Pagine

martedì 13 luglio 2010

THOU SHALT NOT KILL tradotta da Rodolfo Caroselli

Questa bellissima poesia di Chesterton ha, a mio avviso, più di un significato. La lettura dei primi diciassette versi, che condanna con profonda sensibilità l’omicidio, non è completamente rovesciata dalla sorpresa finale dell’ultimo verso, che ci svela il tutto come un tentativo di suicidio. Il primo punto di vista mantiene, anzi, la sua validità, e tutta l’originale struttura di questa composizione afferma, implicitamente, una terza verità, e cioè che omicidio e suicidio, agli occhi del Signore, non differiscono.
Ci sono vari modi di suicidarsi (e molto spesso non coscienti) in questa nostra società che ha volto le spalle a Cristo. Pensiamo a noi stessi, al nostro soddisfacimento personale e poi finiamo con lo scoprire che la vita ha perso ogni sapore e, tutto sommato, si può anche farla finita. Infatti, dall’edonismo al nichilismo il passo è sorprendentemente breve.
C’è, poi, da dire che il suicidio dell’anima non è meno grave di quello del corpo. In teoria, però, conserva fino all’ultimo la possibilità del pentimento. Tuttavia, è tale, nell’uomo contemporaneo, l’orgoglio e la protervia di respingere Dio che questa possibilità è oggettivamente ridotta.
Questa volta ho preferito tradurre i versi rimati di Chesterton in endecasillabi sciolti. Le rime che ero riuscito a racimolare, infatti, rischiavano di forzare eccessivamente il senso del testo.

THOU SHALT NOT KILL I had grown weary of him; of his breath And hands and features I was sick to death. Each day I heard the same dull voice and tread; I did not hate him: but I wished him dead. And he must with his blank face fill my life-- Then my brain blackened; and I snatched a knife. But ere I struck, my soul's grey deserts through A voice cried, 'Know at least what thing you do.' 'This is a common man: knowest thou, O soul, What this thing is? somewhere where seasons roll There is some living thing for whom this man Is as seven heavens girt into a span, For some one soul you take the world away-- Now know you well your deed and purpose. Slay!' Then I cast down the knife upon the ground And saw that mean man for one moment crowned. I turned and laughed: for there was no one by-- The man that I had sought to slay was I. NON AMMAZZARE Più non lo sopportavo; ero stufo del viso, delle mani, del suo alito. Quella voce, quel passo strascicati; io non l’odiavo: lo volevo morto. E la sua faccia vuota mi opprimeva – mi offuscava; così presi un coltello. Ma prima che colpissi, dal profondo, mi giunse un grido, “Sappi ciò che fai”. “Anima, tu sai questo uom comune che cosa è? Dove scorrono gli anni c’è un essere vivente a cui quest’uomo è come l’infinito in una spanna, a un’anima tu il mondo porti via – Ora sai bene ciò che fai. Uccidi!” Così il coltello lo gettai per terra e scorsi l’uomo gretto incoronato. Ridendo, perché lì non c’era alcuno – e chi volevo uccidere ero io.

Nessun commento:

Posta un commento