia, che proviene dallo spirito di Dio e che illumina, fortifica, sostiene la nostra ragione, perfezionandone così l’umanità.

Ecco perché, io credo, padre Pio ci rimandi al sostanzialmente altro, appunto alter Christus, poiché lui non si è opposto alla grazia ed ha corrisposto totalmente al progetto ed alla volontà di Dio fino alla condivisione della croce con il ricevimento delle stigmate.

L’ultima Messa di padre Pio suggella così, secondo le indicazioni degli Autori, l’adesione alla Passione di Cristo riproposta nella Santa Messa; è lì, dove il sacerdote consacra il pane e il vino, che si comprende il valore immutabile di quel rito, del sacrificio di Cristo.

Si possono così ancora percepire quelle parole di padre Pio che gli Autori hanno finemente riproposto lungo tutto il loro itinerario sulle tracce del santo di Pietrelcina: “Il mondo potrebbe stare anche senza sole, ma non senza la Santa Messa”.

Come ben recita l’antico detto: “Chi cerca trova”, Gnocchi e Palmaro, nella loro ricerca appassionata, si sono imbattuti, con grande sorpresa, in un’autentica miniera d’oro, costituita da un archivio di un figlio spirituale di padre Pio, l’industriale padovano Giuseppe Pagnossin, che lo donò alla Fraternità sacerdotale san Pio X presso Albano Laziale.

Da questa ingente mole di documenti rinvenuti, lettere e fotografie inedite, autentico patrimonio e testimonianza della fede di padre Pio, Gnocchi e Palmaro hanno potuto così ulteriormente desumere come effettivamente il santo di Pietrelcina arginasse l’Anticristo, preservando la Santa Messa, facendo proprie le parole di Sant’Ireneo, che nel suo trattato Contro le eresie, citando il profeta Daniele, ebbe a considerare: “Il santuario sarà desolato: è stato offerto il peccato al posto del sacrificio e la giustizia è stata gettata a terra … verranno soppressi il sacrificio e la libagione e nel tempio si verificherà l’abominio della desolazione e sino alla fine del tempo sarà dato compimento alla desolazione”. Ecco perché l’ultima Messa di padre Pio assume un significato emblematico: l’abominio della desolazione profetizzato da Daniele è un mondo senza Messa e la riproposizione del sacrificio di Cristo, così come l’assunse padre Pio, è l’antidoto contro il veleno del Nemico, dell’Anticristo.

Da giovane sacerdote, padre Pio aveva scritto al suo direttore spirituale: “Gesù mi ha associato al grande negozio della redenzione umana. Il Padre celeste mi ha fatto ascendere sulla croce del Figlio suo e sono certo che di là non scenderò mai più. Scendo dall’altare per salire sulla croce; scendo dalla croce per distendermi sull’altare”. Queste intense, dolorose e commoventi parole racchiudono il significato prezioso della vita di padre Pio e ci fanno intuire la divina impronta nel suo corpo fino al versamento del sangue delle stigmate.

Nel secondo capitolo: “Il Tempio di Dio e il fumo di Satana”, gli Autori ci ripropongono, come un aut-aut teatralizzato, il candore genuino di alcune espressioni verbali di padre Pio alternate al vociare volgare e confuso di tanti personaggi del ’68 nella Chiesa e fuori dalla Chiesa.

L’effetto dirompente di questi contrasti è reso efficacemente da Gnocchi e Palmaro e meriterebbe, a mio avviso, una rappresentazione teatrale che avrebbe l’indubbio merito, per un verso, di rendere giustizia a padre Pio e di smitizzare, d’altro canto, quei luoghi comuni che tanto hanno nuociuto alla Chiesa ed alla salvezza delle anime. Piace sottolineare, in tal senso, una stimolante risposta che dette padre Pio e che attesta ancor oggi un’efficacia straordinaria, soprattutto se intesa a considerare la vanità e la superbia di tanti “intellettuali” e teologi della nostra epoca.

Alla domanda: “Con la corona di spine quali peccati scontò Gesù ?” padre Pio rispose: “Tutti. In particolare quelli del pensiero, non esclusi quelli vani e inutili”.

Nel terzo capitolo: “Neppure uno iota”, Gnocchi e Palmaro ricordano l’ambasceria del cardinale Antonio Bacci quando giunse a S.Giovanni Rotondo, per conto di papa Paolo VI, per poter annunziare al frate cappuccino la possibilità di continuare a celebrare la Santa Messa secondo il rito di sempre. Merita qui menzionare una frase di Lutero evocata dagli Autori, il quale così si espresse parlando dell’odiata Roma, volendo liberare i suoi seguaci dalla “schiavitù del pensiero rispetto al potere docente e dalla schiavitù del corpo rispetto al potere liturgico”. Da contraltare (qui l’espressione è davvero significativa) si oppone padre Pio con la sottomissione a Roma ed il sacrificio dell’altare fino al martirio quotidiano del proprio corpo e della propria anima.

Per chi pensa che la vecchia Messa sia troppo vecchia per un mondo nuovo, ammoniscono gli Autori, guardino a ciò che ha prodotto l’eliminazione dalla Santa Messa della nozione di sacrificio e gli esiti drammatici ed antievangelici raggiunti: l’eclisse della fede cristiana, della vita cristiana, della luce cristiana nel mondo. Oltre alla centralità della Santa Messa viene sottolineata l’importanza della preghiera con la recita assidua e fedele del rosario, che costituiva per padre Pio un potente mezzo di intercessione delle grazie per svuotare il purgatorio. Impressionante ed al contempo edificante fu la testimonianza del superiore del convento di S.Giovanni Rotondo che, durante la Seconda guerra mondiale, udì all’ingresso del convento delle voci che gridavano: “Viva padre Pio!”; lo stesso padre Pio, riportano fedelmente gli Autori, disse che quelle voci appartenevano a dei soldati defunti, venuti a ringraziarlo per le sue preghiere. Anche cinque milioni di persone che si sono accostate al confessionale di padre Pio durante il corso degli anni, hanno motivo di ringraziarlo. A chi gli chiedeva cosa fosse il confessionale, San Pio da Pietrelcina rispondeva: “E’ il trono ove siede la maestà di Dio!”.

Gnocchi e Palmaro hanno il pregio di condurci così “al santo e al suo segreto”anche attraverso una galleria di personaggi del mondo dello spettacolo che, seppur in mezzo a contraddizioni e peccati, si sono accostati al santo delle stigmate e del confessionale, al santo del rosario e della Messa.

Per molti di loro, tra questi in particolare Carlo Campanini, l’incontro con padre Pio fu decisivo al punto da farlo diventare uno dei suoi figli spirituali. Credo che potremmo anche noi, ancora oggi, recitare questa preghiera che padre Pio faceva recitare frequentemente ai suoi penitenti: “Il mio passato, o Signore, alla Tua misericordia. Il mio presente al Tuo amore. Il mio avvenire alla Tua provvidenza”. Padre Pio, sottolineano gli Autori, è uno strumento della grazia che, per essere accettato, abbisogna di un esercizio fisico e spirituale quale quello di piegare le gambe, curvare il proprio indomito orgoglio e mettersi in ginocchio. Bisogna cioè assumere lo sguardo della fede, mantenendo gli occhi puntati verso il Cielo. Alla Madonna si era affidato il santo ed a Lei affidava i suoi numerosi figli spirituali. Padre Pio soleva dire: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il rosario”. Come ha scritto il vescovo di Albenga-Imperia Mario Oliveri nella postfazione al saggio di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro : “Non ci si potrebbe perciò che rallegrare se molti sacerdoti e anime consacrate, e anime offerte e fedeli, volessero, anche nella lettura di questo libro, lasciarsi confermare nella convinzione che Dio nella vita di padre Pio ha reso evidenti la verità e la grazia del Mistero eucaristico, del Mistero della Chiesa, del Mistero della Salvezza”.


FABIO TREVISAN

Nessun commento:

Posta un commento